L’Antahkarana

L’antico termine Antahkarana deriva dal sanscrito e si compone di due elementi:

  1. anta-, che significa “interno”, composta da an-, “in” e dal suffisso strumentale ta, che davanti ad alcuni nomi diventa tah: il sanscrito antamas significa “intimo”;[1]
  2. karana significa “causa”. Deriva dalla radice indoeuropea *KṚ-, che esprime l’idea di “eseguire [], un movimento nello spazio [k]”, “fare”, “creare”. Si vedano il sanscrito kara, azione, karman/karma, la forza del fare/causa-effetto.

Pertanto letteralmente antahkarana significa “agente causante interiore” oppure, se si assegna a “in” l’idea di moto a luogo anziché di stato in luogo, “(passaggio) verso la causa interiore”.

Nella tradizione esoterica il termine viene usato per definire il ‘Ponte arcobaleno’ ossia quel ponte energetico in grado di collegare due realtà distinte, inizialmente il Manas inferiore a quello Superiore, ossia l’ego personale dell’uomo all’Ego divino; successivamente, questo “radioso ponte arcobaleno unisce la personalità illuminata, focalizzata nel corpo mentale e motivata dall’amore dell’anima, con la Monade o Vita Una, estendendosi attraverso i livelli di coscienza della Triade spirituale (atma-volontà, buddhi-amore/saggezza oltre a manas-intelligenza): “l’anima e la personalità si sono unite e fuse in un unico strumento ad uso della Vita Una”. (La Monade è il Primo Aspetto, l’Anima è il Secondo e la Personalità il Terzo). L’Antahkarana è allora “una linea di fuoco fra due punti incandescenti”, la Monade e l’Anima.

Il sentiero del fuoco conduce al Sublime. Non le parole, né la paura, né l’abitudine, ma la comunione del cuore ne è la manifestazione più immutabile ed eterna. Il ponte arcobaleno avvicina a quella spiaggia. Quante controversie, a questo proposito; pure, quella spiaggia esiste, e bisogna trovare la via. Sarà il cuore ardente, e certo non le foglie secche dell’autunno, a valicare tutti i ponti. Chi non pensa all’incedere del fuoco del cuore non conosce la via superiore; né vuole impegnarsi a trovarla.[2]

Nel processo iniziatico o “via del Ritorno” si uniscono dunque la personalità illuminata e la Monade spirituale: ‘un ponte gettato sull’Infinito, poiché ogni ponte ha bisogno di spalle’.

Nell’articolo di Introduzione alle Iniziazioni, viene ricordato che lo scopo dell’iniziazione umana (fino alla terza) è quello di costruire una risposta cosciente tra la mente superiore e quella inferiore, intesa simbolicamente in termini di luce. In questo modo, tra la personalità e la Triade Spirituale, attraverso il corpo causale dell’anima sul piano manasico superiore, si allestisce questo ponte arcobaleno, detto anche la “via illuminata”.

Tecnicamente, e sul Sentiero del Discepolato, questo ponte fra la personalità nei suoi tre aspetti e la Monade e i suoi tre aspetti è chiamato antahkarana. Esso è il prodotto dello sforzo congiunto dell’anima e della personalità, operanti insieme coscientemente per creare questo ponte. Quando esso è completato, vi è un rapporto perfetto fra la Monade e la sua espressione sul piano fisico, l’iniziato nel mondo esterno.

Detto in altro modo, la terza iniziazione (Trasfigurazione) segna il compimento del processo di costruzione dell’Antahkarana da parte dell’uomo, ed esiste allora una linea diretta di rapporto fra la Monade e il sé personale inferiore.

La quarta iniziazione (Rinuncia o Crocifissione) segna la completa realizzazione di questo rapporto da parte dell’iniziato. Lo mette in grado di dire “Io e il Padre mio siamo uno”. “È l’anima che viene crocifissa. È il Cristo che “muore”. Non è l’uomo, non è Gesù. Il corpo causale qui scompare.”

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La vera costruzione dell’antahkarana ha inizio soltanto quando il discepolo comincia ad essere focalizzato in modo definito sui livelli mentali, e perciò quando la sua mente opera con intelligenza ed in modo cosciente.

Sono necessarie diverse qualità e attività che si basano sulla bontà del carattere e sulle qualità sviluppate sul Sentiero della Prova, ossia il percorso che ogni anima fa attraverso svariate vite per risolvere il Karma e volgere la mente al di là dell’esistenza materiale. Analizzando più nel dettaglio queste qualità e attività possono essere riassunte con:

  • la meditazione;
  • lo sforzo costante di suscitare l’intuizione;
  • la sottomissione e l’obbedienza al Piano;
  • l’incorporazione cosciente entro il gruppo per mezzo del servizio e con lo scopo di venire assimilati nel tutto.

Sinteticamente si potrebbe quindi dire che la costruzione del ponte si ottiene soprattutto con una tendenza di vita indirizzata in modo definito, che dirige costantemente l’uomo nella direzione del mondo delle realtà spirituali, e con dei movimenti di riorientamento diretto o focalizzazione predisposti ed attentamente ritmati.

Per comprendere appieno di cosa si parla, anche da un punto di vista fenomenico quando si tratta l’Antahkarana, è necessario fare una distinzione di base tra i diversi fili di energia che lo compongono. Definiremo infatti l’antahkarana l’estensione del triplice filo (dapprima tessuto inconsciamente con la sperimentazione nella vita e la risposta della coscienza all’ambiente), estensione ottenuta mediante il processo di proiezione cosciente delle tre energie fuse della personalità (mentale, astrale ed eterica/fisica) che, man mano che si evolve, sono sospinte dall’Anima a colmare la lacuna finora esistente nella coscienza tra i tre corpi della personalità ed il loto egoico dell’anima.

Per capire meglio cosa siano questi fili tracciamo delle distinzioni importanti.

A livello dell’Anima umana, il Raggio primario e unitario proiettato dalla Monade si suddivide in due ‘fili’, dunque preesistenti, denominati:

Sutratma = filo della vita (corda d’argento); base dell’immortalità; ancorato nel cuore

Antahkarana = filo della coscienza; base della continuità; ancorato nella testa

  • Il Sutratma

è la diretta corrente di vita, ininterrotta e immutabile, che si può considerare simbolicamente come una corrente diretta d’energia vivente che fluisce dal centro alla periferia, e dalla sorgente interiore all’espressione esteriore o apparenza fenomenica. È la vita.

Produce il processo individuale e lo sviluppo evolutivo di tutte le forme.

Questo è il filo animico, ossia la corrente di vita tra spirito e materia, ed è uno e indivisibile. È perciò il sentiero della vita, che va dalla Monade alla personalità, tramite l’anima.

Trasmette l’energia della vita e trova l’ancoraggio finale nel centro del cuore umano, e in un punto centrale in tutte le forme d’espressione divina. Nulla è e nulla rimane tranne la vita.

Il “filo d’argento” s’incarna dal principio di un periodo di manifestazione fino alla fine, infilando su di sé le perle delle esistenze umane. Su di esso si trovano quei punti focali d’energia detti atomi permanenti.

Il sutratma, quando l’antahkarana è costruito, fonde tutti i tipi di coscienza, spirito e materia in un tutto vivente, la Realtà ultima.

  • L’Antahkarana

incorpora la risposta della coscienza entro la forma ad una serie di contatti in continua espansione. È ancorato nella testa. Il filo della coscienza (l’antahkarana) è il risultato dell’unione di vita e sostanza, ossia delle energie fondamentali che costituiscono la prima differenziazione nel tempo e nello spazio;  la coscienza emerge soltanto come terza manifestazione divina dopo che l’unione della dualità di base (spirito e materia) è avvenuta.

Parlando per simboli, si può dire che il sutratma opera dall’alto in basso ed è la precipitazione della vita nella manifestazione oggettiva. L’antahkarana invece è tessuto, evoluto e creato per effetto di quella creazione primaria ed opera dal basso all’alto, dall’esterno all’interno, dal mondo dei fenomeni exoterici a quello delle realtà soggettive e del significato.

Detto in altro modo, l’Anima si àncora nel corpo in due punti:

  1. Il filo d’energia  che chiamiamo aspetto vita o spirito, il sutratma, è ancorato nel cuore. Usa la corrente sanguigna come agente di distribuzione; per mezzo del sangue, l’energia di vita è portata in ogni parte del meccanismo. Quest’energia di vita porta il potere rigeneratore e l’energia coordinante a tutti gli organi fisici e tiene “insieme” il corpo.
  2. Il filo d’energia che chiamiamo aspetto coscienza o facoltà conoscitiva dell’anima, l’antahkarana, è ancorato nel centro della testa. Governa il meccanismo di risposta che chiamiamo cervello, e per suo mezzo dirige l’attività e induce consapevolezza in tutto il corpo mediante il sistema nervoso.

Tuttavia i fili non s’identificano con il meccanismo, bensì con la coscienza e con la corrente di vita dell’Uomo.

Sebbene questi due fili esistano eternamente nel tempo e nello spazio, appaiono distinti e separati fino a quando l’uomo non sia un ‘discepolo in prova’, momento in cui diviene cosciente di sé e non soltanto del non sé. A questo punto, egli cerca di fondersi con l’anima, di identificare se stesso, la personalità cosciente, con l’anima adombrante. È proprio a questo punto, tecnicamente parlando, che viene iniziata la vera costruzione dell’antahkarana. 

Questi due fattori d’energia, riconosciuti dall’essere umano come conoscenza e vita o come intelligenza ed energia vitale, sono i due poli del suo essere. Il compito che ‘ora’ lo attende è di sviluppare coscientemente l’aspetto mediano o equilibratore, che è l’amore o rapporto di gruppo. L’evoluzione prevede la costruzione dell’antahkarana di gruppo; ciò non annullerà lo sforzo individuale, ma la comprensione di gruppo aiuterà sempre di più l’individuo.

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Oltre a questi due fili fondamentali l’uomo, dal basso o dall’esterno o mondo personale, tesse a sua volta tre fili di collegamento tra i vari corpi, così entrando in contatto con l’ambiente e procurandosi con ciò esperienza e sostentamento:

  • tre fili creati dall’uomo sono ancorati nel plesso solare, nella testa e nel cuore,
  • e con i due fili di base che sono stati creati dall’anima [filo della vita e filo della coscienza] costituiscono i cinque tipi d’energia che fanno dell’uomo un essere umano cosciente.

Nell’uomo incarnato il sistema di connessione tra i centri e i suoi veicoli è dunque in essenza quintuplice, una Stella a Cinque punte.



Quando il corpo astrale e la natura mentale cominciano a funzionare come un’unità, e anche l’anima è collegata coscientemente, un prolungamento di questo filo quintuplice — i due fondamentali e i tre umani — giunge a connettersi con il centro della gola; quando ciò avviene l’uomo può diventare un creatore cosciente sul piano fisico.

Mentre la conoscenza-forza riguarda la personalità e il mondo dei valori materiali, la saggezza-energia (il sutratma o filo della vita) può ora esprimersi attraverso il filo della coscienza e il (triplice) filo creativo, che insieme costituiscono una duplice corda intrecciata. Per il discepolo essi rappresentano una fusione del passato (filo della coscienza) e del presente (filo creativo) e insieme formano quello che, sul Sentiero del Ritorno, viene comunemente chiamato antahkarana, ma che a questo punto è ormai identificato con il filo di saggezza-energia, il sutratma.

I tre fili principali, e che in realtà sono sei se si distingue il filo creativo nelle sue parti componenti, formano l’antahkarana. Essi incorporano l’esperienza passata e presente.

Molti aspiranti, nel costruire l’antahkarana come “prolungamento dei tre fili”, hanno già stabilito queste connessioni:

  1. Tra il corpo fisico e quello vitale o eterico.

Questo è in realtà un prolungamento del filo della vita (sutratma) fra il cuore e la milza.

  1. Tra il corpo fisico e vitale, considerati come un’unità, e il veicolo astrale o emozionale.

Questo filo emana dal plesso solare, o vi è ancorato, ed è portato verso l’alto per mezzo dell’aspirazione, fino ad ancorarsi nei petali dell’amore del Loto egoico.

  1. Tra i veicoli fisico ed astrale e il corpo mentale.

Un’estremità è ancorata nella testa e l’altra nei petali di conoscenza del Loto egoico, ed è provocata da un atto di volontà.

L’umanità avanzata è in procinto di collegare i tre aspetti inferiori (che chiamiamo personalità) con l’anima stessa, mediante la meditazione, la disciplina, il servizio e l’attenzione indirizzata. Quando ciò sia compiuto, si stabilisce un definito rapporto tra i petali del sacrificio o della volontà (primo aspetto) del loto egoico e i centri della testa e del cuore, creando così una sintesi tra coscienza, anima e principio di vita. Il processo di istituire questi legami e mutui rapporti e di rafforzare il ponte così costruito, continua fino alla terza iniziazione. Le linee di forza sono allora talmente interconnesse che l’anima e il suo meccanismo di espressione sono una unità. Possono allora effettuarsi una unione ed una fusione superiori.

In ogni caso, il chiamare sutratma una corrente d’energia, filo della coscienza un’altra corrente e filo creativo una terza, è una distinzione puramente arbitraria della mente analitica inferiore. Tutti e tre insieme sono essenzialmente l’antahkarana in via di formazione.

“… L’uomo non può paragonarsi all’Infinito, ma una sola scintilla di energia superiore ha in sé un valore illimitato; ogni uomo ne possiede una, e quale portatore è investito di una grande missione. È un ponte che unisce ai Mondi superiori .”[3]

*

Ma come può un aspirante, da un punto di vista pratico, avviare il lavoro volto alla costruzione di questo ponte luminoso?

Innanzitutto, come indicato, è necessario concentrarsi sullo sforzo di suscitare l’intuizione, che a sua volta richiede:

  • una meditazione occulta indirizzata e non aspirazionale.
  • un’intelligenza addestrata in modo da poter distinguere con chiarezza la linea di demarcazione tra comprensione intuitiva e le forme di psichismo superiore [prodotte dalla mente astratta e dalla visione mistica sui livelli superiori dei piani mentale ed astrale].
  • una continua disciplina della mente in modo che possa “mantenersi ferma nella luce”, e lo sviluppo di una colta e corretta interpretazione, in modo che la conoscenza intuitiva conseguita possa rivestirsi delle forme-pensiero adeguate.

– La conoscenza-saggezza deve essere sostituita dalla comprensione intuitiva, che è in realtà partecipazione inclusiva all’attività creativa della divinità. L’idea divina deve diventare un ideale possibile, e questo ideale deve essere sviluppato e manifestato nella sostanza sul piano fisico. Il filo creativo, ora in parte pronto, deve essere reso operante e attivo.

– Il desiderio-amore deve essere interpretato in termini d’attrazione divina, comportando l’uso corretto o errato delle energie e delle forze. Questo processo mette il discepolo in contatto con la divinità quale un Tutto progressivamente rivelato. La parte, con lo sviluppo magnetico della propria natura, si mette gradatamente in contatto con tutto ciò che ESISTE. Il discepolo diventa consapevole di questa totalità con espansioni di coscienza sempre più vivide che conducono all’iniziazione, alla presa di coscienza, e all’identificazione.

– La Direzione-Volontà deve produrre l’orientamento finale della personalità e dell’anima, fuse ed unificate, verso la libertà della Triade Spirituale.

Allora il tentativo cosciente di usare queste tre energie si risolve nella creazione dell’antahkarana sul piano mentale.

Uno dei segni che indicano che un uomo non è più sul Sentiero della Prova, è il suo emergere dall’ambito dell’aspirazione e della devozione nel mondo della Volontà focalizzata. Un altro indizio è che egli comincia a interpretare la vita in termini d’energia e di forze (primo aspetto), e non in termini di qualità e di desiderio (secondo aspetto). Questo fatto indica un preciso passo avanti. Oggi nella vita dei discepoli la volontà spirituale, come risultato del giusto orientamento, è usata ancora troppo poco.

I suddetti sono i tre stadi dell’iniziazione.

Con il procedere dell’evoluzione, il filo della coscienza (antahkarana), insieme al filo creativo e a quello della vita (sutratma), si risveglia a un processo di partecipazione pienamente consapevole al Piano creativo divino, Piano motivato dall’amore e attuato progressivamente con intelligenza.

Il discepolo avviato all’iniziazione, sui piani interiori o soggettivi, quale personalità pervasa dall’anima, orientata sul piano mentale, pone dunque in rapporto sempre più stretto:

  1. La sua mente concreta inferiore e la mente astratta superiore.
  2. Se stesso e il Maestro di Raggio del suo gruppo [egoico sul piano mentale astratto], sviluppando così la coscienza cosiddetta ashramica.
  3. Se stesso e la Gerarchia [il centro del Cuore planetario] nel suo insieme, divenendo sempre più consapevole della sintesi spirituale sottostante agli Ashram uniti [sul 4° piano buddhico]. Così egli si avvicina coscientemente e continuamente al Centro radioso di questo Ashram solare, il Cristo Stesso, “l’Iniziatore dell’umanità”.

L’Antahkarana, in sostanza, è una linea energetica di connessione cosciente costruita dal basso verso l’alto, dalla personalità all’Anima e quindi alla Monade.

Tramite l’antahkarana l’uomo risale dal Sette (l’Uomo nella Forma) al Tre (Triade spirituale) all’Uno (Monade).


[1] Identica natura ha l’avverbio latino intus, che significa “dentro”, con senso di moto a luogo, moto da luogo e stato in luogo e, in modo figurato, “nell’intimo”. La radice indoeuropea è *EN-, che esprime l’idea di “in”, essere dentro, con l’idea sia di stato in luogo sia di moto verso luogo interno.
Etimosofia del termine dedotta dal Dizionario Etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee. Indoeuropeo-Sanscrito-Greco-Latino, Palombi Editori, 2010, p. 36).
[2] Collana Agni Yoga, Cuore § 256.
[3] Collana Agni Yoga, Aum § 67.
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Una risposta a L’Antahkarana

  1. Anna Fusaro dice:

    Riuscire a percepire il nostro livello di consapevolezza e quindi la nostra posizione sui piani evolutivi ci permette di andare oltre l’illusione e di determinare ciò che serve allo scopo applicando l’economia necessaria al nostro lavoro. La costruzione del ponte arcobaleno avviene con l’espressione della risultante armonizzata di meditazione studio e servizio per la manifestazione del Piano, ….”Possa io compiere la mia parte di lavoro unico dimentico di me stesso con innocuità e giusta parola”.

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