Armonia senza limiti

Non diciamo niente di nuovo affermando che il Suono ha potestà creative e che la Manifestazione scaturisce da una “Parola” (logos) primigenia.
La creazione del mondo è avvenuta tramite un Suono, quindi attraverso una vibrazione, un moto originato da un “corpo” vibrante (coscienza) che incidendo e propagandosi in una Sostanza ricettiva e plasmabile ha dato avvio al creato.
Questo Logos, termine che la filosofia, con qualche oscillazione di significato, definisce come “Parola”, “Discorso” e “Ragione universale”, esprime la potenza ordinante e sapiente di un’Idea che non solo si concretizza nel cosmo (“ordine”), ma che rende coeso e coerente questo stesso cosmo in virtù di relazioni interne razionali ed esatte, ovvero matematico-geometriche.
Cosmogonie e scienza, in tempi diversi e in modi diversi, hanno delineato questo percorso creativo facendo risaltare il potere “ineffabile” di quel logos di cui filosofi e mistici, nonché poeti, hanno cercato di sondare l’essenza.
La Parola crea, la Parola suscita mondi dal suo cuore ardente, la Parola accorda il canto di ciascuno e lo trasforma in un coro maestoso e concorde.

L’uso consapevole del suono, della parola, ovvero la capacità di usare la potestà creatrice del logos, è definito in Oriente col termine di Mantrika shakti, ovvero “il Verbo incarnato”, il potere o potenza occulta delle parole, dei suoni, dei numeri e delle lettere contenute in un mantra per ottenere determinati risultati e attivare una determinata energia.
L’uso “magico” delle parole è quindi la potenza del suono che piega le forme in modo che seguano la volontà del creatore.
La costruzione formale, dopo che il suono ha fecondato la sostanza, si attua mediante un processo che non ha nulla di vago o casuale, ma affonda le sue radici in una Scienza che insegna a costruire con saggezza, rispettando le leggi spaziali e sonore; una Scienza, la Scienza dell’Armonica, che l’uomo ha da apprendere ed applicare se ambisce a ricoprire il suo ruolo di co-creatore in un cosmo di entità coscienti e creative.

Analizzando in primis l’etimo della parola notiamo che Armonica ha la sua origine dalla radice indoeuropea *AR-/*OR-/*UR-, che indica movimento verso, collegamento, rapporto. In tal senso, quindi, si può parlare di un “accordo per unire”, ovvero di un movimento, di una vibrazione, che crea unità a partire da elementi dissimili, rivelando in essi la qualità unificante e, di conseguenza, facendo emergere la possibilità di tale relazione. Non a caso, Armonia, che condivide la medesima radice etimologica, richiama a quella “perfetta concordanza” che consente di immergersi nella “sinfonia del mondo” e financo delle sfere celesti.

Affidandoci al mito ricordiamo la figura di Orfeo, figlio della musa Calliope, capace, col suo canto e con la musica che scaturiva dalla sua lira, di incantare uomini, animali ed anche gli abitanti degli Inferi, mentre le fonti storiche ricordano Pitagora come colui che per primo in Occidente divulgò gli elementi di questa Scienza, le cui origini sono ben custodite dal tempo.
Pitagora parlò proprio di “musica delle sfere” alludendo alla perfetta armonia che le vibrazioni dei corpi celesti, i “Loro suoni”, diffondono nello spazio, creando quell’accordo che consente di mantenere in essere il sistema.
Bello è contemplare l’intera volta celeste e bello riconoscere l’ordine degli astri che si muovono in essa; ciò deriva dal fatto che il mondo partecipa del Primo, che è anche l’intelligibile. E il Primo, per lui, [Pitagora] era la natura del numero e della proporzione, che pervade tutte le cose e secondo la quale l’universo è armonicamente composto e convenientemente ordinato”. (1)
Così Giamblico traccia il pensiero pitagorico in merito al cosmo e aggiunge che il filosofo “era l’unico, come spiegava, in grado di udire e intendere l’armonia universale e la musica consonante delle sfere e degli astri che entro queste si muovevano. Questa armonia rende una musica più pura e più piena di quella umana, grazie al movimento dei corpi celesti, il quale è caratterizzato da suprema melodiosità ed eccezionale, multiforme bellezza. Queste ultime sono il prodotto dei suoni celesti, i quali traggono origine dalle ineguali e in vario modo tra loro differenti velocità, grandezza e posizione dei corpi, ma sono nondimeno collocati in reciproca relazione nel modo più armonioso”. (2)
Questa stessa attitudine del filosofo è testimoniata da Porfirio che sottolinea “Leniva con ritmi e parole magiche le sofferenze dell’anima e del corpo. E ciò si adattava ai suoi amici, ma egli ascoltava l’armonia dell’universo percependo l’armonia universale delle sfere e degli astri che si muovevano in esse, la quale noi non sentiamo a causa dell’inefficienza della nostra natura”. (3)

L’insegnamento di Pitagora nell’ambito musicale-matematico si intrecciava con la pratica del monocordo e sollecitava pertanto “l’ascolto”, un ascolto che riguardava tutte le strutture, logiche, matematiche, filosofiche, anche materiali, in modo da poterle valutare attraverso il loro suono.
L’utilizzo del monocordo è da intendersi soprattutto nel suo rapporto con lo Spazio: “In ultima analisi, il monocordo “esprime” una retta. Quest’ultima vive nella Realtà dello Spazio, e non ha limiti nella sua direzione. Inoltre, percorsa da una tensione infinita, è qualificata dai due punti (all’infinito) di cui è il rapporto. Questi due punti, che in effetti ne sono le Origini, trasmettono a tutti i punti della retta le loro proprie qualità. Non solo, ma anche il loro proprio ritmo. La retta – nella realtà dello Spazio – è dunque un canale di energia, ed è la più semplice espressione di un rapporto. “Attorno” alla retta, per induzione, si crea un campo, che a sua volta qualifica lo Spazio, cui trasmette il pulsare delle sue Origini. In altre parole, la retta reale, nello Spazio, suona”. (4)

Pitagora con questi esperimenti al monocordo mirava a far percepire, sempre attraverso il suono, la loro maggiore o minore “armonicità” rispetto alle Leggi del mondo e infine a valutare la “consonanza” dell’uomo con il cosmo in cui era immerso.
Da questo ascolto sapiente derivava anche la possibilità di un giudizio in merito alla Bellezza, all’Armonia e alla Verità di quanto il suono aveva fatto scaturire; l’ascolto doveva però essere davvero saggio o profondo poiché la suprema scaturigine di ogni suono è il Silenzio (il Logos trascendente) che genera ogni essere e che si esprime con quel Suono-non Suono inconoscibile eppur Reale.

Dopo Pitagora molti ripresero questo pensiero, lo corroborarono e lo arricchirono; tra questi ricordiamo Keplero che in Harmonices mundi illustra lo sviluppo della concezione del sistema solare secondo la quale i movimenti dei corpi celesti producevano una musica basata su elementi armonico-matematici; tale musica sublime non era udibile dall’orecchio umano ma intellegibile dalla mente.
In particolare Keplero si sofferma sul rapporto tra le orbite ellittiche dei pianeti e i solidi platonici, nonché sulla possibilità che le orbite, in relazione alla distanza del pianeta dal Sole e alla sua velocità, corrispondessero a precisi rapporti numerici, gli stessi rapporti che governano le leggi dell’armonia musicale.
Così afferma Keplero “…tutti questi movimenti celesti sono una canzone a molte voci eternamente meravigliosa che trascende, solo nel pensiero, e non riconoscibile delle specifiche note, la discordanza della tensione” e ancora sottolinea che il creatore ha rappresentato l’universo “attraverso un’opera musicale magistralmente strutturata”.

I rapporti numerici possono quindi essere tradotti in suoni e viceversa; ogni suono è infatti identificabile dalla sua frequenza, ossia dal numero di vibrazioni che emette nell’unità di tempo.
Su suono e numero è indispensabile riflettere a lungo e intensamente. Sono due aspetti di una stessa realtà che rimane celata. A tutta prima non sembrano una coppia di opposti, almeno non nel senso “orizzontale” del termine, non come complementari. Appaiono come due entità o due espressioni fra le quali esiste una gerarchia verticale, come anima e corpo, e tale che, per manifestarsi, non possono stare disgiunte. Qualsiasi numero è esprimibile a mezzo di un rapporto, e quindi di un suono. Qualsiasi suono a sua volta è individuabile a mezzo di un numero. Non ci sono numeri senza suono, né suoni senza numero. Vero è che un suono può scendere oltre certe sfere, dopo le quali resta immanifesto o non percepito; ma per nascere e manifestarsi gli occorre un numero. Così, già all’origine, suono e numero sono gemelli e opposti. Da queste prime, un po’ incerte considerazioni se ne trae che suono e numero siano coppia di opposti, e quindi aspetti manifesti di una realtà sintetica occulta; e come trattenersi dal prenderli a simbolo del rapporto spirito-materia? Saliti a ciò, non sembra errato insistere sul valore universale dell’Armonica, ma esteso a qualsiasi vibrazione di qualsiasi genere … “.  (5)

Questa corrispondenza tra Numero e Suono, apparentemente banale, è alle fondamenta della Scienza dell’Armonica che, in tal modo, permette di delineare e spiegare uno “spazio sonoro” gravido di possibilità giacché il suono esprime anche un Valore, una qualità psichica percepita dall’anima; l’orecchio umano è infatti in grado di riconoscere il valore di un suono registrando con fastidio le stonature. Il suono, una volta emesso, non termina il suo corso: una sua specifica proprietà, che ha rilevanze sia materiali che interiori, è quella, fintanto che perdura, di creare i suoi intervalli all’infinito (gli Armonici) secondo un ordine preciso, costante e gerarchico.
Ragione di più per connettere Numero e Suono ed esaltare la creazione secondo un progetto, una legge, un ordine che costruisce l’intelaiatura energetica della Vita.

In particolare l’Armonica mette in evidenza la rilevanza delle relazioni e dei giusti rapporti che da questa proprietà scaturiscono, richiamando le connessioni matematiche e geometriche che sottendono tali rapporti.
Intervallo significa Coscienza. Nello Spazio infinito e vivente, tutte le cariche elementari di Fuoco (i Punti) sono in reciproco rapporto con tutte le altre, e questo campo infinito di relazione è la coscienza universale, diversa da Punto a Punto, ma mai del tutto assente. Lo Spazio dunque, si pone come l’insieme degli infiniti intervalli. Ne deriva che l’ascolto dell’intervallo è una vera e propria attività della coscienza, e quanto più la si esercita, tanto più la si raffina e la si educa. In Armonica non è tanto il suono a dominare, quanto l’intervallo. Per la sua stessa natura di intermediario, esso funge da ponte, e collega fra loro le sponde di due mondi diversi: il fisico e lo spirituale. È il figlio del rapporto continuamente mutevole fra spirito e sostanza. Questa affermazione apre la porta a considerazioni pertinenti alla religione e alla filosofia, che altro non sono, a ben vedere, che campi di applicazione dell’Armonica”. (6)

Il suono crea dunque nello Spazio una vera e propria comunità, ordinata gerarchicamente, dove ogni parte è funzionale alle altre e ne è collegata da legami armonici.
Scopo ultimo è giungere all’Armonia, a quella legge universale propria sia del macrocosmo che del microcosmo, capace di farci giungere all’Essere e di realizzare il suo Proposito.

Come possiamo dunque ascoltare questo Suono, farlo sgorgare in noi e mantenerlo vivo? E come possiamo emettere a nostra volta il “nostro” suono e “accordarlo” agli altri suoni che popolano lo spazio?

Dapprima lo Yogi ode la musica delle sfere ma poi, per mezzo del cuore, entra in risonanza con quell’armonia del Mondo supremo. Ma bisogna che il cuore sia in fiamme”. (7)
“Noi invitiamo all’unione coloro che hanno già udito nel cuore la musica delle sfere. Per chi intende ogni sfera come vuota e muta il cuore non è che un sacco di sangue”. (8)
Tendete al finito, o all’infinito? (…) Le forme fisiche sono belle, ma la musica delle sfere è incomparabile. E oltre l’illuminazione sottile si apre la grandiosità del Fuoco”. (9)

Ciascuno è dunque chiamato a tenere bene tese, proprio come nel monocordo, le “corde interiori”, e non dimentichiamo che l’etimo di “cuore” ri-corda proprio una “corda”, le tanto citate “corde del cuore”, che richiamano le corde degli strumenti musicali.
Ognuno di noi deve tenere vibrante il cuore giacché ciascuno è uno strumento, un risuonatore che emette nello spazio un suono e tende a riprodurre la musica delle sfere, suo supremo modello. Di più: ogni volta che un “corpo” (una coscienza) sente il proprio suono entra in risonanza con esso ed inizia a vibrare stabilendo in tal modo una “catena sonora” che lo collega a tutte le coscienze che con-vibrano a quel Suono.

Badiamo pertanto ad emettere suoni armonici e non scomposti rumori che fanno stridere lo spazio, permettendo al caos di creare disarmonia.
“…lo Spazio risonante contenuto nel cuore è appunto il luogo di ricezione e trasmissione di tutti i segnali. Deve essere purificato e serbato in tale stato di tensione selettiva, da reagire ai più lontani messaggi e riconoscerne l’origine. Si tratta di un processo di educazione e disciplina facili a comprendersi, mediante i quali un giorno l’umanità terrestre salirà alla gloriosa coscienza del Cosmo, distillando sapere per risonanza”. (10)

Un Gruppo di uomini che tende all’Infinito, che ambisce ad ascoltare la musica delle sfere e a emettere nello Spazio il proprio suono, ha un altro “strumento” a propria disposizione, ovvero la rappresentazione formale di quello “spazio sonoro” in cui Numero, Suono, Ritmo ed Armonia si intrecciano: il Lambdoma.
Questo diagramma, già presentato in altre pagine e a cui qui solo si accenna, è un reticolo vivente nel quale ogni intervallo è frutto di un rapporto fra due entità numerico-sonore e rappresenta una coscienza che vibra nello Spazio e cerca di accordarsi al Suono primigenio, all’Uno Generatore.
Il Lambdoma è dunque un sistema vivente di rapporti il cui scopo primario è quello di operare per un progetto (Piano) di portata planetaria: “Lambdoma è parola di origine greca, dall’iniziale di LOGOS, il suono creatore, e indica uno schema grafico che ne compendia le leggi principali. Il suo aspetto geometrico è variabile ed elastico: una sinergia fra triangolo, croce e svastica. È una griglia di coordinate tonali, ma anche un crivello, un ordinatore, uno strumento di controllo utile sia al progetto sia alla verifica. Consente di trasformare la musica in figure e viceversa, collegando suono e luce. Se utilizzato a dovere aiuta a estirpare i contrasti e sprigiona armonia, ossia espurga il superficiale e rivela l’essenza”. (11)

Il Lambdoma si presta infatti anche a dare una rappresentazione del Piano, essendo la formulazione, contingente ma necessaria, di quel Piano di Amore e Luce che l’Umanità è chiamata a promuovere in Terra.

Ogni rapporto sonoro che vibra nel Lambdoma è una delle case dell’Essere e ogni uomo, da quella casa, può alzare il suo canto armonico verso lo Spazio e aggiungere il suo suono alla musica delle sfere.

Nell’armonia senza limiti sta tutta l’opera creativa dell’Universo.” (12)

 


NOTE

Questo articolo viene pubblicato per celebrare la congiunzione eliocentrica tra Venere (5° Raggio) e Giove (2° Raggio) in Pisces; i Maestri dell’Amore e della Costruzione Aurea fanno risuonare nello Spazio la loro energia radiante sollecitando le coscienze a creare secondo Amore e Luce.

01-Giamblico, La vita pitagorica, ed. Rizzoli, 1991, p. 185
02-Ibidem, p. 195
03-Porfirio, Vita di Pitagora, ed. Rusconi, 1998, p. 159
04-Enzio Savoini, Libro dell’Armonica – Prima parte, libera traduzione, riassuntiva, con commenti di Lehrbuch der Harmonik di Hans Kayser, testo inedito, 1980
05-Ibidem
06-Ibidem
07-Collana Agni Yoga, Cuore § 198
08-Ibidem, § 394
09-Collana Agni Yoga, Mondo del fuoco I § 157
10-Enzio Savoini, Libro dell’Armonica – Prima parte, libera traduzione, riassuntiva, con commenti di Lehrbuch der Harmonik di Hans Kayser, testo inedito, 1980
11-Primo Vertice, L’uomo sul pianeta e nel cielo, ed. Nuova era, 2020, p. 14
12-Collana Agni Yoga, Infinito I § 269

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