Glossario – Madre
Etimo secondo TPS
Dal latino mater. Greco méter; sanscrito mātṛ; persiano madàr; slavo mat; inglese mother, tedesco mutter. Dalla basilare radice indoeuropea *MA- che ha le varianti *ME-/*MAN-/*MED-: con finale nasale (n) o dentale (d/t): esprime essenzialmente l’idea di misura, rapporto. Madre è essenzialmente colei che mette in relazione attraverso la misura, la “misuratrice”, l’ordinatrice.
Da questa radice derivano: il sanscrito mātrā, misura; l’irlandese medh, misura; il latino modius, moggio, cioè la principale misura per il grano, e mensura, misura.
Si riconosce in molte parole: meditazione, medicina, modello, imitazione, mente, man, cioè “uomo” in tedesco e in inglese. Colpisce osservare che man, “uomo”, significa “rapporto”: è proprio questa funzione che designa l’uomo, la IV Gerarchia, il mediatore tra Cielo e Terra.
È possibile proporre in italiano una scala di parole: 1. Madre 2. Manto (della Grande Madre del Mondo), medicina, immensità (“non misura”, assenza di limiti) 3. Mantra, mese (sanscrito mansa, tempo), domani (dal latino tardo de-mane, il mattino di poi) 4. Modello, imitazione, meditazione, simmetria, moderazione, mezzo 5. Mente, matematica, commensura, mano, metro, metrica, matrice 6. Memoria, musa, mantica, comunione 7. Materia.
Rendich osserva che è il suono “m” a denotare la “misura”, il “limite” (DEC, p. 284). In “mātṛ” distingue la componente [tṛl] “colei che svolge la funzione”, [mā] “di occuparsi del mondo materiale, “madre”. Così scrive “[…] Nell’antica civiltà indoeuropea la madre ha il compito di agire tra il limite temporale della nascita e quello della morte. Ella si prende cura della vita nei suoi aspetti immanenti. […]” (Op. cit. p. 297).
Madre significa misura dell’infinito
Nel Lambdoma Generatore la definizione è: La Madre è il sacro Grembo dello Spazio (6.2)
Treccani
madre (ant. matre) s. f. [lat. mater –tris]. –
1.a. Donna che ha concepito e partorito; genitrice: m. tenera, affettuosa, amorosa; m. snaturata; amore di m.; m. di molti figli; diventare m., avere il primo figlio; ragazza m. (o anche, ma oggi poco com., m. nubile), giovane donna che ha figli senza essere sposata; generalm. senza articolo quand’è preceduto da un agg. poss. (ad eccezione di loro): mia m., tua m., sua m., nostra m., vostra m.; hai visto la loro madre? Nel vocativo è d’uso esclusivam. letter.; nell’uso com. si preferisce mamma. Locuz. più frequenti: m. di famiglia, donna che cura personalmente i figli e il buon andamento della casa; la m. è sempre m., per indicare il suo generoso amore fatto di sacrificio e di abnegazione; sono madre o sono la m., è una m., e simili, per scusare l’eccessiva indulgenza verso i figli; e viceversa, non ha cuore o non ha viscere di m., riferendosi a madre egoista o comunque scarsamente sollecita dei figli; per parte di m., di parentela per via materna. Non com., m. spirituale, la madrina che tiene a battesimo. M. nobile, nelle compagnie del teatro drammatico (dalla fine del sec. 18°), ruolo di attrice con parti relativamente importanti di donna matura e d’alta condizione, che poteva assumere l’importanza di una parte di prima attrice (gli corrispondeva il ruolo maschile di padre nobile). Regina m., titolo che si dà alla regina quando, rimasta vedova, subentra nel governo il figlio. M. di Dio, Vergine m., la Madonna, invocata anche come m. dei peccatori, m. di misericordia, di grazia, di carità, ecc. Gran Madre, epiteto (traduz. del gr. Μεγάλη μήτηρ e lat. Magna Mater) con cui nella letteratura storico-religiosa sono designate le grandi divinità femminili che si presentano come madri originarie degli dèi, e in partic. la dea Cìbele o Cibèle, il cui culto passò anticamente dai Frigi alla Grecia e dalla Grecia a Roma, diffondendosi poi in tutto l’Occidente romano; analoghe figure sono assai diffuse anche in culture extraeuropee come simbolizzazione della Terra quale elemento femminile contrapposto al Cielo, come divinità fecondatrice e, talora, come divinità creatrice dell’universo. In antropologia, il concetto di madre assume un carattere eminentemente culturale e sociale, distinto da quello di genitrice, soprattutto con riferimento a casi di madri non genitrici (per es., nell’adozione) in cui risulti preminente la funzione di cura della prole. In genetica (ma con linguaggio giornalistico), m. surrogata (dall’ingl. surrogate mother), o m. ospite, m. sostituta, m. in affitto, quella che presta il proprio utero per la gestazione di un ovulo fecondato in vitro e appartenente ad altra donna (taluni peraltro distinguono la m. surrogata, che donerebbe anche l’ovulo, dalla m. sostituta, che provvederebbe soltanto alla gestazione).
1.b. Per estens., la parola è usata anche con riferimento ad animali, spec. domestici: il micino gioca con la madre. In pollicoltura, m. artificiale, apparecchio che sostituisce la chioccia nel periodo dell’allevamento dei pulcini, costituito da una cameretta in cui si mantiene una temperatura elevata, e dalla quale i pulcini possono uscire in un reparto a temperatura più bassa, dove trovano l’alimento.
2. Titolo reverenziale che si premette ai nomi delle suore professe o di quelle che rivestono un grado o esercitano una carica nei conventi (non alle converse e alle novizie): m. Teresa; la m. badessa; anche come vocativo: mi ascolti, madre.
3. In usi fig., per mettere in rilievo un rapporto affettivo, o un rapporto di origine, di discendenza:
3.a. Donna che adempie alle funzioni di madre senza essere tale: è stata una m. per lui.
3.b. Attributo riferito, per analogia, alla Terra: la terra m. o la m. terra, la m. di tutti, la gran m. antica, la nostra m. antica (l’antica m. è anche espressione talvolta riferita a Eva, intesa come la progenitrice del genere umano); o alla natura: quella [natura] Che veramente è rea, che de’ mortali Madre è di parto e di voler matrigna (Leopardi); anche, più esplicitamente, m. natura, spesso scherz.: come m. natura l’ha fatto, nudo, o con le caratteristiche fisiche che ha dalla nascita; alla Chiesa: m. dei santi; m. dei fedeli; (la) santa m. Chiesa; alla patria: Non è questa la patria in ch’io mi fido, M. benigna e pia, Che copre l’un e l’altro mio parente? (Petrarca).
3.c. Causa, origine (soltanto con riferimento a sost. femminili): l’esperienza è m. di scienza; Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, Non la tua conversion, ma quella dote Che da te prese il primo ricco patre! (Dante).
3.d. Con valore attributivo, posposto o premesso al sost. che determina (in questo secondo caso può scriversi talvolta in una parola sola): idea m., l’affermazione più importante, fondamentale, di un’argomentazione, di una teoria, ecc.; lingua m., la lingua da cui altre derivano (per es., il latino rispetto all’italiano); m. lingua, la lingua materna (v. madrelingua); m. patria, v. madrepatria; scena m., v. scena; scheda m., in informatica, v. motherboard. Abbazia m., quella da cui sono derivate e dipendono altre abbazie; casa m., la casa religiosa di un ordine, da cui dipendono altre, e anche la casa commerciale principale in relazione alle filiali. Chiesa m., o chiesa matrice (lat. ecclesia matrix), nei primi secoli del Cristianesimo, quella da cui la predicazione evangelica si è diffusa nelle zone circonvicine; successivamente, ogni chiesa da cui sono derivate altre; in partic., nel linguaggio delle decretali, la chiesa che ha una superiorità gerarchica sulle altre (chiesa madre per eccellenza è la Chiesa di Roma, poi le chiese metropolitane e quelle vescovili).
4. Come sinon. di matrice, o con sign. affini:
4.a. Nell’uso pop., ant., utero (per es., nell’espressione mal di madre, l’isterismo, termine che etimologicamente è connesso con l’utero).
4.b. Oggetto che ne contiene un altro, o strumento che serve a dare forma particolare a un pezzo o a una serie di pezzi uguali (cfr., in partic., madreforma e madrevite); anche, la parte principale degli antichi astrolabî, costituita da un disco d’ottone circondato da un rilievo circolare che forma una cavità cilindrica (nella quale sono alloggiate le lamine) e dotato di un anello per la sospensione dello strumento.
4.c. La parte di un registro o di un blocchetto a due moduli (detto appunto a madre e figlia) che si conserva come documento per eventuali accertamenti, mentre l’altro modulo (cioè la figlia) si stacca e si consegna come ricevuta.
5. In botanica:
5.a. Sinon. di ceppaia.
5.b. Pianta m., quella, coltivata o no, che, in modi o con mezzi diversi, genera altre piante.
5.c. M. del sughero, la zona viva della corteccia secondaria della sughera, cioè la zona del fellogeno, dalla quale si forma il sughero che viene messo in commercio.
6. In citologia, cellula m., la cellula che in seguito a mitosi dà origine a due nuove cellule (che rispetto alla prima possono dirsi cellule figlie).
7. In geologia, roccia m., v. roccia (n. 1 b).
8.a. M. dell’aceto, la pellicola più o meno consistente che gli acetobatterî (Acetobacter aceti) formano sulla superficie dei liquidi in corso di acetificazione; analogam., m. del vino, velo biancastro che certi lieviti formano alla superficie di esso.
8.b Acqua m., il liquido residuo, saturo, che rimane dopo la parziale cristallizzazione del soluto presente in una data soluzione (per es., le acque madri delle saline).
9. In anatomia, dura m. e pia m., denominazioni tradizionali delle meningi che sono a contatto rispettivam. della teca cranica e rachidea e del parenchima nervoso dell’encefalo e del midollo spinale.
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Il termine madre definisce una qualunque donna genitrice di un figlio. Come significato traslato può indicare il genitore di sesso femminile di qualunque specie animale.
Nell’essere umano la figura della madre è sempre stata di fondamentale importanza perché oltre a presiedere all’accudimento primario e fisico (come nell’animale), ne influenza fondamentalmente anche l’aspetto educativo e psicologico.
Il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud ha fondato una scuola di pensiero e terapia su questo aspetto della relazione madre-figlio e sulle conseguenze patologiche che ne possono
derivare. Anche la psicoanalista svizzera Alice Miller (1923-2010) analizzava questo rapporto in molti dei suoi scritti. Tuttavia si deve a John Bowlby lo studio più importante sul sistema di attaccamento tra madre (o caregiver) e figlio, nonché alla strutturazione delle relazioni future del bambino sulla base dei Modelli Operativi Interni maturati durante le fasi dell’attaccamento. Il rapporto diadico madre-figlio è stato scoperto e studiato attraverso esperimenti sui primati dai coniugi Harlow, e ciò ha permesso di derivare la teoria secondo cui in molte specie esiste un sistema di attaccamento volto al mantenimento del genitore nelle vicinanze, al fine di ottenere protezione e cura, necessità che hanno la priorità sul solo nutrimento.
In forma vocativa, oppure colloquiale e affettuosa, si utilizza il termine “mamma”. La Festa della mamma viene festeggiata la seconda domenica di maggio.
Funzioni materne
La madre:
- È indispensabile affinché si formi l’Io del bambino e affinché quest’Io possa crescere sano e forte.
- Dà al bambino la possibilità di instaurare una relazione con il mondo. Ciò permette al neonato di acquisire le prime esperienze culturali e sociali. Per Klein M. ‹‹In tutti i miei lavori ho sottolineato l’importanza della prima relazione oggettuale del bambino – il rapporto con il seno materno e con la madre – e sono giunta alla conclusione che se questo oggetto primario, il quale viene introiettato, mette nell’Io radici abbastanza salde, viene posta una base solida per uno sviluppo soddisfacente››.
- È la fonte della sua sicurezza interiore.
- Soddisfa i bisogni primari del bambino sia per quanto riguarda gli aspetti biologici sia soprattutto per quanto riguarda gli i suoi bisogni psicologici che Levy citato da De Negri chiama “fame primaria d’amore”
Il rapporto madre – figlio
Il cattivo o il buon rapporto con la madre nasce dalle qualità presenti nel neonato e nella madre stessa, ma anche dall’aiuto e dal sostegno che questi possono avere da parte del padre del bambino e dalle due reti familiari (materna e paterna). Da questo rapporto felice o infelice possono nascere incontri e scontri, accordi e disaccordi emotivi, gratificazioni e frustrazioni per l’uno o per l’altra. Per la Klein ” È inevitabile che delusioni ed esperienze piacevoli si presentino insieme e rafforzino il conflitto innato tra amore e odio, e cioè tra gli istinti di vita e di morte; ciò porta il bambino a sentire che esiste un seno buono e uno cattivo”.
Per il bambino una madre è buona quando:
- Sa leggere nel suo animo e nel suo volto in ogni momento ciò di cui ha bisogno,:le sue necessità, i suoi desideri, le sue speranze.
- Sa soddisfare questi bisogni attivandosi in favore del piccolo nel modo più rapido, consono e opportunoSa adattarsi rapidamente alle sue caratteristiche e alle sue necessità peculiari.
- Sa attivarsi prontamente con piacere e disponibilità sia per i suoi bisogni fisici che per quelli affettivi.
- Gioca e si trastulla frequentemente con il proprio piccolo.
- Riesce a dare fiducia al suo piccolo così che questa possa essere per lui una figura di attaccamento sicuro, stabile e sereno. L’attaccamento tra la madre è il bambino, che per Bowlby J. avviene entro i primi nove mesi di vita, permette al bambino di avere una base sicura dalla quale muoversi per scoprire, esplorare e interagire con l’ambiente circostante per poi tornare verso la madre che sa infondere fiducia e serenità, specialmente all’insorgere di stanchezza e timore. È importante che si instauri un attaccamento sicuro tra la madre e il figlio poiché questo legame speciale permette al bambino di crescere sia sul piano affettivo – relazionale che sul versante cognitivo e verbale. Quando ciò non avviene, quando l’attaccamento non è stabile e sicuro (attaccamento ansioso) il bambino avrà difficoltà ad affrontare situazioni nuove, difficili o traumatiche e sarà facile preda di paure e ansie.
Etimologia
Il termine italiano “madre” deriva dall’accusativo latino matrem, che trova corrispondenze nelle lingue antiche, come nel greco antico (μήτηρ), nel sanscrito matṛ ( मातृ ), nel persiano mâd, nell’antico slavo mati e nelle lingue moderne, come in inglese mother, in tedesco mutter, in francese mère e nel portoghese mai. Secondo alcuni il termine presenta la ricorrente lettera “m” per la facilità di articolazione della stessa, che si adotta perfettamente all’apprendimento del linguaggio nei bambini. Secondo altre ipotesi il termine deriva dalla radice sanscrita mâ– “misurare”, “ordinare” da cui il concetto del lavoro materno (matṛ in sanscrito dal significato di “ordinatrice”), che mette in evidenza la funzione formatrice della madre (da qui derivano anche i termini mano, metro, mese, morale, ecc.
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