Diventare “scienziati” è una meta apparentemente poco verosimile, ma che in realtà ciascuno di noi è chiamato a realizzare; è quel cammino che presuppone il pieno uso del principio mentale, squisitamente umano, secondo i suoi aspetti analitico e sintetico. Tale percorso, iniziato millenni orsono, vede come oggetto di ricerca non tanto gli oggetti materiali che ci circondano, quanto le Leggi generali che regolano la loro esistenza e il loro manifestarsi ai nostri sensi.
Secondo Platone, infatti, la scienza ha come oggetto il Mondo intelligibile, le Essenze (Eidos) che sono le realtà vere, ciò che esiste in sé, l’Essere; il mondo sensibile, al contrario, è il regno dell’essere relativo e ha come strumento di conoscenza l’opinione (doxa), che ci fornisce solo un’immagine, spesso distorta e parziale, di tali Realtà assolute. Si passa dall’opinione alla scienza, ovvero dal relativo all’assoluto, dal reale al Reale, attraverso l’uso superiore della mente, non più ancorato al sensibile ma capace di cogliere le trame dell’essere sotto la coltre dell’apparente.
“La pseudo-scienza impedisce di conoscere l’Universo. Non si può limitare il pensiero alle concezioni meccanicistiche. Anche le migliori menti matematiche hanno riconosciuto la presenza di qualcosa che trascende le formule. Ma i mediocri non fanno voli di pensiero e nella loro stupidità preferiscono andare a sbattere contro un muro piuttosto che guardare in alto.” (1)
Negli scorsi articoli abbiamo cercato di tratteggiare a grandi linee il percorso intellettuale che ha portato a definire il concetto di Spazio e di Luce, mettendo parallelamente in evidenza quanto l’Insegnamento esoterico afferma a riguardo; in questo appuntamento rivolgeremo la nostra attenzione al Tempo, “croce e delizia” di uno stuolo di filosofi e scienziati.
Tutti ricordiamo l’appassionante paradosso di Zenone di Elea che, intuendo la stretta relazione tra spazio, moto e tempo, impediva al prode Achille di vincere in corsa la prudente tartaruga che sempre rimaneva dinnanzi a lui; così come ricordiamo le parole di Sant’Agostino che, sollecitato a definire il concetto di tempo, nelle Confessioni affermava “Se nessuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so”.
Altrettanto famosa è la posizione di Immanuel Kant che nella prima parte della Critica della ragion pura ridefinisce i concetti di spazio e tempo attribuendo loro lo status di “forme a priori”, “intuizioni pure” della sensibilità umana, “forme” che condizionano la nostra esperienza in quanto tutto ciò che viene esperito lo è solo all’interno di una griglia spazio-temporale; ciò significa che spazio e tempo sono le “condizioni a priori” della nostra esperienza.
La scienza ufficiale si è occupata del problema del tempo fin dagli esordi, imbattendosi nelle stesse difficoltà che si erano andate prospettando per la filosofia: il tempo è visto, di volta in volta, come “tempo assoluto” (che scorre indipendentemente da eventi e da percezioni), come “tempo relativo” (inerente l’esperienza e misurabile da strumenti meccanici), come “spazio-tempo” (ovvero dimensioni del reale che possiamo percepire).
Fuori dal dibattito accademico il tempo è considerato come quel concetto che consente, data una successione di eventi, di riconoscere quale si verifichi prima e quale dopo; il tempo, come ben sappiamo, è considerato una grandezza fisica e come tale è misurabile tramite strumenti e messo in relazione con altre grandezze (soprattutto lo spazio e il moto).
Accanto ad una visione lineare del tempo, introdotta in ambito biblico e coranico e normalmente accreditata, fin dall’antichità viene elaborata una visione ciclica del tempo: nel primo caso il tempo è visto come una retta che ha avuto un inizio e che procede verso una fine (per quanto lontana o sfociante nell’eternità), mentre nel secondo caso si viene configurato un flusso di eventi che ciclicamente ricompone la propria integrità ad una voluta superiore, forte dell’esperienza che nei cicli precedenti si è andata acquisendo.
Un filo rosso lega Eraclito, che per primo pone l’attenzione sulla ciclicità del cosmo e sul divenire che prepotentemente trasporta ogni cosa nel suo flusso eterno (panta rei, ovvero “tutto scorre”) a Nietzsche che riprende questa suggestione proponendo la teoria dell’eterno ritorno, per cui l’universo muore e rinasce secondo cicli che si susseguono per l’eternità. «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!” (2)
Il tempo, inoltre, è stato considerato sia dal punto di vista quantitativo (Chronos), soggetto a misurazione matematica, sia dal punto di vista qualitativo (Kairos), ovvero come aspetto di coscienza, forma archetipica, elemento chiave delle nostre scelte di vita. Da quest’ultima visione “analogica” del tempo sono scaturite le moderne teorie della “sincronicità” sia in ambito psicologico (la psicologia analitica di Jung), sia in ambito più squisitamente fisico (il paradosso dell’entanglement nella fisica quantistica).
Ma cos’è veramente il Tempo?
Una condizione assoluta del reale o una condizione transitoria della nostra mente? Un fenomeno, uno stato della materia e un’invenzione della coscienza?
L’Insegnamento esoterico offre, come nel caso dello Spazio e ella Luce, una sua chiara indicazione: il tempo per come lo concepiamo è l’apparenza formale, suddivisa in frammenti più o meno grandi, di un Ciclo evolutivo che si dispiega a spirale nell’Infinito.
“Ogni ciclo di vita si sviluppa nel Ciclo illimitato del Cosmo”. (3)
“Nell’Infinito, ossia nell’eterno presente, non sussistono quantità, grandezze e distanze; sono reali invece le direzioni, che orientano e collegano tutte le entità spaziali. Del pari non vi esiste tempo: prima e dopo perdono, nell’Infinito, ogni significato. Sono invece reali e attivi i cicli, ritmici e qualificati, creati dalla vita pulsante del Sistema solare”. (4)
“Il ciclo è … quel congegno sovramundano che tramuta secondo regola l’essere nel divenire, e riconsegna il risultato (la dilatazione della coscienza) all’essere originario”. (5)
Il concetto di Ciclo, pertanto, sostituisce quello di tempo: “La differenza fra ciclo e tempo è abissale. Il tempo non ha qualità, non è creativo, non ha origine, è senza scopo: non è un’entità. E’ un puro nulla. Al contrario, il ciclo è il vero creatore storico dell’esistenza formale, e ciò dipende dalla collezione di quelle quattro discontinuità che, magicamente, lo costruiscono”. (6)
“Il futuro si manifesta tramite una successione di cicli naturali, causa di progresso; ciò presuppone lo svolgersi di un Piano, che a sua volta segnala l’attività di un’Intelligenza superiore”. (7)
Le varie concezioni del tempo sono dunque ricomposte nel concetto di ciclo che le sintetizza nell’immagine di una “spirale di Luce” che, nell’Infinito, costruisce voluta dopo voluta le forme adeguate all’evoluzione, consentendo che si sviluppino, maturino e quindi decadano secondo il Piano intelligente che muove ed anima l’universo.
“Il tempo, così grave fardello per l’umanità, è individuabile come il fulgido potere motorio della spirale creativa. Gli uomini temono il tempo, perché rovina le loro strutture, a causa della loro propria aritmia. La bellezza della tensione spirale sarà il fondamento di qualsiasi opera innovatrice”. (8)
Anche gli impulsi energetici adeguati al passo evolutivo vengono ciclicamente “accesi” nello spazio: a questo proposito ricordiamo che in questo periodo il Sole/Vulcano si trova a transitare nel quinto settore di Sagittarius, irradiando nello spazio il 5° Raggio di cui il Segno zodiacale è veicolo. L’impulso alla ricerca e lo slancio direzionato di cui Sagittarius si fa portatore sono connessi al periodico svelarsi di una meta alla coscienza umana, così come indicato dal dettato del Segno zodiacale “Vedo la Meta. La raggiungo e ne vedo un’altra”.
Con questa aspirazione nel cuore si procede verso l’infinito, incuranti del tempo necessario a raggiungerlo, giacché nell’infinito tutto è “qui ed ora”.
“L’autentico sapere umano sarà sempre in armonia con l’Unica Verità. Tutti gli sviluppi umani sono da raffrontare con l’insegnamento di Luce, ed è bene quando la conoscenza segue l’unica Verità possibile. Ma per farlo occorre continuamente saggiare le azioni umane con i Principi fondamentali. Certo la scienza genuina non può contraddire le leggi immutabili, quindi le Tavole dei Principi devono essere sempre presenti nella mente e nel cuore quando si compiono nuove ricerche. Ne verrà un entusiasmo invincibile per lo studioso che, senza egoismo, prosegua con serietà le sue indagini per il bene del genere umano. Egli percepirà le onde di Luce e scoprirà energie nuove fra le vibrazioni. Il Fuoco, il grande Agni, è il Custode manifesto dell’Ineffabile. La Luce attrae, e chi vi penetra non torna indietro. Chi mai vorrebbe ridiscendere nelle tenebre?”. (9)
Note
1- Collezione Agni Yoga. Mondo del Fuoco I, § 573, ed. Nuova era, 1979
2- Nietzsche, La gaia scienza, 1882
3- Collezione Agni Yoga. Infinito II, § 391, ed. Nuova era, 1979
4- Enzio Savoini, Dispense del 3° Settennio. Allestire un Piano, scritto inedito, gennaio 2001
5- Ibidem
6- Enzio Savoini, Dispense del 3° Settennio. Teoria della luce I e II, scritto inedito, settembre-novembre 2001
7- Enzio Savoini, Dispense del 3° Settennio. Costruire il Futuro, scritto inedito, marzo 2002
8- Collezione Agni Yoga. Infinito I, § 114, ed. Nuova era, 1979
9- Collezione Agni Yoga. Mondo del Fuoco I, § 666, ed. Nuova era, 1979