Figlio

Glossario – Figlio

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino filius, figlio, cucciolo. L’etimo è incerto. Per alcuni linguisti, tramite il confronto con il greco phys, figlio, phyo, sono, divengo, produco, l’antico tedesco bim, sono, deriverebbe da radice che avrebbe anche dato origine alla sanscrita BHU-, che esprime l’idea di essere, far esistere, nascere: letteralmente “il generato”; sanscrito bha-va, origine; bha-vana, il creatore. Anche i termini italiani “fui”, passato remoto di “essere”, e “futuro”, per designare il tempo del divenire, hanno lo stesso etimo: è interessante notare che l’idea di passato e di futuro sono espresse dalla stessa radice, la quale si distingue da quella “eterna” dell’“essere”/essenza, che deriva dall’indoeuropea *AS-/*ES-. Per altri invece la radice originaria di filius sarebbe l’indoeuropea *DHI-, che esprime l’idea di nutrire, allattare: letteralmente “l’allattato”. F. Rendich condivide questa seconda ipotesi e nella radice indoeuropea “dhi” riconosce le componenti [hi] “trasmettere”, [d] “energia”: “nutrire”, “dare affetto”, da cui deriverebbero il sanscrito dhi, nutrire; il greco phileo, amare; il latino filius (DEC, p. 188).

 

Figlio indica il frutto del rapporto di amore

 

Nel Lambdoma Generatore la definizione è: Il Figlio è la Ragione suprema (6.3)


Treccani

 

fìglio s. m. [lat. fīlius, della famiglia di fecundus, femĭna, ecc.]. –

1. a. Il generato rispetto ai genitori (talora anche rispetto ai progenitori): mio, tuo, suo f. (normalmente senza articolo); padre, madre e figli; f. maggiore, minore; f. unico di madre vedova, che, in quanto tale aveva l’esenzione dal servizio militare (oggi non più obbligatorio); fig., scherz., di cosa da trattare con cura perché è l’ultima che resta; Molte fïate già pianser li figli Per la colpa del padre (Dante); i f. dei f., i lontani discendenti; i figli d’Adamo, i f. d’Eva, gli uomini, l’umanità: il Signora tutti i f. d’Eva, Nel suo dolor pensò (Manzoni); con altro uso e tono, siamo tutti figli d’Adamo, siamo tutti uomini, e come tali tutti uguali, o tutti soggetti a sbagliare. Seguito dalla prep. di e dal nome di uno o di entrambi i genitori, serve spesso a determinare la persona non direttamente ma nella sua relazione di parentela con persona che ci è più nota o familiare: si sposa il f. del nostro capomastro; nei poemi classici è perifrasi frequente per designare eroi o divinità: il f. di Laerte, Ulisse; il f. di Latona e di Giove, Apollo. Non indica di necessità il sesso maschile e può spesso riferirsi, spec. nel plur., promiscuamente a maschi e femmine; così per es. nelle frasi: i f. sono una gran consolazione; hanno sette f. da sfamare, ecc.; e anche, in genere, nelle espressioni f. naturale, legittimo, illegittimo, riconosciuto, legittimato, adottivo, f. postumo, ecc. Precisando: un f. e una figlia; augurî e f. maschi!, salute e f. maschi!, formule d’augurio di tono per lo più scherzoso. Dicendo f. primogenito, secondogenito, il primo, il secondo f., s’intende per lo più, ma non di necessità, il maschio.

1.b. Con l’iniziale maiuscola, indica per antonomasia Gesù Cristo: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo; più esplicitamente, il F. di Dio. Discussa è invece l’interpretazione dell’espressione il F. dell’uomo, di origine semitica, che per sé stessa equivale a «essere umano, uomo», ma ricorre più volte con significato messianico in testi biblici e apocrifi, mentre nel Nuovo Testamento è riferita da Gesù a sé stesso, per sottolineare, secondo l’esegesi tradizionale e più comune, la natura umana da lui assunta.

1.c. Locuzioni: f. di famiglia, minorenne, e quindi soggetto alla patria potestà, o maggiorenne, che sta con la famiglia paterna non essendosene fatta una propria; f. di papà, scherz. o più spesso iron., giovane che conduce vita agiata o che si fa strada giovandosi della posizione economica e sociale o dell’autorità, del prestigio, della protezione del padre; f. di mamma, giovane di carattere debole e privo di autonomia, soggetto, più che la sua età non comporti, alle cure e all’autorità materne; f. dell’amore, figlio naturale, nato cioè da una coppia non sposata; f. di nessuno, trovatello o, fig., figlio trascurato dai genitori; allevare, tenere come un f., con le cure e l’affetto che si dedicherebbero a un figlio proprio. Come ingiuria: f. d’un cane!; più volg.: f. di puttana! (e, con varianti region. e volg.: f. di troia, f. di mignotta e sim.; per eufemismo, f. di buona donna), epiteto ingiurioso ma usato anche in tono scherz., o con l’intenzione di riconoscere alla persona cui è rivolto un’abilità spregiudicata (con questo valore, spec. nella frase gran f. di puttana).

1.d. Raro, e soltanto al plur., con riferimento ad animali, per i quali si parla in genere di prole nel linguaggio scient., e di piccoli o nati nell’uso comune.

2. Usi fig.:

2.a. Vocativo affettuoso rivolto da persona anziana, da un religioso, da un superiore, ecc., a un giovane o anche a persona adulta (spec. al plur. e seguito da un agg., altrimenti è più com. figliolo, che in ogni caso è forma più fam.): Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi L’anime di color cui vinse l’ira» (Dante, facendo parlare Virgilio); f. dilettissimi, nelle allocuzioni dei prelati ai fedeli.

2.b. Il cittadino rispetto alla patria o al paese in cui è nato: Dove sono i tuoi f.? (Leopardi, all’Italia); Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra (Foscolo, a Zacinto).

2.c. Per indicare più genericamente origine, provenienza, con riferimento all’ambiente e alle condizioni sociali: è un f. del popolo; o al carattere, all’ingegno, alle tendenze rappresentative di un’epoca: fu vero f. del suo tempo, del suo secolo; in partic., f. d’arte, attore discendente, talora per più generazioni, da attori, che ha avuto per scuola il palcoscenico e che ha cominciato a recitare ancora giovanissimo.

2.d. Locuzioni: figli di Dio, nella Scrittura, gli uomini; figli del peccato, del secolo, del mondo, nel linguaggio ascetico, gli uomini in quanto peccatori; figli del dolore, dell’esilio, gli infelici, gli esuli; figli della fortuna, i fortunati; figli della Terra, i giganti della mitologia greca; figlio del Cielo, l’imperatore della Cina; prov., ognuno è f. delle proprie azioni, la vera nobiltà non viene dalla nascita ma dalle virtù morali (ma anche con altri sign.: ognuno deve farsi strada da sé; ciascuno è tenuto a rispondere dei proprî atti).

3. Al plur., denominazione, variamente specificata, di appartenenti a diversi istituti maschili di vita consacrata: Figli della Carità, Figli della Sacra Famiglia, ecc.

4. Figli della lupa, nome che ebbe dal 1934 (in ricordo della lupa della leggenda di Roma) l’organizzazione fascista dei più giovani (dai 6 agli 8 anni) in seno all’Opera Nazionale Balilla.

5. In fisica, denominazione generica di un membro intermedio di una famiglia radioattiva; più precisamente, nuclide proveniente dal decadimento di un altro nuclide radioattivo, il quale è detto padre.

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L’espressione Figlio di Dio si trova prevalentemente nelle religioni ebraica e cristiana.

Bibbia

Gesù Cristo è, per i cristiani, il Figlio di Dio

Il titolo «figlio di Dio» nella tradizione ebraica ha diverse valenze. Viene attribuito al popolo di Dio: “Israele è il mio figlio primogenito” (Es 4,22), Dall’Egitto ho chiamato mio figlio (Os 11,1). In forma indiretta viene espresso in Dt 14,1; 32,6.18; Is 43,6. Questo titolo è attribuito a Israele costantemente nella tradizione biblico-giudaica. Nell’orizzonte della ideologia regale il Messia, discendente del re Davide, assume un rapporto filiale con Jahvé, che viene celebrato nel Sl 2,18 :”Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato“. Il titolo «figlio di Dio» è attribuito anche agli angeli caduti: Sl 29,1; Sl 89,6-7 e Gn 6,2 “i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero..” i NeVangeli (Nuovo Testamento) Gesù si riferisce a se stesso come il figlio in quattro occorrenze: tre in Mc ed una in Mt; in Mc 12,1-12 con un discorso parabolico, in Mc13,32 ed in Mt 11,27 in maniera implicita.

Gli Evangelisti chiamano Gesù con il titolo «Figlio di Dio» numerose volte: 13 in Matteo, 6 in Marco, 8 in Luca, 33 in Giovanni. Nella lettere di s.Paolo il titolo ricorre 17 volte..

In Matteo sono chiamati figli di Dio “gli operatori di pace” Mt 5,9

  • il re
  • il Messia
  • il popolo d’Israele, quello prediletto da Dio.
  • gli angeli
  • gli operatori di pace

Vangeli

Nei Vangeli diventa un termine più specifico per indicare il Messia, inviato da Dio per portare a termine l’opera di salvezza del suo popolo. Il vangelo secondo Marco in particolare è orientato, secondo l’opinione comune degli studiosi, alla “dimostrazione” che Gesù è il “Figlio di Dio”. Vari sono i passi in cui appare l’espressione, tra cui:

  • 1,1: “Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”.
  • 3,11: “Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!»”.
  • 5,7: “e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!»”
  • 14,61: “Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?»”
  • 15,39: “Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!»”.

Soprattutto quest’ultima professione di fede, in bocca del centurione romano (pagano), è un evidente indizio dell’intenzione dell’evangelista.

Islam

Nell’islamismo si nega perentoriamente che Dio possa avere un Figlio. Si afferma che Dio è uno solo e l’idea che possa generare un Figlio di natura divina è considerata contraria al monoteismo. Gesù Cristo è considerato un profeta e così Maometto, considerato l’ultimo dei profeti mandati da Dio. Per l’islam, tutti i profeti sono esseri umani e non hanno qualità divine. Lo stesso Maometto non si definiva figlio di Dio, ma soltanto eletto

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