Convivio

(Pubblichiamo quale contributo da parte del sito Lettera e Spirito il seguente scritto della raccolta n° 38, che introduce alcuni estratti dal “Convivio” di Dante Alighieri – l’immagine è a cura della redazione TPS)


ConvivioIl Convivio di Dante Alighieri è un’opera dottrinale in lingua volgare composta di quattro trattati (ne erano previsti quindici), il primo dei quali con funzione introduttiva, e i restanti tre di commento ad altrettante canzoni.

Nel terzo trattato, di cui presentiamo qui ampi estratti, Dante commenta la canzone Amor che ne la mente mi ragiona, una lode alla donna gentile, allegoria della filosofia. Dante eleva un inno alla mente umana e alla filosofia, per mezzo della quale s’acquista la perfezione umana, vale a dire la perfezione della ragione. L’uomo per tale via è beato e appaga ogni desiderio, pur riconoscendo l’esistenza di cose “che lo intelletto nostro guardare non può, … che certissimamente si veggiono e con tutta fede si credono essere, e per quel che sono intendere noi non potemo”. L’uso della ragione (ossia l’amore per la sapienza) è la naturale espressione di quell’amore di Dio (somma Sapienza, sommo Vero) cui la nostra anima aspira. Dante passa quindi a definire l’amore nei suoi diversi gradi di manifestazione nel creato quale “unimento spirituale de l’anima e de la cosa amata”.

Il trattato si compone di quindici capitoli.

I. L’amore è descritto quale mezzo per tendere all’identificazione con ciò che si ama, come modo quindi per procedere alla propria trasformazione.

II. Dante si chiede chi e dove ragiona, cui risponde che Dio in primis e l’anima uma­na, per partecipazione alla natura divina tramite l’intelletto, ragionano nella mente.

III. Ogni cosa ha il suo amore speciale: le piante amano la loro terra, gli animali vi aggiungono l’amore per ciò che cade sotto i loro sensi, gli uomini in più amano le perfette e oneste cose, perché la vera natura umana porta ad amare la verità e le virtù.

IV. Dante descrive la sua insufficienza, come essere umano, a esprimere le realtà in­tellettuali più elevate che per loro natura sono inesprimibili.

V. La spiegazione del verso Non vede il sol, che tutto ’l mondo gira offre lo spunto per una complessa digressione cosmologica dedicata alla terra, centro dell’universo, e all’alternanza del giorno e della notte, perfezione che la mente umana non può arrivare a comprendere pienamente.

VI. Dio, origine di tutte le cose, contiene tutto nella sua intelligenza; in particolare, essendo origine dell’anima, che è principio del corpo, infonde in essa la sua natura divi­na: amare l’essenza della propria anima è quindi un mezzo per elevarsi al divino.

VII. L’azione divina è paragonata a quella del sole: la luce è una, ma ogni corpo la riceve in modo diverso (alcuni corpi essendo puri la diffondono come specchi oppure dandole il loro colore, altri non riflettono quasi nulla; l’anima umana partecipa di queste due nature, terrestre e celeste).

VIII. Dante affronta il tema dei vizi, indicando come ve ne siano di connaturati e di consuetudinari: i secondi possono scomparire, mentre i primi solo ridursi, tuttavia la conoscenza può cambiare la natura degli esseri ed eliminare anche i primi.

IX. Dopo aver definito la conoscenza “orgogliosa e dispietata”, Dante spiega come quest’affermazione non sia vera in senso assoluto, ma solo in relazione alla percezione condizionata dell’individuo (a questo proposito è portato l’esempio della stella, che è lucente, ma la cui vista può scomparire a causa della luce del sole o per la nebbia).

X. Allo stesso modo si può vedere in maniera diversa la verità; più ci si avvicina all’amata, maggiore è la passione che offusca la vista.

XI. Spiegazione del termine “filosofia”, fatto risalire a Pitagora, che indica l’amore puro e disinteressato verso ogni parte della sapienza.

XII. La filosofia è un amoroso uso della sapienza e sommamente attributo di Dio; la divina filosofia s’identifica alla divina essenza con cui s’unisce in un eterno matrimo­nio, le altre intelligenze non sono che aspetti minori di quest’amore.

XIII. Dante spiega come l’amata appartenga in primis a Dio e secondariamente, nei momenti in cui immersi nell’atto di speculazione Amore fa loro sentire la sua pace, ai rari uomini che non vivono secondo i sensi. La filosofia infonde virtù che vanno oltre la natura umana, poiché Dio vi riflette la sua luce. Quest’amore porta alla sapienza e indu­ce alla contentezza della propria condizione, che i difetti impediscono di raggiungere.

XIV. La filosofia ha per soggetto la sapienza e per forma l’amore che insieme danno vita alla speculazione. La luce nell’eterno ama la sapienza, luce talmente forte che fa quasi scomparire le altre: così i grandi filosofi rinunciarono a tutto per la conoscenza; essa porta a comportarsi in modo virtuoso senza sforzo, a ricercare le cose nascoste e il miracolo del più alto intelletto. Dalla ricerca della conoscenza nascono la buona fede, la speranza e la carità, tre virtù che portano a filosofare delle verità eterne.

XV. La filosofia è la perfezione della ragione. Non può esservi felicità vera senza sapienza, che è “specchio senza macchia della maestà di Dio”. Vi sono cose tanto elevate che l’intelletto umano non può comprendere, il che non impedisce alla sapienza di rendere l’uomo beato, poiché l’appagamento del desiderio è commisurato alla natura delle possibilità di chi desidera. La bellezza della filosofia è nell’ordine delle virtù morali, che allontanano i vizi, dà la felicità e spinge gli uomini a percorrere questo cammino; chi non vi riesce, onori almeno gli amici della conoscenza.

Non solo dottrina, quindi, ma anche metodo. La prosa dantesca, pur in uno stile luci­do e razionale, è di lettura piuttosto impegnativa. Nell’intento di risvegliare l’interesse dei lettori verso quest’opera, ci limitiamo a riportare i passi maggiormente significativi, consigliando vivamente i lettori ad approfondire il testo nella sua versione integrale.

(Per gli estratti dal “Convivio” clicca qui: 38.6.Dante-Convivio-III-1).

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