Alchimia Nuova

Nel nostro concetto lineare e limitante dello scorrere del tempo, ogni processo è un processo di trasformazione. L’Universo di adesso non è lo stesso Universo di un secondo fa. Tutto si trasforma. Tutto trasmuta. Ogni trasformazione ha la sua legge. L’alchimista, nel suo laboratorio trasmutava metalli, ma sarebbe riduttivo se tutta la sua opera si riducesse a questo. L’alchimista è da sempre l’esponente di una multidisciplinarietà che oggi non conosciamo più. Chimica, Fisica, Astrologia, Filosofia, Metallurgia, Medicina, Matematica, Simbolismo e Linguistica erano discipline che qualsiasi apprendista e discepolo alchimista doveva padroneggiare. Ma l’Alchimia era ed è, prima di tutto, un viatico di crescita e di liberazione spirituale per chi la pratica. La ricerca della “Pietra Filosofale” è il raggiungimento della libertà (la Grande Opera) dello spirito dalla materia nell’eterno ciclo del Solve et Coagula.

Il fatto che questo ciclo sia eterno, vuol dire che attraversando le ere subisce inevitabilmente un processo di evoluzione. Il linguaggio Ermetico Alchemico si è evoluto applicando il principio e la maestria di sempre custodita e tramandata ai giorni nostri, che sembrano essere così lontani da quel Fuoco Alchemico che ha forgiato ed illuminato i tempi antichi. Questa evoluzione ha modificato il substrato su cui l’alchimista opera, ma non il gesto che lo muove. L’alchimista moderno continua ad operare e ad individuare quei rapporti di “sympátheia” che legano reciprocamente micro e macrocosmo. Nutre il sapere che il simile agisce simpateticamente sul simile e sa oggi, come sapeva allora, che perché questo accada occorre che una metafisica ed una fisica della sympátheia universale si reggano su una semiotica esplicita o implicita della somiglianza. Questa semiosi vede l’influenza che coinvolga un’interazione cooperativa di tre soggetti, come un segno, il suo oggetto, ed il suo interpretante. Questi sono i tre attori che sempre sono presenti nel gesto alchemico.

Appurato questo, è facile intuire come un’ontologia sistemica possa evolvere e così un’intera scuola di pensiero. Un’ontologia può evolvere agendo sui suoi due componenti principali: gli “enti”, o oggetti che popolano il sistema ontologico, e le relazioni che intercorrono tra questi enti. Come abbiamo visto, queste relazioni sono e devono essere immutabili se vogliamo tramandare integro l’intero pensiero alchemico. Quindi l’evoluzione dell’ontologia deve necessariamente andare ad interessare gli oggetti del sistema ontologico. Nella relazione a tre esposta sopra (segno, oggetto ed interpretante), l’oggetto è quello che maggiormente ha risentito di questa evoluzione, anche se necessariamente anche l’interpretante ne è coinvolto. L’oggetto, a sua volta, in un contesto alchemico, è separabile in più “Ens”, che formano un ulteriore strato ontologico. Si pensi ad esempio alla trasmutazione del metallo (oggetto fisico) che ha ripercussioni, attraverso una semiosi, anche sul piano spirituale che quel metallo e la sua trasmutazione, rappresenta.

Se vogliamo adesso analizzare l’evoluzione che oggi stiamo osservando, l’oggetto non è più rappresentato dal metallo da trasmutare, ma è diventato qualcosa di più sottile e meno tangibile. Si sta parlando di quella che attualmente chiamiamo genericamente “informazione”.

L’informazione, oggi ci circonda e colma ogni vuoto in un vertiginoso “horror pleni”. Come i metalli e la loro lavorazione sono stati il cardine principale per l’evoluzione umana, oggi questi sono sostituiti dall’informazione. Tutto è informazione, proviamo a pensarci, ovunque posiamo gli occhi gli oggetti osservati scatenano un processo semiotico. Ogni scritta, ogni immagine, ogni insegna per strada. Si entra in un negozio e migliaia di etichette, scritte e immagini ci investono. Accendiamo il televisore o una radio e centinaia di informazioni ci avvolgono. Ecco l’horror pleni di cui parlavamo, ed ecco che è facile intuire adesso come chi sia in grado di “trasmutare” l’informazione, sia il nuovo alchimista moderno. Non corriamo troppo però. Pensiamo che il gesto dell’alchimista è sempre volto alla libertà, cioè alla crescita e alla liberazione dello spirito che si completa nella Grande Opera. Oggi si dice che chi controlla l’informazione detiene il potere assoluto, ma controllare l’informazione non vuol dire fare Alchimia. Per tutto quello che abbiamo detto sopra, l’alchimista si comporta in maniera diversa. L’alchimista moderno deve sempre e senza eccezioni tenere a mente e mantenere viva la cooperazione tra segno, oggetto ed interpretante. Questa cooperazione è quello che chiamiamo “gesto” ed è quello che appunto contraddistingue l’alchimista moderno da chi meramente pensa di controllare l’informazione.

L’alchimista moderno sa che è attraverso processi di interpretazione dell’informazione che noi cognitivamente costruiamo il mondo attuale e, soprattutto, mondi possibili e sa che ancora oggi, gli “dei” ci parlano attraverso messaggi geroglifici ed enigmatici. Anche nell’era dell’informazione, il nuovo alchimista sa molto bene che ogni “oggetto informativo”, sia esso mondano o celeste, nasconde un segreto iniziatico, quindi il pensiero alchemico ermetico moderno trasforma l’intero contesto del “mondo-universo” in un fenomeno linguistico e contemporaneamente sottrae al linguaggio ogni potere comunicativo rendendo questo fruibile solo agli iniziati che sono in grado di decifrare i segni che attraverso un processo semiotico diventano fruibili agli interpretanti.

L’Athanór dell’alchimista moderno non è più il crogiuolo dove avvengono le trasmutazioni, ma una fitta rete (logico-fisica) dove l’informazione viene elaborata e modificata di continuo. Gli alchimisti (interpretanti) agiscono sui segni che l’informazione veicola, decodificando di volta in volta la trasmutazione da mettere in atto, sapendo oggi, come allora, riconoscersi tra loro.

Quaerendo invenietis.


* Articolo pubblicato in coincidenza del novilunio di Gemini, retto exotericamente da Mercurio, Ptah-Hermes, il Magister Musicae e grande Alchimista dell’Energia della Parola/Linguaggio (in sanscrito: Mantrikashakti – vedi articoli della direzione Etimosofia).

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