Forza

Glossario – Forza

 

Etimo secondo TPS

 

Sostantivo derivato dal latino tardo fortia, dalla forma classica dell’aggettivo fortis, forte, in senso sia fisico sia morale; fortis indicava anche la resistenza di oggetti e la potenza di elementi naturali. La radice indoeuropea è incerta. Per alcuni linguisti è *DARH -: si vedano lo zendo darez, fermare; l’antico slavo druzati, tenere e drizaba, forte. Per altri è *BAHR-, collegata al sanscrito bahr, al greco phero e al latino fero, verbi signifincati  tutte e tre “portare”. Sarebbe riconducibile alla stessa radice l’antico slavo pora, forza. F. Rendich propone quale radice di riferimento l’indoeuropea bṛh, che esprimerebbe l’idea di “spingere [h] con moto in avanti [r] l’energia vitale [b]”, “espandere la coscienza”: sanscrito bṛh, crescere, barhaṇa, forte. Il Linguista fa risalire allo stesso etimo: il sanscrito brahman, “Spirito universale onnipervadente”, Brahmā, “il dio creatore”, il greco phlamen, flamine, sacerdote (DEC, p. 261). Allo stesso etimo è riconducibile la stella dell’Orsa Maggiore denominata nell’astrologia indiana Bhrigu, corrispondente ad Alkaid.

 

Forza indica l’energia in azione

 

Nel Lambdoma Luce la definizione è: La Forza è Energia applicata (7.2)


Treccani

 

fòrza s. f. [lat. tardo fŏrtia, der. di fortis «forte1»]. –

1. In generale, la qualità o la condizione d’esser forte, e insieme anche la causa che dà la possibilità d’esser forte. Con riferimento all’organismo umano:

1.a. F. muscolare, l’attitudine di un muscolo volontario a compiere lavoro; f. di un organo, la validità a compiere le sue funzioni: mi s’indebolisce la f. della vista, dell’udito. Più in generale, f. fisica, di un individuo, quella che risulta dalla forza dei varî muscoli e, insieme, dalla resistenza al lavoro e alla fatica; anche assol. forza, nell’uso com.: avere f. nelle braccia, nelle gambe; avere la f. di un cavallo, di un toro; f. erculea; f. bruta, che risiede esclusivam. nei muscoli, non guidata dalla ragione. In quanto sia impiegata a compiere un determinato atto: fare forza, esercitare uno sforzo muscolare (fare f. di spalle; fare f. sui remi, su una leva, ecc.); sollevare a f. di braccia; non ho la f. di smuovere questo mobile; far entrare a f., con sforzo, spingendo forte (e più efficacemente, a viva f.); battere, scagliare con f.; schiaffo dato con f.; si gettò su di lui con tutta la f. che aveva; correre, pedalare a tutta f., sottoponendo le gambe al massimo sforzo (analogam.: spingere il motore a tutta f.; mettere le macchine d’una nave a tutta f., ecc., per indicare in genere il lavoro capace di ottenere la massima velocità possibile). Giochi, esercizî di forza, esercizî di atletica pesante che richiedono molta forza fisica; anche ellitticamente le f., nella frase fare le f. e in altre, soprattutto con riferimento a coloro che compiono tali esercizî in pubblico spettacolo nelle piazze e nei circhi. Forza!, grido d’incoraggiamento a resistere, a superare un ostacolo, a impegnarsi a fondo in una fatica, in una competizione, e sim. Bella f.!, iron., a chi, avendo compiuto un atto che non costa nessuna fatica, o avendo sopraffatto uno più debole, ne mena vanto.

1.b. Con senso più largo e per lo più al plur., vigore fisico: essere, sentirsi in forze, nella pienezza delle f.; oppure la resistenza dell’organismo ai mali che ne possono diminuire l’efficienza: essere al limite delle f.; gli vennero meno, gli ritornarono le f.; perdere, sentirsi mancare le f.; riacquistare le f.; rimettersi in forze; lavoro estenuante che logora le f., ecc. Fig., disperdere le f., quando più persone, che mirano a un fine comune, operano senza accordo non ricavando profitto dall’opera loro.

1.c. In senso concr., per metonimia, forze (o anche forza, con valore collettivo) di lavoro, l’insieme degli elementi di una popolazione che in un dato periodo si considerano atti al lavoro per età e condizioni di salute. Nella teoria economica marxiana, forzalavoro, la capacità lavorativa umana in quanto assume forma di merce nei rapporti di produzione capitalistici: è infatti venduta all’imprenditore in cambio del salario (ossia dei mezzi di sussistenza), e risulta l’unico elemento del processo produttivo che, oltre a reintegrare il proprio valore, ha la proprietà di produrre plusvalore.

2. Nelle concezioni fisiche precedenti a quella newtoniana, la causa, per lo più di natura meccanica, del movimento, il quale può a sua volta determinare ulteriori azioni meccaniche ed essere quindi considerato sorgente di forze: a tale generico sign. possono essere ricondotte alcune espressioni del linguaggio comune quali f. d’urto (che è in realtà da associarsi all’impulso o alle quantità di moto possedute dai corpi), f. viva (che corrisponde, nella terminologia fisica moderna, all’energia cinetica), f. d’inerzia (ipotetica causa del moto rettilineo uniforme di un corpo non soggetto a forze esterne). Nella meccanica newtoniana, il concetto di forza si precisa come causa capace di modificare lo stato di quiete o di moto di un corpo rispetto allo spazio assoluto (solidale con le stelle fisse), in base alla legge fondamentale della dinamica per la quale una forza applicata a un corpo ne provoca un’accelerazione rispetto alle stelle fisse pari al rapporto tra la forza stessa e la massa del corpo: tale forza è detta f. assoluta o effettiva in quanto considerata indipendentemente dalla scelta di un particolare sistema di riferimento; per estendere la legge fondamentale della dinamica a riferimenti non inerziali (cioè in moto accelerato rispetto alle stelle fisse), è necessario introdurre le f. fittizie, o f. inerziali, o f. apparenti del moto relativo: la f. di trascinamento (che appare per effetto di un moto traslatorio accelerato del sistema di riferimento), la f. centrifuga e la f. centrifugocomposta, o complementare, o di Corioliskoriolì⟩ (che agiscono rispettivamente su un corpo fermo e su un corpo in movimento in un riferimento che ruota rispetto alle stelle fisse); per la f. di gravità, v. gravità. Nella teoria della relatività generale, si assume l’equivalenza di tutti i sistemi di riferimento, indipendentemente dalla loro accelerazione reciproca, cosicché la distinzione fra forze assolute e forze apparenti viene a cadere. Da un punto di vista geometrico, la forza è una grandezza di tipo vettoriale (caratterizzata quindi da un’intensità, una direzione, un verso e un punto di applicazione); due forze agenti su uno stesso corpo si compongono infatti vettorialmente, secondo il parallelogramma delle f., nella f. risultante (o semplicemente risultante): se questa è nulla, il corpo non subisce accelerazioni (equilibrio delle forze). Nell’elettromagnetismo, le forze sono considerate presenti nello spazio in quanto generate da cariche elettriche, indipendentemente dalla presenza di altre cariche elettriche sulle quali le prime possono agire, cosicché si può parlare di: campo di forza, campo vettoriale descritto in ogni punto dalla forza (che può essere di natura elettrica o magnetica, ma anche gravitazionale, ecc.) agente sull’unità di massa; linee di forza, in un campo di forza, le linee alle quali la forza è tangente punto per punto (in senso fig., linee di f., le direzioni lungo le quali si esercita, o si può esercitare, in modo efficace e con buone probabilità di riuscita, un’azione organizzata che di per sé stessa richieda grande impegno e presenti notevoli difficoltà; e analogam., sono detti punti di forza gli elementi che sono a proprio favore e che possono essere validamente utilizzati per ottenere un risultato positivo); f. del campo, l’intensità del campo di forza; f. gravitazionale, f. elettrica, f. magnetica, a seconda che il campo sia un campo gravitazionale, elettrico, magnetico. Nella fisica delle particelle elementari, il termine è usato spesso come sinon. di interazione, nel senso di un’azione reciproca tra due particelle, mediata (trasmessa) dai quanti dell’interazione: f. gravitazionale, debole, elettromagnetica, forte. In meccanica, le forze sono di solito qualificate in modo da precisarne la natura e l’azione esercitata: f. motrice, quella che dà luogo a un lavoro positivo, che favorisce cioè il moto, in contrapp. a f. resistente, quella che dà luogo a un lavoro negativo, come l’attrito, la resistenza di un mezzo, ecc.; f. interne, quelle che si esercitano tra diversi elementi di un corpo o di un sistema e che, in base al principio di azione e reazione, non determinano uno spostamento del baricentro del corpo o del sistema (a differenza delle f. esterne); f. attiva (o f. direttamente applicata), ogni forza esterna che non sia di natura vincolare; f. conservativa, forza, associata alla posizione, che deriva da un potenziale e determina un campo, detto anch’esso conservativo (sono forze di questo tipo il peso, la forza di gravitazione universale, le forze coulombiane, le forze elastiche, ecc.); f. centrale, forza le cui rette di applicazione passano sempre per un punto fisso, detto centro della f. (l’attrazione terrestre sarebbe un esempio di questa forza se la Terra fosse una sfera omogenea); per la f. centripeta, v. centripeto. Altre locuzioni: f. di contatto, quella che si genera al contatto tra elementi dello stesso corpo o di corpi diversi, in contrapp. a f. a distanza, quella che si esercita tra corpi posti a distanza in un mezzo materiale o nel vuoto (per es., la gravitazione, le forze elettriche e le forze magnetiche); f. ripartita, ogni forza che non si possa considerare applicata in un punto di un corpo, ma si debba pensare ripartita in un volume, su una superficie o lungo una linea; f. nucleari, forze non elettromagnetiche che si esercitano tra i nucleoni e che assicurano la coesione del nucleo atomico; f. di Lorentz (dal nome del fisico oland. H. A. Lorentz, 1853-1928), la forza deviatrice cui è soggetta una carica elettrica in moto in un campo magnetico; f. coercitiva (propriam. campo coercitivo), l’intensità del campo magnetico al quale è necessario sottoporre una sostanza ferromagnetica per ridurre a zero la magnetizzazione residua conseguente all’isteresi; f. elastica, la forza che, nei corpi elastici, si oppone alle sollecitazioni che tendono a deformarli.

3. Più genericam., causa operante, potenza di produrre materialmente determinati effetti. In partic.:

3.a. Forze della natura, nell’uso com., le manifestazioni con cui la natura dimostra più violentemente la sua potenza, e quindi in partic. i fenomeni atmosferici, sismici, vulcanici, ecc.: si scatenarono tutte le f. della natura. In geologia, f. orogenetiche, gli agenti che diedero origine ai rilievi montuosi. F. vitale, agente particolare che un tempo si supponeva presiedesse alla formazione dei composti organici dal momento che questi, a differenza di quelli inorganici, preparabili in laboratorio, non potevano essere sintetizzati altro che dagli organismi viventi, animali o vegetali.

3.b. Intensità, impeto, violenza: f. del vento, espressa per lo più in gradi della scala Beaufort (v. scala, n. 4); la f. della corrente; la f. di un colpo, di una percossa; fig.: la f. della passione.

3.c. Capacità di superare gli ostacoli: l’unione fa la forza. Per la locuz. ideaforza, v. idea, n. 1 b.

3.d. Di cose astratte, autorità morale, e, in qualche caso, capacità di obbligare o di vincolare: la f. della legge, del diritto (quindi, decreto, disposizione, provvedimento che ha f. di legge, che ha la stessa autorità di una norma legislativa); la f. legale non proteggeva in alcun conto l’uomo tranquillo, inoffensivo (Manzoni); oppure, attitudine a influire sugli animi, a persuadere, ad attrarre o sottomettere a sé: la f. della verità, della ragione; la f. dei suoi argomenti; la f. della tradizione; la f. dell’abitudine; efficacia: la f. dell’esempio, della parola, dell’eloquenza; disposizioni che hanno perso ormai ogni f.; anche di cose concrete: la f. di un rimedio, di una medicina.

4. In senso spirituale: f. d’animo, f. morale, lo stesso che fortezza; ma solamente forza con riferimento a facoltà morali e intellettuali, per indicarne il vigore o la creatività: avere f. di volontà; la f. dell’immaginazione, della fantasia, dell’ingegno. Usato assol., può esprimere sia l’energia morale, la convinzione, l’impegno deciso: sostenere con f. le proprie ragioni; protesto, mi oppongo con tutte le mie f.; sia le possibilità, le facoltà dell’animo o della mente: avere la f. di resistere; è un lavoro che supera le mie deboli f.; le sue f. non arrivano a intendere un così arduo concetto. In altri casi si avvicina al sign. di coraggio, capacità di resistenza morale, come per es. nelle locuz. dare f., confortare, aiutare a sopportare un male, una disgrazia; farsi f. (devi farti f.; fatevi f., ecc.); o in frasi quali: non ho la f. di dirglielo, me ne manca l’animo; non ebbi la f. di assistere a quel triste spettacolo.

5.a. Violenza materiale o morale diretta a costringere la volontà d’altri scemandone o impedendone il libero arbitrio: usare la f.; imporre per f.; opporre il diritto alla f.; non c’è f. che possa distogliermi dal mio proposito; contro la f. la ragion non vale (prov.); il nome della libertà, il quale f. alcuna non doma, tempo alcuno non consuma (Machiavelli). Fare f. a qualcuno, costringerlo ad agire contro la sua volontà, indurlo a cosa contraria al suo desiderio, o, anche, stimolarlo, spronarlo; analogam., fare f. a sé stesso, reprimendo un impulso o sim.: si fece f. per non tradirsi, per non lasciar trasparire il proprio dolore, per non rispondergli male; fare f. alla propria coscienza, agendo in modo che è contrario alle sue rette inclinazioni.

5.b. Di cose astratte, in quanto esercitino una costrizione: la f. delle circostanze; la f. del destino; per f. di cose; qual f. o qual ventura Ti travïò fuor di Campaldino? (Dante). F. maggiore, in senso generico, qualunque circostanza che obblighi ad agire in un determinato modo, anche con proprio danno (soprattutto nella frase per cause di f. maggiore); in senso giur., nell’abrogato codice civile, ostacolo insormontabile, impedimento invincibile che determina l’inadempimento dell’obbligazione, contro la volontà dell’obbligato.

5.c. Locuzioni: di forza, con la violenza, di prepotenza: entrò di f. in casa nostra. Per forza, di cosa che si faccia contro la propria volontà, perché obbligati, perché non se ne può fare a meno: ci son dovuto andare per f.; se non lo fai spontaneamente lo devi fare per f.; anche come esclam. di risposta: «e tu gli hai obbedito?» «per forza!»; frequente la contrapposizione per amore o per f., di propria volontà o per obbligo, con le buone o con le cattive; con sign. analoghi, ma attenuati: studiare per f., mangiare per f., a malincuore, contro voglia; è voluto venire per f. con noi, a tutti i costi; si dice anche di cosa che appare inevitabile, che non può o non poteva non avvenire: con tutti i debiti che ha, prima o poi dovrà per f. fallire; la tettoia era ridotta in tali condizioni, che doveva per f. crollare un giorno o l’altro. Esser forza, in frasi impersonali, esser necessario, inevitabile (cfr. giocoforza): fu f. acconsentire; mi è f. seguirti; anche di necessità imposta non da costrizione materiale ma da ragioni logiche: mi è f. riconoscere che hai ragione.

6. Come astratto di forte, e con valore relativo:

6.a. Riferito a bevande, la gradazione alcolica: un vino di poca, di molta f.; il liquore ha perso la sua f.; l’acquavite col passar del tempo acquista forza.

6.b. In chimica, f. di un acido o di una base, la loro dissociabilità in ioni, espressa dalla costante di dissociazione.

6.c. In merceologia, f. della farina, la facoltà di ritenere acqua durante la panificazione (è legata alla qualità e quantità del glutine); f. del tabacco, il contenuto in nicotina.

6.d. In agraria, f. vecchia, sinon. di caloria del terreno, cioè fertilità dovuta a colture precedenti.

7. Con determinazioni varie, e accezioni tecniche:

7.a In marina, f. di vele, nei velieri attrezzati a vele quadre, il complesso delle vele supplementari (scopamare, coltellacci, coltellaccini) che si dispongono lateralmente e simmetricamente ad esse, quando il tempo è stabilmente bello. In forza, come locuz. agg. o avv., detto di cavo o catena quando sono tesati. Frequente, seppure impropria, la locuz. mare forza…, seguita da un numero, per indicare lo stato di agitazione del mare secondo una scala convenzionale (0 calmo, 1 quasi calmo, 2 leggermente mosso, 3 mosso, 4 molto mosso, 5 agitato, 6 molto agitato, 7 grosso, 8 molto grosso, 9 tempestoso).

7.b. In aeronautica, f. di barra, forza, regolabile mediante gli organi di compensazione, che il pilota di un velivolo esercita sulla barra di comando del velivolo per mantenerne l’equilibrio e per compiere una determinata manovra.

7.c. In tipografia, f. di corpo, una delle dimensioni della lettera tipografica (v. corpo, n. 9); f. d’asta, la maggiore o minore grossezza del tratto con cui è disegnato l’occhio (v. asta, n. 7 b).

8. In senso concr., contingente di uomini armati. In partic.:

8.a. Al plur., nell’uso com., il numero dei soldati impegnati in un combattimento: dividere le f. del nemico; sbaragliare le f. avversarie; scendere in combattimento con grande schieramento di forze; mettere in campo f. fresche. Più specificamente, f. armate (abbreviato FF. AA.), l’organizzazione di uomini e mezzi destinati alla difesa militare dello stato e sottoposti al comando del capo dello stato. In senso ampio, l’espressione comprende anche l’amministrazione militare.

8.b. Al sing., nel linguaggio milit.: f. arruolata, la totalità degli arruolati di una classe di leva obbligatoria; f. in congedo, la totalità dei cittadini aventi obblighi di servizio militare, non alle armi (sempre con riferimento alla leva obbligatoria); f. incorporata, la totalità degli arruolati effettivamente presentatisi ai corpi, e da questi iscritta nei ruoli; f. organica, o tabellare, il numero di uomini necessario perché le unità militari abbiano gli organici al completo (di qui le frasi prendere, assumere in forza, essere in forza, in organico presso un determinato corpo); f. mista d’impiego, complesso di unità militari appartenenti a due o più forze armate che vengono assegnate o distaccate a un comando interforze limitatamente al tempo necessario per preparare, condurre e completare una specifica operazione; bassa f., i soldati e i graduati di truppa, in contrapp. agli ufficiali e sottufficiali. In alcune espressioni s’intende per forza (usato assol.) il numero d’uomini effettivamente presenti nel reparto in un determinato momento: dare, presentare la f. (analogam., f. presente, f. assente, ecc.). Per la locuz. forza d’urto (dove al sign. più propriam. militare del termine, ma inteso in senso ampio, si accompagna anche quello di impeto, capacità di travolgere gli ostacoli), v. urto, e cfr. anche la corrispondente locuz. fr. force de frappe.

8.c. In marina, forza, il numero totale di persone presenti a bordo di una nave militare. Per analogia, f. navale, un qualunque gruppo autonomo di unità di vario tipo, militare e mercantile.

8.d F. aerea, il complesso dell’aeronautica militare di una nazione; f. aerea tattica, grande unità aerea idonea ad azioni aeree tattiche indipendenti o in cooperazione con un’armata.

8.e. F. pubblica, i corpi armati a disposizione dell’autorità di polizia, oggi costituiti dal corpo della Polizia di Stato e dall’Arma dei carabinieri. Nell’uso com., soprattutto in determinate espressioni, anche il semplice sostantivo: è intervenuta la f.; aprite, è la forza!; non è necessariamente legata al sign. di «forza pubblica» l’espressione intervenire in forza (e anche, più com. ma meno proprio, in forze), in gran numero.

8.f. Per estens. degli usi prec., aggruppamento più o meno organizzato di persone unite da una comune ideologia, dalla difesa di interessi comuni, dal perseguimento di comuni finalità (cfr., per un sign. analogo, schieramento): un governo formato con l’appoggio di tutte le f. politiche; l’acutizzarsi del dissidio tra le f. in contrasto; terza f., schieramento politico che si interpone come mediatore tra due altre forze in contrasto, in politica interna o nei rapporti internazionali; e più genericam., le f. politiche, le f. sociali, le f. sindacali; le f. progressiste, le f. conservatrici, in quanto attive nella vita politica di un Paese; le f. più avanzate (cioè le avanguardie), di un partito o d’altro movimento; le f. oscure della reazione; le f. del lavoro, nel linguaggio sindacale, i lavoratori stessi. Con altro uso estens. e fig., le f. del male, le f. dell’inferno, e sim.

9. Locuz. particolari:

9.a. A forza di, per indicare azione ripetuta o insistente (spesso, ma non necessariamente, violenta) con cui si giunge a uno scopo: si fece strada a f. di gomiti, di spintoni; lo convinsero a f. di nerbate; a f. di pregare, qualche cosa si ottiene; a f. di sentirselo ripetere, finalmente l’ha capito. Cfr. per un uso simile, l’espressione più fam. a furia di … (v. furia, n. 1 c).

9.b. In forza di, a norma, in virtù di, fondandosi su (soprattutto nel richiamarsi a una legge, a una convenzione): in f. dell’art. 4 del regolamento; esigere in f. del contratto; affermare in f. di un principio; ordinare in f. della propria autorità.

9.c. Di prima f. (ricalcato sul fr. de première force), di prim’ordine, di grande eccellenza in un’arte, in una professione, ecc.: uno scultore, un avvocato, un tennista (ma anche un imbroglione, un furfante, ecc.) di prima forza.

9.d. Appartengono al gergo giovanile le espressioni esclamative che forza!, sei una f., è una f., e sim., riferite, con funzione di predicato, a persona, talora anche a fatto, manifestazione, spettacolo, che appaiano per qualche ragione straordinarî.

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Forza (filosofia)

Forza è un concetto che, inteso nel senso di causa efficiente, è connesso a quello di movimento e ai suoi effetti quantitativi e qualitativi.

Il significato di forza nella concezione antica e in quella cristiana

Nel pensiero greco arcaico la forza è quella che agisce nell’universo animato dominato dal vuoto del caos. Con Empedocle si teorizza come forza l’azione dell’Amore e dell’Odio che aggregano o disgregano i quattro elementi terra, acqua, aria e fuoco ipotizzati dagli antichi cosmologi.

Per Anassagora come per Platone il “caos” è il luogo della materia informe e rozza a cui attinge un principio dinamico superiore: la “Mente” per Anassagora, il νοῦς, il Demiurgo per Platone, che intervengono organizzando la materia seminale per la formazione del mondo ordinato: il cosmo.

Nella filosofia aristotelica i termini energheia e dynamis erano in rapporto tra loro con differente valore: la δύναμις, cioè la capacità di compiere una determinata attività era correlata all’ἐνέργεια, all’esercizio di tale attività. La potenza infatti indicava la semplice possibilità di un ente di tradursi in un atto che poteva realizzarsi o meno. La potenza quindi come un valore di realtà solo possibile rispetto all’atto reale realizzato in virtù dell’energheia.

Nello stoicismo la forza unifica i fenomeni dell’universo esprimendosi come “simpatia”, effetto del λόγος (logos) divino o «spirito vivificante» (πνεῦμα – pneuma) che attraversa e ordina ogni cosa.

Con l’avvento del Cristianesimo, che introduce una connotazione positiva al concetto di infinito (contrariamente al pensiero greco antico che considerava l’infinito, come “non finito” e quindi non compiuto ed imperfetto), vi è un capovolgimento di valori: il pensiero cristiano attribuendo a Dio l’onnipotenza, gli dà il significato di una forza creatrice inesauribile per quantità e qualità; mentre in Aristotele l’atto è considerato superiore alla potenza, nel pensiero successivo sarà la potentia, in quanto assume il senso di forza, a prevalere.

La forza intesa da Telesio

L’ulteriore mutamento di significato è infatti da rimandare al pensiero rinascimentale che con Bernardino Telesio, nel suo De rerum natura, oppone alle cause finali e formali di cui parlavano Aristotele e gli scolastici a proposito del rapporto materia-forma, il binomio materia-forza, intendendo la materia come quel sostrato su cui agiscono due forze, due principia agentia, una condensante, l’altra dilatante: il freddo e il caldo.

Questo nuovo concetto di forza diede luogo a discussioni tra telesiani e aristotelici come quelle che si svilupparono nella nota disputa a Venezia nel 1573. Le successive discussioni relative ai concetti di forza e movimento si avvalsero del contributo della meccanica di Galilei.

Del resto nell’età rinascimentale il concetto di forza come entità o virtus celata fu ampiamente usato nella magia e si ritrovò impiegato in vari settori delle scienze fisiche sotto l’aspetto di forze vitali, salutari, morbose ecc.

La forza in Leibniz, Newton, Kant

Un ulteriore approfondimento del concetto di forza si ebbe con Leibniz il quale, in polemica con i cartesiani, parla di una “forza viva”, concezione già presente nel concetto di conatus già esplicitato da Hobbes e Spinoza.

Leibniz in contrasto con il meccanicismo cartesiano, infatti, delineava una nuova concezione della materia giustificandone l’estensione con l’azione effusiva, espansiva della forza.

Il dibattito sul concetto di forza si complicò per la teoria di Newton il quale faceva risalire la formazione dell’universo all’azione di due forze: una repulsiva e una attrattiva, di cui però non spiegava l’origine se non attribuendole all’azione divina.

Nel 1755 Kant riportava le due forze di Newton ad un’unica forza originaria dell’etere contrapponendo al meccanicismo un dinamismo interno all’univero stesso tale da ridurre al minimo l’intervento di Dio che sparirà del tutto nella concezione di Laplace.

Con lo sviluppo della scienza moderna viene abbandonato ogni tentativo di interpretazione metafisica o teologica del concetto di forza.

Il concetto di forza nel XIX secolo

Alcuni scienziati come Mayer (1814 – 1878), Helmholtz (1821 – 1894) e Hertz (1857 – 1894) decisero di togliere del tutto dall’ambito della meccanica la nozione di forza proprio perché il tentativo di definirne il concetto s’intrecciava con aspetti metafisici e teologici.

Ancora nella ottocentesca filosofia della natura di Schelling compaiono le nozioni di forza repulsiva e attrattiva come elementi dialettici spirituali dello sviluppo delle varie forme naturali.

Nell’ambito poi di un materialismo fortemente determinato come quello di Schopenhauer, la volontà di vivere appare come una forza metafisica, immateriale, noumenica che agisce all’interno della realtà fenomenica.

L’aspetto metafisico, sia pure non certamente voluto, ricompare nella dottrina di alcuni positivisti come Büchner o Spencer che sostiene l’esistenza di una forza inconoscibile che agisce dall’esterno e che si aggiunge alla forza intrinseca che agisce su i fenomeni naturali.

Di forza tratta anche Renouvier applicandola alla morale intendendola come potere d’esercizio della libertà diretta al comportamento pratico.

La fisica moderna ha messo da parte del tutto la nozione di forza, così come si era teorizzato fino ad allora nelle generalizzazioni positivistiche, riservandola al significato di una convenzione linguistica relativa a certi rapporti tra grandezze fisiche determinate.

La forza nella psicologia

Il concetto di forza fu utilizzato anche nella psicologia a cominciare dalle facoltà di cui tratta Aristotele alle idee-forza di Alfred Fouillée, che spiegherebbero lo sviluppo della vita psicologica e morale assieme quello della natura secondo principi spirituali e evoluzionistici.

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