Via

Glossario – Via

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino via – più anticamente vea – via, strada, metodo. La radice indoeuropea del termine è dibattuta: per la maggior parte dei linguisti è *VAGH-/*VEGH-, che esprime l’idea di muovere, andare: sanscrito vaha, via, vahas, carro; osco veia, latino vehere, condurre; inglese way, tedesco weg: via. Per F. Rendich, invece, la radice di riferimento è vi, che esprime l’idea di “separazione [v] continua [i]”, “distacco”, “allontanamento”: sanscrito vidhā, divisione; greco ìdios, privato (opposto a koinòs, pubblico); latino venio, venire (DEC, p. 403).

Entrambe le radici individuate, in ogni caso, esprimono il concetto del percorso da compiere.

 

Via significa percorso infinito

 

Nel Lambdoma Luce la definizione è: La Via è il ponte tra i mondi (7.4)


Treccani

 

via1 avv. [dal sost. lat. via «via», che ha preso sign. avverbiale in locuz. come ire viam o ire via «andare per la (propria) strada»; la connessione etimologica del n. 4 con gli altri sign. non è del tutto chiara]. –

1. Avverbio che esprime allontanamento, per lo più con verbi di moto: andare, correre, fuggire, mandare, venire via, ecc.; in alcuni casi con valore enfatico, sottolineando la rapidità o la decisione di un distacco: cacciare via; passa via! (v. passare, n. 1 g). In partic.: andare via, in senso proprio: non desidera che andar via da quella casa; è andato via senza salutare; vattene via!, cacciando qualcuno con vivacità (ma va via! può essere esclamazione di disapprovazione bonaria: va via, non raccontar frottole!; il santo frate disse: «Va via, figliuolo, che è ciò che tu di’?» Boccaccio); riferito a cose, dileguarsi, estinguersi, scomparire, finire: la macchia, con un po’ di benzina, andrà via; una merce che va via facilmente, si vende; se sapessi il denaro che va via giornalmente!, che si spende. Gettare, buttare via, disfarsi di cosa che non serve più; e in senso fig.: nonostante l’età, non è poi da buttar via; anche col sign. di sprecare, spendere senza frutto: non vorrei buttar via il mio tempo, il mio denaro, il fiato. Dare via, cedere, regalare, vendere: dà via la casa per un pezzo di pane. Mandare via, licenziare. Portare via, allontanare, trasferire altrove, o anche togliere, e quindi spesso sottrarre, rubare: il vento gli portò via il cappello; il ladruncolo gli mise la mano nella tasca e gli portò via il portamonete; e in senso fig.: è un lavoro che ti porterà via molto tempo. Tirare via, affrettarsi, lavorare in fretta e male: su, tiriamo via, c’è ancora molta strada da fare; è un lavoro tirato via, va rifatto (per queste e altre espressioni consimili v. le voci relative ai singoli verbi). Con verbo non di moto, essere via, nell’uso fam., essere fuori di casa; essere di fuori via, pop., essere di paese straniero: persone, usanze di fuori via.

2. Usato assol.: a. In espressioni in cui il verbo (andare, correre, fuggire, ecc.) è sottinteso: ci alzammo, e via per la discesa!; Or superbite, e via col viso altero, Figliuoli d’Eva (Dante); per intimare a qualcuno di spostarsi o di andarsene: Dicendo: «Via costà con li altri cani!» (Dante); via di qua, farabutti!

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via2 s. f. [lat. via, affine a vehĕre «trasportare»]. –

1.a. Spazio di uso pubblico, di larghezza più o meno limitata e di varia estensione in lunghezza, attraverso il quale si svolgono il transito e la circolazione delle persone e dei veicoli (sinon. dunque di strada, ma con usi e sign. specifici o più comuni dell’una e dell’altra parola): via comunale, provinciale, nazionale; via maestra, secondaria; vie urbane (e vie centrali, periferiche, ecc.), suburbane, di campagna; una via stretta, larga, lunga, breve, dritta, tortuosa, ecc.; fare una v., seguirla («Maestro mio», diss’io, «che via faremo?», Dante); anche tenere una via, con lo stesso sign. (Gridando il padre a lui «Mala via tieni!», Dante); chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia e non sa quel che trova, prov.; con uso generico, prendere o scegliere la via più breve, quando vi siano più percorsi o mezzi di soluzione possibili; in senso fig., mettersi la via (ma più spesso la strada) tra le gambe, andarsene, fuggire. In partic., via di ferro, ant. e region. per ferrovia, strada ferrata. Si preferisce quasi sempre a strada per formare toponimi relativi a vie di centri abitati (solitamente non preceduti da articolo: passavamo per via Venti Settembre; abita al n. 40 di via dell’Archetto), o per indicare strade di grande comunicazione, specialmente le vie consolari romane, quando sono specificate col nome proprio (con l’articolo: ho percorso tutta la via Appia; si è fermato al tredicesimo chilometro della via Salaria). Per la denominazione astronomica Via Lattea (dal gr. γαλαξίας κύκλος, lat. via lactea «via di latte», per l’aspetto), v. galassia e latteo.

1.b. Può indicare (a differenza di strada) anche un sentiero, una pista, un passaggio o transito per cui non c’è stato l’intervento umano: c’è la via dei muli, per arrivare in cima al monte, molto più breve ma pericolosa. In partic.: la via della seta, del tè, denominazioni di itinerarî seguiti dalle carovane nell’antico commercio tra l’Asia e l’Europa; vie armentarie, piste determinate degli animali che in alta montagna si spostano di luogo in luogo; nell’alpinismo, via di salita (o assol. via), l’itinerario, il percorso obbligato di arrampicata su roccia o su ghiaccio seguito da una cordata o da un singolo scalatore: aprire una via; la via Comici, sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo; via direttissima (o la direttissima), la via più breve (e spesso la più difficile) per raggiungere una vetta, che segue un percorso quanto più prossimo possibile alla verticale, dal punto di partenza alla vetta; via ferrata, dotata di pioli, scalette, catene o funi metalliche fisse (lungo le quali far scorrere il moschettone agganciato alla corda, che è legata in vita). Può inoltre indicare il percorso che si fa o si può fare dove non ci sia traccia alcuna di sentiero: aprirsi una v. nella foresta vergine; cercava se tra quella sterpaglia ci fosse una via possibile; Ripresi via per la piaggia diserta (Dante); in diritto romano, servitù di via (lat. servĭtus itinĕris, o assol. iter), servitù di passaggio, cioè facoltà di passare a piedi o a cavallo per un luogo.

1.c. estens. Via di comunicazione, percorso e linea normale per il trasporto di persone e cose per terra, per mare e per aria: vie terrestri, vie marittime, vie aeree. Nel linguaggio marin., fare via per, dirigere per una data prora o punto di terra: fai via per 270 gradi; fai via per quel campanile, ordini che si danno al timoniere; via, alla via, via così, comandi che si danno al timoniere perché governi nella direzione in cui era al momento dell’ordine (in alcuni di questi comandi via ha valore di avverbio, per cui v. via1, n. 2 b); nel linguaggio aeron., v. aerea, l’insieme degli impianti e dell’organizzazione a servizio di una linea aerea lungo il suo percorso. Al plur., in usi poet., gli spazî dell’aria o del cielo: [l’aquila] Stridendo sparve per le vie de’ venti (V. Monti); Onde all’Anglo che tanta ala vi stese Sgombrò primo le vie del firmamento (Foscolo), del Galilei precorritore di Newton; quando Citerea torna a’ beati Cori, Armonia su per le vie stellate Move plauso alla Dea (Foscolo).

1.d. Il mezzo fisico sul quale o attraverso il quale si effettua lo spostamento e il movimento di un veicolo, e quindi un percorso: andare, viaggiare o spedire, trasportare, ecc., per via di terra o terrestre, per via di mare o marittima, per via d’aria o aerea (e brachilogicamente via aerea, in spedizione, lettera, pacco, ecc., via aerea). Per estens., nelle telecomunicazioni, collegamenti, trasmissioni, ecc., via cavo, attuati per mezzo di cavi conduttori, via radio, via etere, attuati con radioonde; trasmissioni (radio o televisive) via satellite, ritrasmesse e diffuse da un satellite artificiale.

1.e. Modalità di un percorso, come punto o zona di passaggio, o direzione: tra Roma e Napoli vi sono due linee ferroviarie, una via Formia e una via Cassino; nel linguaggio marin., la direzione che assume un cavo o una catena quando viene in forza: la catena fa via di poppa; via d’acqua, la zona danneggiata dello scafo per cui penetra nell’interno l’acqua (sinon. quindi di falla1).

1.f. In anatomia, complesso di fibre deputate alla conduzione di attività specifiche del sistema nervoso (vie motorie, vie sensitive), oppure sistema di canali attraverso cui defluiscono i liquidi organici (vie biliari, vie lacrimali, vie urinarie); per le v. respiratorie, v. respiratorio. In medicina, modo di somministrazione di un farmaco (via orale, rettale, parenterale, ecc.), o modalità di accesso a un organo (per via trans-toracica, ecc.).

2.a. Cammino, come spazio da percorrere o percorso (senza riferimento al tracciato, cioè alla strada): Andiam, ché la via lunga ne sospigne (Dante); Né fu a mezza via che mutai strada (Foscolo), dove via è chiaramente contrapposta a strada; mettersi, rimettersi in via, in cammino; in usi ant. o rari, dare la via, lasciare libero, spec. di andare o di passare (con sign. simile a dare il via; v. via1, n. 2 b); Appena arrivato alla villa dell’Impruneta detti la via alla gallina perché godesse della libertà (G. Nobili); Schermiasi, ovunque la mazza calasse, Or ribattendo, or dandole la via (Ariosto); per estens., disfarsi di qualche cosa, venderla, e sim.: que’ montanari Fino alle scarpe avean dato la via (Giusti). Com. l’espressione in via, cammin facendo: Ma caddi in via con la seconda soma (Dante); essere in via, in cammino; anche fig., di cosa che si avvia a compimento: Tempo era omai da trovar pace o triegua Di tanta guerra, et erane in via forse (Petrarca); nella teologia mistica, per indicare lo stato terreno dell’uomo (v. viatore); nell’uso com., anche nel senso di avviarsi a una determinata condizione: il malato è in via di guarigione. Di uso solo letter. tra via, sempre col sign. di cammin facendo: Ch’i’ temo forte di mancar tra via (Petrarca); Mormora al bianco lume il rio tra via (Carducci).

2.b. ant. Viaggio. In questo sign. si usa ancora nell’espressione foglio di via, per cui v. foglio, n. 2 l.

3. fig.:

3.a. Carriera: ha scelto la via degli affari, degli studî; impresa: ho deliberato entrare per una via, la quale … mi potrebbe ancora arrecare premio (Machiavelli).

3.b. Modo di vita, soprattutto dal punto di vista morale: s’è messo su una brutta via; cercò di ricondurlo sulla diritta via, sulla buona via.

3.c. Mezzo, modo per conseguire un fine, per giungere a qualcuno o a qualche risultato: trovare la via, le vie del cuore, il modo di commuovere, d’intenerire; tentare, cercare la via della gloria; quella fede Ch’è principio a la via di salvazione (Dante); la dottrina … di Cristo, la quale è via, verità e luce: via, perché per essa … andiamo a la felicitade (Dante); le vie del Signore, i molti modi e mezzi con cui Iddio interviene come Provvidenza nelle cose umane, o arriva al cuore dell’uomo, ecc. (anche nel prov. le vie del Signore sono infinite); scegliere la via più diretta, per giungere a uno scopo; procedere per vie traverse, ricorrere a espedienti, a sotterfugi (v. anche traverso, n. 1 a); nel linguaggio politico: la via italiana al socialismo (o sim.). Più com., anche nell’uso fam., nelle espressioni non c’è altra via, o questa è l’unica via, l’ultima via (d’uscita, di scampo, di salvezza); non avere altra via; scegliere una via di mezzo. Col sign. di ragionamento, in quanto mezzo per giungere alla verità: per diverse vie arrivarono alla stessa conclusione; ma la cosa può provarsi anche per altra via; in partic., nel linguaggio filosofico, come sinon. di argomento o prova: le cinque vie di s. Tommaso per dimostrare l’esistenza di Dio.

3.d. Nel linguaggio burocr. e amministr., procedimento o procedura, forma o modalità di attuazione di determinati atti: comunicazione o richiesta fatta in via breve, senza seguire le formalità previste (riservandosi, al caso, di darne conferma con atto formale); inoltrare una domanda, una richiesta, un ricorso per via gerarchica, presentandoli al superiore immediato perché li trasmetta all’ufficio competente; ricorrere alle vie legali, al giudice, alla magistratura; nei rapporti internazionali, vie diplomatiche, procedura che gli stati usano seguire per trattare le questioni di reciproco interesse, valendosi dei rapporti che la missione diplomatica permanente di uno stato mantiene con il ministero degli Affari Esteri dello stato presso il quale è accreditata; decidere in via provvisoria, con provvedimento temporaneo, ecc. Nel commercio dei cambî, il mezzo o il procedimento scelto per il regolamento di un debito o credito in moneta estera: via della rimessa, l’operazione di cambio che si svolge tra la piazza negoziatrice e la piazza negoziata mediante l’uso in questa di una divisa espressa nella moneta della piazza negoziata; via della tratta, l’operazione di cambio, svolta tra la piazza negoziatrice e la piazza negoziata, mediante l’emissione, e successiva negoziazione, di un ordine di pagare espresso nella moneta della piazza negoziata. Vie di fatto, espressione usata in alcuni articoli dei codici penali per l’esercito e la marina e di alcuni codici penali preunitarî; interpretata come sinon. di violenza, con tale sign. è entrata nell’uso comune: passare a vie di fatto, di chi in seguito ad accesa discussione comincia a menare le mani.

3.e. Come locuz. prep., per via di, per mezzo di, a causa di: mi spiegherò per via d’esempî; sono parenti per via di padre, di madre, per parte di …; non farà molta strada per via della sua eccessiva timidezza; pane rubato, e rubato con violenza, per via di saccheggio e di sedizione (Manzoni); anche per via che, pop., come cong. con valore causale: molti non sono venuti per via che non erano stati avvertiti. Nell’uso ant., in via di, secondo, a parere di: posto che la lontananza della Luna dal centro della Terra in via di esso Copernico sia, qual dice l’autore, semidiametri 52 (Galilei).

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Il Tao (道T, DàoP, TaoW; letteralmente la Via o il Sentiero)

Tao in carattere cinese

Il Tao (道T, DàoP, TaoW; letteralmente la Via o il Sentiero) è uno dei principali concetti della storia del pensiero cinese. Si tratta di un termine di difficile traduzione, inizialmente concepito come una potenza inesauribile che sfugge a qualunque tentativo di definizione. Il carattere cinese 道 (la cui parte inferiore è il radicale cinese “piede”) esprime innanzitutto il concetto di movimento, di flusso: dunque si può tentare di definire il Tao come l’eterna, essenziale e fondamentale forza che scorre perennemente attraverso tutta la materia dell’Universo.

In ambito occidentale, viene talvolta tradotto come il Principio. Nella filosofia taoista tradizionale cinese, il Tao è l’Universo stesso: quell’eterno, inesauribile “divenire”, in costante movimento. Tenendo presenti questi riferimenti, volendolo definire con una parola, il Tao “è”.

Nel contesto della storia del pensiero cinese, il concetto di Tao acquisisce grande importanza in seno alla tradizione taoista, salvo poi estendere la sua influenza a tutto il panorama filosofico e speculativo cinese, fino ad essere integrato, riassorbito e reinterpretato da una molteplicità di scuole di pensiero, ivi inclusa quella confuciana. Nel corso dei secoli questa influenza si estenderà a molte altre delle cosiddette filosofie e scuole di pensiero orientali.

 

Struttura del Tao in origine

Il filosofo Lao-tzu, mitico fondatore del taoismo, mette in chiaro che prima di tutto vi era un non-essere trascendente e indifferenziato (che tuttavia non è il “nulla”), “la Via” (detta anche “origine”, la “Madre”, la “femmina oscura”, ecc.), il Tao appunto, che diede origine all’essere (detto “la madre dei viventi”), ciò che esiste e da cui nacque il mondo; anch’esso, tuttavia, è parte del Tao stesso, poiché della sua stessa natura, ma ha dei confini. Si tratta quindi di una filosofia del mutamento, in cui il Tao iniziale è però immutabile (e non può essere “detto”, ma può essere mostrato[1]), eppure muta (e in questa forma “non è una via costante”, dice Lao-tzu), una sorta di panenteismo (posizione che coniuga trascendenza e immanenza, in maniera monista), simile al brahman induista (per fare un paragone con la filosofia occidentale, invece, il Tao è paragonabile principalmente all’ápeiron di Anassimandro, all’Essere immutabile e perfetto di Parmenide (si veda anche la riproposizione di Martin Heidegger), al Logos di Eraclito, degli stoici e di Giovanni evangelista, all’Uno del platonismo, al Noumeno di Kant e dell’idealismo, e allo slancio vitale di Bergson; la sua differenziazione mutevole è paragonabile allo scorrere nel divenire, alle idee platoniche che forgiano le forme sensibili).

Il Tao all’inizio del tempo – nello stato di non-essere – era in uno stato chiamato wu ji (无极 = assenza di differenziazioni/assenza di polarità). A un certo punto – nell’essere – si formarono due polarità di segno diverso che rappresentano i principi fondamentali dell’universo, presenti nella natura:

   –  Yin, il principio negativo, freddo, luna, femminile ecc. sono simboleggiati dal nero.

  –  Yang, il principio positivo, caldo, sole, maschile, ecc. sono simboleggiati dal bianco.

Lo scopo del taoista è comprendere questa evoluzione e le successive, e tornare, tramite la meditazione e la retta pratica di vita, ad avvicinarsi all’unità iniziale del Tao: l’obiettivo finale è portare il discepolo, il praticante e lo studente, ad un completo stato di unificazione con l’universo, con il Tao quindi. Tutta la vita emerge dal Wuji, inconsapevolmente. Attraverso le pratiche taoiste è quindi possibile raggiungere l’immortalità (detta xian) e ritornare allo stato di Wuji, energia pura, dissolvendosi nell’Uno, quindi nel Tao.

 

Evoluzione

Yin e Yang

Da essi deriva tutto il mondo visibile e invisibile della cosmologia taoista.

I due principi, il divino individuo immaginario maschile e il divino immaginario femminile, iniziarono subito a interagire, dando origine alla suprema polarità o T’ai Chi o Taiji (Pronuncia Wu-ci). Il simbolo da tutti conosciuto come Taijitu è il più famoso di molti simboli che rappresentano questa suprema polarità e che sono chiamati T’ai Chi T’u. È importante evidenziare che nella filosofia Taoista Yin e Yang non hanno alcun significato morale, come buono o cattivo, e sono considerati elementi di differenziazione complementari.

Da essi deriva il qi (detto anche ki o chi) l’energia che scorre nel mondo fisico, nell’orizzonte naturalista del taoismo, rappresentato dai cinque elementi (acqua, legno, fuoco, metallo, terra), che si combinano a loro volta nelle otto forze.

 

Descrizione

Essendo il Tao ineffabile, cioè indescrivibile, per comprenderlo si può ricorrere alla seguente analogia, tratta da Lao-tzu: immagina una persona che cammina su una strada, portando sulle spalle un fusto di bambù. Alle due estremità del bambù, sono appesi due secchi. I due secchi rappresentano lo yin e lo yang. Il bambù rappresenta il Tai Chi, l’entità che collega lo yin e lo yang. La strada è il Tao.

Ordine di scrittura

Il Tao può essere interpretato come una “risonanza” che risiede nello spazio vuoto lasciato dagli oggetti solidi. Allo stesso tempo, esso scorre attraverso gli oggetti dando loro le caratteristiche. Nel Tao Te Ching si dice che il Tao nutra tutte le cose, che crea una trama nel caos. La caratteristica propria di questa trama è una condizione di inappagabile desiderio, per cui i filosofi taoisti associano il Tao al cambiamento; le rappresentazioni artistiche che tentano di rappresentare il Tao sono caratterizzate da flussi.

Se per il confucianesimo il Tao rappresenta un principio etico, una norma di comportamento sociale, per il taoismo esso non è altro che il processo di mutamento e divenire di tutte le cose. Nel Libro dei mutamenti si legge: “Una volta yin, una volta yang, ecco il tao”. Questa definizione del Tao come risultato dell’alternanza di yin (principio femminile) e yang (principio maschile) sintetizza nel modo più appropriato l’idea di perenne divenire implicita nel Tao, che è costantemente incostante, comprensivo di ogni cosa e del suo opposto, di essere e non-essere, di vivere e morire, di conoscere e non-conoscere.

Dunque, ogni qualità è potenzialmente presente nel Tao e si sviluppa in maniera spontanea, dando così origine e inserendosi in un universo concepito in termini non statici ma dinamici, il cui “ordine naturale” esclude però l’intervento finalizzato umano (secondo la concezione del wu wei, “non agire”) in quanto nocivo al libero gioco delle alternanze.

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