In ambito etimosofico*, nello scorso articolo abbiamo considerato il primo e il quinto di quei sette Principi fondanti [1]delle attività umane che indirizzano la “Nuova Cultura/Nuova Civiltà”, meta cruciale 5.5 della Tavola del Piano che stiamo vivendo. Per affermare questa meta, ci è sembrato importante dedicare il presente ciclo annuale all’approfondimento di quei Principi, quali cardini della visione di un mondo nuovo, e pertanto proseguiamo oggi il nostro dialogo ideale con qualche riflessione sul secondo e sul quarto.
Il Principio n. 2 afferma: Base dell’educare è l’Amore. Abbiamo già affrontato l’etimo di “Amore” ma, ciò nonostante, pensiamo che i Principi fondamentali della Vita siano essi stessi a interrogare noi, a leggerci dentro per evocare risposte sempre nuove e che, quali diamanti, rivelino bagliori e riflessi infiniti che illuminano la via del futuro.
Approfondendo in modo sintetico l’etimo di amore, scopriamo che la parola custodisce un suono che è la chiave di ogni rapporto. Rimandando al glossario per l’esame completo del termine, ne rievochiamo qui l’essenza: deriva dalla radice indoeuropea *KAM-, la stessa che in italiano genera i termini “caro” e “amico”, nei quali si è stemperata la potente idea originaria di “amato”. La radice ka letteralmente esprime l’idea di “portare a compimento” [-a] “un moto curvilineo” [k] , e in sanscrito designava la divina primordiale Realtà incorporea, associata all’idea di beatitudine, di spazio e di luce, che ruotava al di sopra dell’atmosfera terrestre. Da questa Realtà sarebbe nato l’Uno, Eka, il cui nome origina dall’unione del divino Ka con l’impulso del “moto” [e], e Kama, Amore, che avrebbe tratto origine dall’incontro di Ka con il principio della relazione [m], come ci racconta la cosmogonia vedica: All’inizio non c’era essere, né c’era non-essere. […] Quell’Uno (Eka) viveva in sé e per sé, […] All’inizio sorse poi l’Amore (Kamas), che era il primo seme della Mente (Manas). [2]
Il suono m della radice di amore indica dunque il principio della relazione, del rapporto, e lo possiamo riconoscere in infinite parole evocative di questo significato, di alto e ordinario tenore, ad es.: madre/mamma, medicina, meditazione, modello, mente, matematica, memoria, musa, misura. E già sappiamo che il termine inglese per designare l’uomo, man (tedesco Mann), riconduce all’accordo del suono m con il suono an, che indica il “soffio vitale” (da cui ad es. nasce la parola anima): l’uomo è il “respiro del rapporto”, e proprio da questo nucleo origina il suo ruolo di mediatore tra Cielo e Terra, e la facoltà che per eccellenza lo designa, la mantrika shakti. Ricordando il ruolo dell’Uomo, immediatamente affiora la quarta Stanza della Grande Invocazione: […]Dal centro umano si svolga il piano di amore e di luce […], formula che sintetizza il lavoro dell’Umanità consapevole di essere Una.
Uno dei termini sopra citati quali espressivi dell’essenza relazionale del suono m, “misura”, ci rivela l’altra sua eco, quella che manifesta l’idea di “limite”: in latino modulor è il “misurare”, modestus è il “misurato”; il sanscrito maha è il “grande”, così come il latino magister, maestro, è reso tale dalla sua “grandezza”, e mors, morte, indica il “raggiungimento” [ṛ] del limite [m]. La chiave di questa apparente duplicità è semplice e potente: la relazione si esprime attraverso rapporti misurati, esatti.
Possiamo così affermare, in modo forse inusuale, che anche la concezione dell’Armonica, la scienza dei rapporti esatti, può essere sentita quale una dispensazione amorevole di comprensione del mondo. A questo proposito, un’altra immagine si affaccia alla mente, suggerita da una parola segnata anch’essa dal suono m: mistero. Esso esprime il Vortice 7.1 del Lambdoma Spazio, ed è detto il sacro cancello dell’Infinito: l’apparente contraddizione tra i termini di questa definizione esalta l’idea di trapasso, di rapporto, di unità dei piani e dei livelli della Realtà, dai concreti agli aformali. Ricordiamo a questo proposito un versetto dell’Agni Yoga: Fra le molte definizioni di AUM segnate anche questa: A è il Pensiero, la Base; U è la Luce, la Causa prima; M è il Mistero, la Sacralità. [3]
Qui s’innesta la piena definizione dell’Energia di Amore, il secondo Raggio, detto dell’Amore-Saggezza. Citiamo di seguito un passo dell’Insegnamento tradizionale che sintetizza la qualità di questa energia, proprio in modo connesso all’educazione, invitandoci a “[…] ricordare che il raggio dominante, l’influenza prevalente del nostro sistema solare è il grande secondo raggio cosmico, di Amore-Saggezza […] Questo raggio qualifica la vita di tutti i pianeti, e l’amore magnetico e attrattivo di Dio pervade il Suo creato; emerge nella coscienza e determina la meta di tutte le forme che evolvono. Ogni essere umano, dunque, nel suo complesso, vive in un universo e su un pianeta che è oggetto dell’amore e del desiderio costante di Dio, e che (per effetto di tale amore) è attratto ed a sua volta attrae. Insegnanti, educatori e genitori, farebbero bene a riconoscere la potenza di questa forza di raggio, e confidare nella Legge che fa buone tutte le cose.” [4]
Premettendo che nel Lambdoma Spazio, nel Vortice 5.7, la definizione di Saggezza è l’espressione aurea dell’Amore, ne vediamo ora l’etimo: il sostantivo deriva dall’aggettivo “saggio”, dal francese sage, dal gallo-romano *sabius, da una presunta voce latina *sapius , termini che scaturiscono dal verbo latino sapĕre, “avere sapore, avere odore, gustare, avere intelligenza, essere saggio”. La ricerca sulla radice di questo verbo è vivace e dibattuta: per la maggior parte degli studiosi sarebbe l’indoeuropea *SAP-, connessa con l’idea di essenza/succo/sapore/senno, ad es. il sanscrito sabar, nettare; il russo sok, succo, linfa; il latino sapa, mosto cotto; il greco sophòs e il volsco sepu, saggio. Per altri, invece, la radice sarebbe da individuare nell’indoeuropea *SAK- ( antecedente a quella sopra citata) che esprime l’idea originaria di “scorrere”, dando origine ad es. alla parola latina sucus, succo. F. Rendich, infine, in modo innovativo, propone per il greco sophòs e il latino sapiens, la radice indoeuropea bhās, che esprime l’idea di “effetto [ā] di uno spostamento [h] di energia [b]”, “splendere”, “essere luminoso”: si vedano il sanscrito subhās, composto da su “bene” e da bhās, “che illumina bene, sapiente”. Il Linguista specifica che ‘Bhas in indoeuropeo aveva anche il senso di “luce della mente”, “intelligenza” (come la parola dhī, che significava sia “intelligenza” sia “splendore”, a conferma del legame indoeuropeo tra “luce” e “pensiero”). [5]Deriverebbe invece da tutt’altra radice indoeuropea, *SUK-, che esprime il senso di gradevolezza, la parola latina che indica il “succo” [6].
La proposta di Rendich risuona convincente, essendo inoltre consona alla duplice energia del secondo Raggio, detto anche dell’Amore intelligente, ma da un punto di vista strettamente etimologico è per ora arduo pronunciarsi a favore dell’una o dell’altra interpretazione: lasciamo dunque la domanda aperta, in attesa di approfondimenti e auspicabili contributi. È peraltro possibile ipotizzare che nei termini derivati del verbo latino sapĕre sia avvenuta una commistione tra le radici e quindi fra le idee che esse esprimono: in questo caso “saggezza” profumerebbe sia di “intelligenza/luce” sia di “essenza”.
Anche la radice di “educazione” ci riporta all’idea di luce, poiché nel “condurre fuori” – latino ex-ducere – ritroviamo nella radice indoeuropea *DIŚ- la composizione di tre elementi sonori: [ś], che esprime l’idea del “collegarsi”; [i], che indica il “moto continuo”, e infine [d], che designa la “luce”, significando pertanto il “collegarsi al moto della luce”, “indicare”, “mostrare”. Il nostro verbo ducere significa “mostrare la via da seguire”, “guidare”. È interessante rilevare che anche i termini latini discere, imparare, sapere, discipulus e disciplina, hanno lo stesso etimo diś del verbo “ducere”, ad esprimerne la radianza da cui si è guidati. Educare significa propriamente guidare alla rivelazione della luce interiore. [7]
Al quarto Principio, “Scopo dell’esprimere è la Bellezza”, dedichiamo un pensiero stringato, poiché l’etimo di questa parola è lampante: l’aggettivo latino bellus origina da buenus, forma arcaica di bonus: la Bellezza esprime l’identità con il Bene.
Ricordiamo infine la formula sintetica che definisce l’idea di Bellezza nel Lambdoma Modello, nel Vortice 1.7: La Bellezza è il segno dell’Essere.
Sta a noi educare il Pensiero affinché sia amorevole e saggio, teso al Bene comune.
Facciamo risuonare ora, per risonanza con i Principi sopra esposti, la prima Formula della seconda stagione, che stiamo vivendo, di questo anno 5.5:
LA SAGGEZZA CELESTE SIA LA FORZA DELLA NUOVA CULTURA
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[*] Oggi, come succede ad intervalli di circa tre mesi, avviene la congiunzione eliocentrica tra Mercurio e Nettuno, associata all’armonia del linguaggio.
[1] I sette Principi, desunti dalla raccolta inedita di Enzio Savoini, Semi 1994 e approfonditi nelle sezioni di questo blog, sono:
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Base e scopo del governare è la Libertà
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Base dell’educare è l’Amore
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Base del progettare è la Luce
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Scopo dell’esprimere è la Bellezza
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Base del Lavorare è la Gioia
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Scopo e oggetto del comunicare è la Verità
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Base e scopo dell’Organizzare è l’Unità
Ricordare, ossia, riportare al cuore, che la saggezza è definibile”espressione aurea dell amore”, apre ad infiniti pensieri, immagini. L’amore che si applica nel suo rapporto aureo, non può che esprimere bellezza e saggezza. Applicato nel Servizio, si avvale della legge di armonia ed offre numerosi impulsi per una visione articolata e declinata dell amore, nel quale viviamo.
Bello e profondo il tuo articolo, Grazia, anche per gli utili riferimenti etimologici, che “illuminano” dall’interno le parole, rivelandone il senso più intimo ed essenziale.
Importante il richiamo all’Amore, alla Saggezza e alla Bellezza, che mi sembrano così tanto intimamente connesse: ciò che è bello dovrà necessariamente essere anche saggio e amorevole.
Su Sentiero l’aspirante perseguirà l’Armonia, intesa come equilibrio tra le dualità e sintesi degli opposti, al fine di creare e sostenere l’unità nella diversità.
La conciliazione degli opposti operata dall’Anima darà origine a un terzo punto di sintesi superiore, che conterrà entrambi i poli; si diventerà così “costruttori di Triangoli”:
“La vera realtà è l’Armonia e la Bellezza di Dio che deriva dall’unità”
(Fratellanza, vol. II).