Riflessioni surreali sul rapporto Economia/Lavoro

Oggi si parla molto, usando anche una terminologia che definire impropria sarebbe riduttivo, di diritto alla salute e di diritto al lavoro.

Possiamo rivendicare il diritto alla salute solo verso il Supremo, unico che potrebbe concedere tale condizione, salvo verificare che ciascuno di noi faccia tutto il possibile per esserne degno, evitando di conseguenza comportamenti contrari quali far uso di droghe, fumare, nutrirci in modo squilibrato, pensare in modo improprio, utilizzare insomma in modo scorretto tutti i nostri veicoli della personalità.

In una civiltà avanzata, figlia di una buona cultura di base, si può invece ragionevolmente parlare di diritto alle cure, significando con ciò che la buona cultura conferisce anche la possibilità di utilizzare adeguatamente il linguaggio, riducendo così il pericolo di illusioni e confusioni mentali che sicuramente non aiutano a vivere in modo corretto.

Circa il diritto al lavoro possiamo esaminare questa locuzione proprio sulla base del diritto alla salute, lo faremo formulando la seguente ipotesi fantascientifica.

Per concessione divina dal pianeta Terra spariscono improvvisamente tutte le malattie, di ogni tipo e genere, ed anche i traumi vengono immediatamente sanati. Meraviglioso scenario, diremo tutti. Tutti meno i medici, i paramedici, i ricercatori, i dirigenti, gli impiegati e gli operai delle case farmaceutiche, i farmacisti e i parafarmacisti, gli “informatori scientifici”, coloro che trasportano i medicinali, coloro che raccolgono, trasformano o fabbricano le materie prime, coloro che producono le confezioni, coloro che movimentano tutta la mercanzia, coloro che pubblicizzano quei prodotti, coloro che producono i macchinari per la diagnostica e per le cure, coloro che insegnano tutto quanto necessario alla gestione del businnes, coloro che progettano e costruiscono i luoghi di cura, coloro che gestiscono centri termali, Spa e via dicendo, tutti coloro che sono implicati nelle filiera degli integratori alimentari, e via andando, perché potremmo continuare ancora per lungo tempo, considerando tutte le ulteriori implicazioni delle conseguenze dell’eliminazione della malattia anche nel regno animale e vegetale…

Quindi, con l’attuale mentalità, quella che, a tutta prima, si presenta come una magnifica prospettiva, nella logica del “diritto al lavoro” diverrebbe una vera e propria iattura, con la perdita, definitiva ed irreversibile, di un numero incalcolabile di posti di lavoro.

Continuando nel filone fantascientifico vediamo ora realizzato anche il teletrasporto, sia di merci sia di persone. Ciò significa che non avremo più bisogno di automobili, di treni, di navi, di aerei, neanche di biciclette.

Senza entrare nei dettagli, quanti posti di lavoro si perderebbero in questo caso? E quanto inquinamento si eviterebbe? E quanto spazio si recupererebbe su tutto il pianeta? E quanto tempo non più impiegato in modo sostanzialmente passivo, per guidare o farsi guidare lungo strade, autostrade, mari e cieli?

Visto che siamo in questo ambito aggiungiamo anche la liberazione dal bisogno di nutrimento, sia esso solido o liquido.

Luce e aria saranno più che sufficienti a garantire al meglio il nostro metabolismo quotidiano. Quanti altri posti di lavoro si perderebbero in tale prospettiva?

surreale

Da questi esempi surreali si evince che il “diritto al lavoro”, nella sua ordinaria accezione, è direttamente proporzionale al grado di bisogno dell’uomo. Tanto più abbiamo bisogno di sanare disagi/malattie, tanto più avremo bisogno di trasporti, tanto più avremo bisogno di cibo, tanto più avremo bisogni di cui non abbiamo alcun vero bisogno, tanto più, comunemente si ritiene, vi sarà probabilità di creare posti di lavoro.

Rimane il fatto, inequivocabile, che la nuova Cultura umana, sarà basata su una riduzione dei bisogni di quell’ordine, e non certo su di un loro incremento, rimanendo inoltre incontestabile il fatto che le risorse planetarie, che hanno finora consentito questo tipo di crescita economica, sono tutt’altro che inesauribili e che, per molte di esse, siamo già oggi in vista del limite delle possibilità di utilizzo.

In sostanza quindi, quando l’umanità, non producendo più karma, si fosse liberata dalla malattia, dalla necessità sproporzionata di beni materiali e cibo, ed avesse realizzato il teletrasporto, sussisterebbe comunque il “dovere di lavorare” a livelli differenti, per il miglioramento del sistema- pianeta ed è in quest’ottica che dovremo immaginare il futuro.

Quello che appare certo, a seguito di quanto appena detto, è il fatto che avremo molto lavoro da svolgere sui sette dipartimenti della nuova Cultura/Civiltà, e che solo grazie ad una visione da Sistema Planetario l’umanità potrà affrontare degnamente questa grande sfida, che richiederà un profondo cambiamento di attitudine, con il passaggio rapido da un’economia basata sui bisogni egoistici ad una economia, figlia di una polis-etica, basata sulla consapevolezza dei bisogni dell’umanità, e quindi privilegiando la ricerca dei “doveri” rispetto a quella dei “diritti”, i quali diritti saranno il frutto liberatorio della reale e profonda comprensione della 5a Formula che recita “Base del Lavorare è la Gioia”, comprensione che sarà ineludibile quando l’umanità avrà appreso a  svolgere correttamente il proprio ruolo di intermediario tra Cielo e Terra.

Taggato , , . Aggiungi ai preferiti : permalink.

3 risposte a Riflessioni surreali sul rapporto Economia/Lavoro

  1. Pingback:“Dis-economie” del sistema economico - TPS Blog - Area italiana

  2. Pingback:“Dis-economie” del sistema economico - TPS Blog - Area italiana

  3. Pingback:L’Economia del tempo libero - TPS Blog - Area italiana

Lascia un commento