PREMESSA – Iniziamo una serie di articoli inseriti nella direzione di Lavoro Scienza nell’intento di evidenziare come la ricerca scientifica possa essere utile nel chiarire, con linguaggio analogico, fenomeni e comportamenti relativi alle sfere immateriali dell’uomo; illustrare come lo studio della materia possa non solo fornire spunto di riflessione, ma anche suggerire similitudini per il mondo spirituale. Lo scopo, ambizioso, che ci prefiggiamo, è quello di dare un piccolo contributo al “nosce te ipsum”. Osserviamo il campo della ricerca scientifica: le recenti scoperte, e in particolare quelle della fisica quantistica, portano l’uomo non solo a interrogarsi su quale sia la realtà della materia che ci circonda, ma suggeriscono altresì che noi stessi siamo parte, in modo straordinario, di tale realtà. Anzi, che siamo tutt’uno con l’oggetto osservato, al punto da essere noi stessi i costruttori medesimi dell’oggetto! Il materialismo di una scienza nata dall’Illuminismo sta ammettendo che sappiamo pochissimo della materia, non solo, ma che tutto ciò che vediamo non è nient’altro che effetto visibile di una “realtà” invisibile. L’Universo è da noi conosciuto solo per un misero 4%: il resto sarebbe costituito da materia ed energia “oscura”, che sarebbe meglio definire “trasparente” dato che non è visibile in alcun campo della radiazione elettromagnetica. Non si tratta di novità per le filosofie orientali, ma è da sottolineare come la cultura occidentale ci arrivi per nuove vie. Sono molti gli scienziati le cui intuizioni illuminano le scoperte scientifiche di ispirazioni e aperture spirituali.
Poiché il campo della ricerca scientifica è molto vasto e sfaccettato, abbiamo pensato di unire le competenze di chi per professione e/o per ricerca personale ha affrontato argomenti scientifici da differenti angolazioni; il tentativo è quello di coordinare e comporre le note musicali di tre diversi strumenti per ottenere un’armonia più completa e gradevole, più ricca e profonda. Pertanto questi articoli presentano contributi di carattere psicologico-neuroscientifico, di carattere biologico e di scienze naturali e di carattere fisico-ingegneristico che, di volta in volta, permettono, nei limiti delle nostre capacità, di proiettare luce da differenti angolazioni su singoli argomenti.
QUANTE REALTÀ? UNA, NESSUNA, CENTOMILA.
APPUNTI SUL SISTEMA PERCETTIVO – Prima parte
Il SISTEMA PERCETTIVO dell’uomo consiste in un apparato composto da molti centri che, in stretta collaborazione fra di loro, permettono all’uomo stesso di avere consapevolezza della realtà esterna. Partecipano a questa funzione, determinante per la sopravvivenza, tutti gli organi di senso e naturalmente il cervello che ne elabora i segnali fisiologici.
Questo articolo si sofferma sulla PERCEZIONE VISIVA e fa riferimento al documento pubblicato con il medesimo titolo (vedi: 2018-1 – QUANTE REALTA’ [prima parte]).
La PERCEZIONE VISIVA, che inizia con l’attività dell’OCCHIO, trova nel CERVELLO una area molto estesa della CORTECCIA CEREBRALE, in ossequio alla regola dell’“area in proporzione all’importanza della funzione”.
L’organo di senso – OCCHIO – si potrebbe definire un Mercurio, un “messaggero degli dei” che riporta all’uomo informazioni relative ad una realtà esterna difficile da decodificare nel profondo. Già nei tempi antichi i filosofi greci asserivano che la “realtà ultima delle cose “era inconoscibile. Da un punto di vista più fisico l’occhio è una macchina fotografica che riceve e proietta all’interno (sulla retina) i raggi luminosi riflessi dagli oggetti esterni. L’occhio non riflette la REALTÀ delle cose, ma soltanto la loro APPARENZA ESTERIORE: vedo il fenomeno, ma mi sfugge il noumeno. Non solo, il fenomeno è a me visibile solo quando è illuminato dalla luce; ne consegue che l’aspetto degli oggetti cambia, anche fortemente, al variare, sia in quantità, sia in qualità, della luce; per esempio, di giorno vedo distintamente contorni e colori, mentre di notte “tutti i gatti sono bigi”, e non sono nemmeno sicuro siano dei gatti. Per il mio sistema visivo quindi, variando le caratteristiche della luce, varia anche la “realtà” percepita. Tante luci diverse mi producono (mi fanno apparire) tante realtà differenti di un medesimo oggetto.
Basterebbero queste osservazioni per rispondere alla domanda del titolo: QUANTE REALTÀ? E la risposta potrebbe essere: NESSUNA, poiché nessuna realtà che colpisca i miei sensi può essere considerata l’unica vera, la sola reale; ma potrebbe anche essere: CENTOMILA, poiché tante sarebbero le “realtà” che mi appaiono quando illumino gli oggetti con centomila qualità diverse di luce. Per prendere visione di alcune esemplificazioni si veda il documento citato.
La retina dell’occhio trasforma i raggi luminosi (fotoni riflessi dagli oggetti esterni) in segnali elettrici e li invia al CERVELLO: qui, dopo essere stati suddivisi, smistati (corpo calloso) e parzialmente elaborati (nucleo genicolato laterale) i segnali elettrici vengono distribuiti su molte aree differenti della corteccia cerebrale temporale (dall’ area visiva V1 all’area visiva V7) come singoli “pixel” sparpagliati sui due emisferi.
Sulla base di correnti elettriche (ricavate da segnali superficiali e incompleti) il CERVELLO effettua una riproduzione interna di quanto c’è fuori, un simulacro a immagine e somiglianza della “cosa” esterna. Nel cervello viene così costruita un’immagine sorprendentemente unitaria, da cui origina la consapevolezza di osservare “quella” cosa. Come si passi dall’attivazione elettrica di miriadi di neuroni (materia fisica) all’evento psichico della consapevolezza nella mente (immateriale) resta un mistero che l’attuale scienza non sa risolvere. Si avverte l’eco del mito platonico dell’uomo bloccato sul fondo della caverna che non può conoscere il Mondo delle Idee, ma ne coglie l’esistenza solo dall’ombra, da un suo aspetto esteriore.
È ancora da osservare che, per giungere alla costruzione della immagine interiore, tutte le aree del cervello elaborano i segnali, in arrivo dagli occhi, ciascuna secondo la propria specializzazione, quindi scambiano vicendevolmente i risultati del proprio lavoro in costante e continua collaborazione: tutti sanno tutto in totale trasparenza; è il perfetto lavoro di gruppo dove ciascuno coopera con gli altri.
La costruzione di tale immagine interna (che ha in comune con la realtà esterna solamente le apparenze esteriori, fenomeniche), è risultata, nel percorso evolutivo, così valida ed efficace da permettere all’uomo di popolare tutto il pianeta, dai ghiacci del Polo ai deserti del Sahara; unica specie animale sulla Terra ad esserci riuscita. E ad andare sulla Luna. E tornare!
I limiti o la pochezza dello strumento non hanno mai impedito all’artista di produrre opere d’arte. Lo scalpello di Michelangelo, il pennello di Leonardo, le penna d’oca di Dante o di Vivaldi, guidati dall’Armonia e dalla Bellezza sono riusciti a stupire tutta l’umanità toccando il cuore di ciascun uomo.
Possiamo chiederci quale Artista ci sia dietro lo strumento, che noi utilizziamo per lo più incoscientemente, del nostro Sistema Percettivo.
Dobbiamo riconoscere che la capacità di operare con IMMAGINI MENTALI è stata innescata nell’uomo, e successivamente molto potenziata, dallo sviluppo della CORTECCIA CEREBRALE che lo ha contraddistinto dai primati originari. Oggi l’Homo sapiens sapiens (con un volume cervello di oltre tre volte superiore a quello dell’Australopithecus afarensis) dimostra di utilizzare continuamente IMMAGINI MENTALI ASTRATTE (non derivate cioè da stimoli sensoriali, bensì da pensieri, ragionamenti, intuizioni, idee) per fare progetti, inventare nuovi dispositivi, produrre opere d’arte in tutti i campi, predisporre le condizioni per il futuro. La facoltà di vedere lontano non appartiene solo all’uomo; molti animali hanno occhi simili ai nostri e in alcuni casi possono addirittura vantare qualità in più: per esempio vedere nell’ultravioletto (api, uccelli, ecc.), vedere nell’infrarosso (serpenti), mettere a fuoco oggetti lontani con il meccanismo del teleobiettivo (rapaci)…, ma la differenza che qualifica l’animale uomo è proprio la capacità di creare e utilizzare IMMAGINI MENTALI ASTRATTE. Grazie a questa caratteristica si potrebbe dire che nell’uomo la capacità di vedere nello Spazio si è accompagnata alla capacità di vedere nel Tempo. E questo ci ricorda un po’ Albert Einstein.
L’attività del cervello nell’elaborare un’immagine mentale coinvolge costantemente la memoria.
[A questo proposito vedi in coda all’articolo la riflessione “INFORMAZIONE, COMUNICAZIONE E MEMORIA” ricavata dal campo della psicologia e delle neuroscienze].
I ricordi che le esperienze passate hanno depositato nell’archivio del cervello sono immediatamente confrontati con l’immagine in arrivo dagli occhi. Nell’interpretazione del nuovo viene sempre utilizzata la scorciatoia: ”Ho già visto una cosa simile?” e questo in ossequio alla regola del minimo dispendio di energia. Il cervello fornisce la spiegazione finale grazie a un immediato confronto con quanto memorizzato in precedenza nella vita. Risulta evidente che ogni persona ha avuto una vita differente da quella di ogni altro: ha maturato esperienze differenti, cultura differente, incontri differenti … da cui memorie assolutamente personali e uniche. Dunque nell’interpretazione della realtà esterna le memorie personali giocano un ruolo determinante. Di qui nasce la differenza delle opinioni personali, dei punti di vista personali, delle differenze di valutazione di un medesimo evento.
Ecco perché può essere valida anche la terza risposta alla domanda iniziale: “Quante realtà?”: UNA, una sola, la MIA. In quanto decido il mio comportamento sulla base della mia interpretazione. Che può (deve) essere modificata, migliorata, cambiata dal confronto con le interpretazioni altrui, ogni volta che le valuto più comprensive e meno separative. Cioè più valide perché più ampie.
Quando di notte apro gli occhi sul cielo stellato, all’istante vedo una stella infinitamente lontana. Posso sapere, oppure no, che il fotone misurato dagli scienziati viaggi a 300 mila km al secondo; ma in entrambi i casi resta l’emozione di contemplare l’Infinito, di poter sondare una illimitatezza spaziale che la mia minuscola materialità fisica parrebbe escludere. Grazie a un sistema percettivo costituito da pochissimo materiale organico (facilmente deperibile) la mia unicità è in contatto con un cosmo praticamente infinito. L’Uno e l’Infinito uniti senza separazione nella reciproca contemplazione.
Gli scienziati sostengono che l’Universo abbia una dimensione di 13,8 miliardi di anni luce, ma anche che si espanda alla velocità delle luce. Per cui è del tutto inutile stabilire una dimensione. In ogni caso nel confronto con il minuscolo fotorecettore della mia piccola retina, colpito da un fotone ancora più piccolo, l’Universo appare sicuramente come l’Infinto. E così possiamo constatare che nell’Infinito non esistono separazioni.
Ecco che il nostro SISTEMA PERCETTIVO ci ha permesso di elaborare immagini mentali.
Si spera interessanti o anche solo curiose, se non utili.
“INFORMAZIONE, COMUNICAZIONE E MEMORIA”- Una riflessione dal campo della psicologia e delle neuroscienze.
Noi viviamo immersi nell’informazione, tutto ciò che esiste è energia organizzata che produce informazione (dal latino, informare = dare forma, mettere ordine). L’informazione è un’ energia strutturata che comunica qualche cosa di sé. È la nuova visione per comprendere la vita e il mondo come “flusso coerente di informazione”, interazioni vibratorie che oscillano tra instabilità e stabilità, accumunate da uno scopo: aumentare la quantità e la qualità dei messaggi e farle sentire parti integranti ed interconnesse al nostro pianeta e all‘intero universo.
Tutta la realtà è basata su questo assioma per comprendere la vita.
Tutto è energia, comunicazione e memoria.
Le parole sono vibrazioni, ritmi che risuonano in noi solo se presenti già dentro di noi.
Queste rappresentazioni virtuali influenzano la mente ed il corpo dell’essere umano.
Non è importante la realtà oggettiva, come ben descritto precedentemente, ma come essa stessa ci appare attraverso i nostri filtri percettivi individuali. Non è tanto importante l’evento in sé, ma come viene vissuto, cioè interpretato. Ognuno percepisce la propria realtà attraverso il filtro delle proprie credenze, del suo assetto cognitivo appunto, fatto anche di memorie e di vissuti. Dalla sintesi tra ciò che è percepito e interpretato, quindi immaginato, nasce la lettura finale dell’evento.
Ogni essere umano è “memoria”. Memoria filogenetica, che porta in sé il lungo cammino dell’evoluzione della vita sul pianeta, e memoria ontogenetica, relativa alla singola persona vivente. Gli studi psicologici, da tempo integrati alle neuroscienze, ci vengono in aiuto, per ampliare la mappa delle nostre conoscenze.
Sappiamo che la maggior parte della sofferenza umana è anche il risultato dell’interpretazione soggettiva, inquinata da condizionamenti, errori cognitivi, vissuti personali ecc.
Le ricerche scientifiche eseguite con E.E.G. computerizzati (mappe celebrali mediante elettroencefalogrammi) dimostrano che prima che un soggetto abbia intenzione cosciente di fare qualche cosa, per esempio muoversi, si registra già un’ impennata di attività celebrale. Il tempo di latenza tra l’intenzione e il movimento è di 1/5 di secondo, intervallo di tempo prima che l’azione abbia inizio, ma addirittura, un incremento di attività celebrale appare inequivocabilmente 1/3 di secondo prima dell’intenzione. Questo esperimento prova che l’intenzione viene dall’inconscio e solo successivamente entra nella consapevolezza conscia. Molti autori considerano l’inconscio come un computer, capace di immagazzinare in modo asettico milioni di miliardi di informazioni funzionali all’esistenza. Quando però l’essere umano non è ancora individuato, né integrato (personalità integrata) diventa vittima incosciente delle proprie memorie. Molte sono le strade che aiutano l’uomo a realizzare il risveglio di sé, a raggiungere l’integrazione della personalità, e ancora la sua unione con il Sé superiore, ma questo diventerà eventualmente oggetto di altri articoli. Per ora possiamo riflettere sul fatto che la memoria è un complesso processo cognitivo, in buona parte inconscio. La memoria emerge spesso, nostro malgrado, attraverso il processo del pensare. I pensieri a nostra insaputa imbrattano la mente che diviene così ingombra e allora, spesso, ci lasciamo pensare. Arrestare questo processo è possibile. Sappiamo che il divino, il mondo transpersonale, invia continuamente messaggi, ma noi non abbiamo più spazio per riceverli.
Diventa importante così creare spazio, svuotare la mente dalla bulimia di informazioni e, nel silenzio, imparare a diventare ricettivi, responsivi, capaci di entrare nella dimensione dell’ispirazione. Molti scienziati, filosofi, poeti hanno avuto accesso all’ispirazione e potuto così produrre opere meravigliose. Quindi è possibile. Vogliamo provarci?
Nota: Questo articolo viene pubblicato mentre il Sole apparente transita nel quinto settore del Segno di Aquarius, che trasmette il quinto Raggio creativo, correlato alla mente ed alla Scienza.
Bellissimo