Comunicazione

Glossario – comunicazione

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino communicatio, comunicazione, scambio, derivato da communicare, mettere in comune, condividere: dalla preposizione cum, con, e munus, incarico, per cui letteralmente: “il compimento del proprio incarico insieme con altri”.

In munus si ritrova la radice indoeuropea *MA- (varianti *ME-/*MAN-/*MEDH-) che esprime l’idea di misura, rapporto, scambio.

 

 Il termine esprime pertanto l’idea di partecipazione tesa all’unità.


Treccani

 

1.a In senso ampio e generico, l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri

1.b In senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo

1.d Breve relazione su argomento letterario, scientifico, ecc., in un’accademia, durante un congresso e simili.

2. In senso più generale (determinato dallo sviluppo degli studî nell’ambito della psicologia umana e animale e nell’ambito della teoria dell’informazione), ogni processo consistente nello scambio di messaggi, attraverso un canale e secondo un codice, tra un sistema (animale, uomo, macchina, ecc.) e un altro della stessa natura o di natura diversa

2.a Nelle scienze umane e sociali (talora dette anche scienze della c.) e del comportamento, processo di trasferimento dell’informazione contenuta in un segnale, attraverso un mezzo (canale), da un sistema (promotore) a un altro (recettore): in questo senso il segnale è dotato di significato e tale da poter provocare una reazione nel recettore

3. Il mettersi o trovarsi in contatto, in collegamento con altre persone o con altri luoghi, e il mezzo stesso con cui il collegamento si effettua

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Per comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) si intende il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione da un individuo a un altro (o da un luogo a un altro), attraverso lo scambio di un messaggio elaborato secondo le regole di un determinato codice.

 

Descrizione

Studio

La comunicazione riguarda sia l’ambito quotidiano, sia l’ambito pubblicitario e delle pubbliche relazioni: in ciascuno di questi ambiti la comunicazione ha diverse finalità. Gli agenti della comunicazione possono essere persone umane, esseri viventi o entità artificiali. È colui che “riceve” il messaggio ad assegnare a questo un significato, per cui è la potenzialità creativa dell’essere umano ad assegnare significati ad ogni cosa, creando il “sistema comunicazione” con le sue due caratteristiche: l’immaginazione e la creazione di simboli. È tuttavia argomento di discussione se la comunicazione presupponga l’esistenza di coscienza, o se si tratti di un processo che può avvenire anche tra macchine. Se infatti è colui che riceve la comunicazione ad assegnare un significato, ogni “cosa” può comunicare.

Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’interazione tra soggetti diversi, detti mittente e destinatario: si tratta in altri termini di un’attività che presuppone un certo grado di cooperazione. Ogni processo comunicativo avviene in entrambe le direzioni e, secondo alcuni, non si può parlare di comunicazione là dove il flusso di segni e di informazioni sia unidirezionale. Se un soggetto può parlare a molti senza la necessità di ascoltare, siamo in presenza di una semplice trasmissione di segni o informazioni.

Nel processo comunicativo che vede coinvolti gli esseri umani ci troviamo così di fronte a due polarità: da un lato la comunicazione come atto di pura cooperazione, in cui due o più individui “costruiscono insieme” una realtà e una verità condivisa; dall’altro la pura e semplice trasmissione, unidirezionale, senza possibilità di replica, nelle varianti dell’imbonimento televisivo o dei rapporti di caserma. Nel mezzo, naturalmente, vi sono le mille diverse occasioni comunicative che tutti viviamo ogni giorno, in famiglia, a scuola, in ufficio, in città.

Modello formale del processo di comunicazione

Il processo comunicativo, secondo il modello Shannon-Weaver, si basa su alcuni elementi fondamentali:

  • il sistema (animale, uomo, macchina) che trasmette (l’emittente);
  • un canale di comunicazione, necessario per trasferire l’informazione;
  • un contesto di riferimento in cui il processo si sviluppa;
  • il contenuto della comunicazione è contenuto nel messaggio;
  • il destinatario del messaggio comunicato (il ricevente);
  • l’informazione;
  • un codice formale mediante il quale viene data una forma linguistica all’informazione, cioè viene significata.

Questi elementi sono necessari per costruire un modello della comunicazione che preveda anche due atti comunicazionali da parte dell’emittente e del ricevente: la codifica e la decodifica delle informazioni.

La caratteristica fondamentale della maggior parte dei processi di comunicazione è, però, che la presenza del ricevente non implica necessariamente l’assunzione completa dell’informazione: ciò, infatti, dipende sia dall’efficacia del canale sia, soprattutto, dal risultato dell’interpretazione (significazione inversa) del messaggio da parte del ricevente; tale risultato è fortemente influenzato dal livello di condivisione del codice, quando questo non è univoco, come spesso accade nei linguaggi estremamente complessi e, quindi, in ultima analisi, dai fattori che influenzano l’emittente ed il ricevente. Perciò, specificatamente nell’ambito delle teorie psicologiche ed etologiche ed usualmente nei modelli generali sulla comunicazione più utilizzati, si introduce il “contesto”, perché quest’ultimo influisce sui due processi di significazione (dell’emittente e del ricevente) e, quindi, costituisce in tali modelli il sesto elemento fondamentale e rappresenta uno spazio che viene condiviso da tutti i membri che comunicano.

Come si è detto, il processo comunicativo ha un’intrinseca natura bidirezionale, quindi il modello va interpretato nel senso che si ha comunicazione quando gli individui coinvolti sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi.

«I generi della retorica sono tre di numero: altrettanti sono infatti le specie di coloro che ascoltano i discorsi. il discorso consta di tre elementi: colui che parla, ciò di cui parla, colui al quale si parla. Il fine del discorso è diretto a costui – voglio dire all’ascoltatore. E necessariamente l’ascoltatore è uno spettatore o uno che decide, ed è una che decide rispetto agli avvenimenti passati o quelli futuri. In rapporto agli avvenimenti futuri è il membro dell’assemblea a decidere; riguardo a quelli passati è il giudice di tribunale; rispetto all’abilità dell’oratore, lo spettatore. Per tanto, saranno necessariamente tre i generi di discorsi retorici: deliberativo, giudiziario, epidittico.»  (Aristotele, Retorica, 384-322 a .C.)

In realtà, anche in un monologo chi parla ottiene dalla controparte un feedback continuo, anche se il messaggio non è verbale, un esempio ne è la frase: “parla quanto vuoi, io non ti ascolto”. Questo fenomeno è stato riassunto con l’assioma di Paul Watzlawick, secondo il quale, in una situazione in presenza di persone, “non si può non comunicare”: perfino in una situazione anonima, come in un vagone della metropolitana, noi emettiamo per i nostri vicini continuamente segnali non verbali (che significano pressappoco “anche se sono a pochi centimetri da te, non ti minaccio e non intendo immischiarmi nella tua sfera intima”), e i nostri compagni di viaggio accolgono il messaggio, lo confermano e lo rinforzano (“bene; lo stesso vale per me nei tuoi confronti”).

Già da questo semplice modello possiamo individuare diversi aspetti potenzialmente problematici del processo comunicativo:

Il processo di comunicazione, pur essendo formalmente cosa separata dal mezzo attraverso il quale avviene, ne è altamente influenzato: se utilizzo il codice Morse, cercherò di limitare il messaggio allo stretto necessario, se utilizzo una lettera userò un tono tendenzialmente più formale rispetto ad una telefonata. Il mezzo influenza la comunicazione, ciascuno in un modo diverso, e quindi si potranno individuare dei mezzi di comunicazione particolarmente adatti a trattare un certo argomento, ma inadatti ad un altro.
Non è detto che il gran numero di singoli messaggi, verbali e non verbali, emessi in un dato momento (vedi oltre), siano sempre congruenti tra loro. Posso dire due cose diverse con le parole e con i gesti (ad esempio dire al mio rivale in amore “lieto di conoscerti” con un’espressione del volto assai contrariata).
Non è detto che l’interpretazione del contesto all’interno del quale avviene lo scambio comunicativo sia sempre identica o congruente. Nell’aula di una scuola, il docente potrà pensare di avere uno stile partecipativo e “democratico”, mentre lo studente potrà sentirsi parte di una relazione asimmetrica e autoritaria.

Da quanto appena detto emerge chiaramente che la comunicazione non sempre “funziona”; questo dato viene confermato innumerevoli volte dalla nostra esperienza quotidiana. In situazioni particolari come i conflitti interpersonali, o anche quando sono in gioco patologie mentali la comunicazione diventa particolarmente difficile e può produrre ulteriore disagio.

Disturbi nella comunicazione

La comunicazione può essere disturbata da un rumore, cioè qualunque fattore, sia fisico che psicologico, che interrompa o ostacoli il processo. Per ovviare al problema del rumore si hanno due possibili vie da seguire:

  • la ridondanza, cioè quando l’emittente rende più comprensibile il messaggio ripetendolo in modo più chiaro o accompagnandolo con gesti ed espressioni facciali;
  • il feedback, cioè quando il ricevente restituisce l’informazione al mittente, che così può verificarla, chiedendo chiarimenti.

Rumore, ridondanza e feedback rendono la comunicazione dinamica.

Tipi di rumore

I possibili tipi di rumore che si possono presentare sono:

  • Esterno, cioè i fattori esterni al ricevente (come il rumore del treno che passa);
  • Fisiologico, cioè i fattori biologici che interferiscono con una ricezione accurata (come una malattia o la perdita temporanea dell’udito);
  • Psicologico, cioè le forze, interne a chi comunica, che interferiscono con l’abilità di esprimere o recepire un messaggio (come una preoccupazione);
  • Culturale, cioè quando la cultura dell’emittente è differente da quella del ricevente (come un messaggio in italiano inviato ad un francofono).

 

Psicologia

In senso psicologico la comunicazione vuole intendere lo scambio di stimoli e risposte (dette feedback o messaggi) tra due o più soggetti di cui una delle forme più diffuse è denominata narratività oppure narrativity. Lo stile comunicativo o “norma stilistica” adottata dal comunicatore[3], è in grado di far emergere elementi sottostanti, quali, tra quelli proposti in letteratura: le energie personali del parlante, la forma e condizione fisica, lo stato di motivazione e di attivazione (arousal) dal quale si inferisce l’importanza del messaggio per il parlante stesso, ad esempio in un discorso in pubblico, e quanto il tema trattato abbia impatto emotivo per chi lo tratta, fino, a volte, a superare la soglia di resistenza emotiva del parlante stesso e generare fenomeni esterni osservabili come il pianto, il riso, il panico, e specifici stati emotivi; la comunicazione osservabile ha quindi substrati psicologici che vanno dal piano dello stato fisico, a quello emotivo, allo stato dell’umore, sino alla personalità del parlante. La lettura di questi livelli chiede in genere un tipo di osservazione professionale. Sebbene intuitivamente si possano cogliere segnali, la raccolta sistematica di questi “segnali deboli” richiede sistemi complessi e codificati, come il “Facial Action Coding System” (F.A.C.S) di Paul Ekman e altri.

Modelli di comunicazione interpersonale

Paul Watzlawick ed i suoi colleghi, nel 1967, hanno introdotto un’importante differenza nello studio della comunicazione umana: ogni processo comunicativo tra esseri umani possiede due dimensioni distinte, il contenuto (ciò che le parole dicono) e la relazione (quello che i parlanti lasciano intendere, sia a livello verbale che non, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro).

Il modello di Friedemann Schulz von Thun: il quadrato della comunicazione.

Il modello di Friedemann Schulz von Thun: il quadrato della comunicazione.

Nel 1981, lo psicologo Friedemann Schulz von Thun, dell’Università di Amburgo, ha proposto un modello di comunicazione interpersonale che distingue quattro dimensioni diverse, nel cosiddetto “quadrato della comunicazione”:

  • Contenuto: di che cosa si tratta? (lato blu del quadrato, in alto).
  • Relazione: come definisce il rapporto con te, che cosa ti fa capire di pensare di te, colui che parla? (lato giallo, in basso).
  • Rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela, consapevolmente o meno, qualcosa di sé (lato verde, a sinistra).
  • Appello: che effetti vuole ottenere chi parla? Ciò che il parlante chiede, esplicitamente o implicitamente, alla controparte di fare, dire, pensare, sentire. (lato rosso, a destra).

Queste quattro dimensioni si possono tener presenti sia nel formulare messaggi che nell’ascolto e nell’interpretazione dei messaggi di altri; in questo secondo caso la “scuola di Amburgo” parla delle “quattro orecchie” (corrispondenti ai “quattro lati del quadrato della comunicazione”) su cui ci si può sintonizzare, ad esempio, per riuscire a “prendermela”, ad offendermi nell’ascoltare la comunicazione x, dovrò assegnare ad essa significato sintonizzandomi sull’orecchio “giallo”, quello che tende a vedere nella comunicazione degli altri il loro soppesarci, il segno cioè di quanto questi ci rispettino.

Questo modello visualizza come si sia sempre liberi di assegnare a qualsiasi comunicazione un significato oppure un altro, evidenziando così il potere di chi ascolta nel contribuire a definire la qualità di un’interazione; con un po’ di allenamento è possibile, ad esempio, sintonizzarci sull’orecchio verde, invece che su quello giallo, e chiederci, dentro di noi, di fronte ad una comunicazione che ci pare irritante: “come si sente, la persona che parla, per sentire il bisogno di parlarmi in questo modo?”

La comunicazione interpersonale, che coinvolge più persone, è basata su una relazione in cui gli interlocutori si influenzano vicendevolmente come in un circolo vizioso; essa è suddivisa in:

  • Comunicazione verbale, che avviene attraverso l’uso del linguaggio, sia scritto che orale, e che dipende da precise regole sintattiche e grammaticali;
  • Comunicazione non verbale, la quale invece avviene senza l’uso delle parole, ma attraverso canali diversificati, quali mimiche facciali, sguardi, gesti, posture;
  • Comunicazione para verbale, che riguarda tono, volume e ritmo della voce di chi parla, pause ed altre espressioni sonore (come lo schiarirsi la voce) e non (come il giocherellare con le mani con qualsiasi cosa capiti a tiro).

 

La comunicazione nelle scienze economiche

Per “comunicazione”, in senso economico, si intende uno degli elementi fondamentali del marketing mix. La comunicazione è uno degli aspetti fondamentali del marketing, ed è il mezzo attraverso il quale passano tutte le informazioni. Per “comunicazione”, in senso professionale, si intende il vasto complesso di attività lavorative che spaziano dal giornalismo, all’editoria elettronica, alla comunicazione d’impresa e al marketing, passando per la cinematografia e altro ancora. È inoltre possibile adoperare la comunicazione esterna, tra gli altri scopi, per far conoscere i servizi e i progetti dell’ente, facilitare l’accesso ai servizi, conoscere e rilevare i bisogni dell’utenza, migliorare l’efficacia e l’efficienza dei servizi, favorire i processi di sviluppo sociale, economico e culturale, accelerare la modernizzazione di apparati e servizi e svolgere azioni di sensibilizzazione e policy making.

La comunicazione esterna

Si intende come comunicazione esterna quel tipo di comunicazione che l’impresa adotta verso il suo pubblico attraverso azioni di comunicazione di massa. Essa contribuisce a costruire la percezione della qualità del servizio e costituisce un canale permanente di ascolto e verifica del livello di soddisfazione del cliente/utente, tale da consentire all’organizzazione di adeguare di volta in volta il servizio offerto. Nel marketing esistono tre strategie di comunicazione esterna che l’impresa può utilizzare:

  • Push: Vengono predisposte le condizioni affinché siano gli intermediari a suggerire il prodotto al consumatore.
  • Pull: In questo caso, è il cliente che viene spinto all’acquisto del prodotto.
  • Mista (o Twin): L’impresa investe equamente tra cliente finale e distribuzione, per la vendita del prodotto.

La comunicazione interna

La comunicazione interna è adottata dall’impresa per gestire il flusso di informazioni al suo interno. La comunicazione interna si pone come complementare e funzionale alla comunicazione esterna, dalla quale si differenzia perché veicolo principale per condividere qualsiasi tipo di messaggio, sia informativo che funzionale, da parte del pubblico interno all’ente.

Principalmente si distinguono 3 categorie:

  • Top-down: il flusso avviene dall’alto al basso, quindi dal board management ai dipendenti, e può riguardare comunicazioni di massa o destinate a una singola persona o a un gruppo/settore particolare;
  • Bottom-up: il flusso parte dal basso, quindi sono i dipendenti che trasmettono informazioni/richieste/reclami/report verso il top management;
  • A rete: è il tipo di flusso che il nuovo marketing cerca di impiantare nelle imprese, dove le informazioni vengono scambiate “alla pari” tra il management, la direzione e i dipendenti, rendendo il processo comunicativo molto più snello e semplice.

Le tre modalità hanno la particolarità di essere tutte bi-direzionali ma solo l’ultima riscuote una certa modernità poiché spinta ad eliminare una gerarchizzazione tra i membri di un ente e quindi inutili formalismi. L’efficacia della comunicazione interna dipende strettamente dalla qualità e quantità dei messaggi trasmessi e dal mezzo che si sceglie per veicolarli.

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