In questa giornata, dal punto di vista della coscienza terrestre, il Sole accende il centro di Sagittarius facendone scaturire scintille di Armonia che sospingono, magneticamente, verso il Centro.
La freccia di Sagittarius è puntata verso il Centro; non solo indica, astronomicamente, il Centro della Galassia, luogo del Mistero e dei Misteri, ma, per analogia, addita quel bersaglio, invisibile ed immanifesto, che rappresenta il Centro della nostra coscienza.
La coscienza focalizzata verso la meta intravista è l’energia che informa il Segno di Sagittarius e l’aspirazione ardente che muove le coscienze conduce ad un orientamento verso la ricomposizione dell’unità.
La suprema sapienza (Sophia) di Sagittarius sta proprio nella nell’arte di divenire Uno: uomo, arco e freccia si tendono all’unisono e, mentre la freccia vola verso il bersaglio, si è già Uno col Centro.
Come ben sapeva l’autore del celeberrimo testo “Lo zen e il tiro con l’arco” (1) prima si consegue l’Unità e quindi si scocca la freccia; non c’è freccia che giunga al Centro del bersaglio se prima lo spirito non ha realizzato la Maestria, l’unità fondamentale tra Inizio e Fine.
“La freccia scoccata mette in gioco tutta la vita dell’arciere ed il bersaglio da colpire è l’arciere stesso”; e ancora “Sono io che tendo l’arco, o è l’arco che trae alla massima tensione? Sono io che colpisco il bersaglio o è il bersaglio che colpisce me? Quel “si” è spiritale agli occhi del corpo e corporeo agli occhi dello spirito – è ambedue le cose o nessuna delle due? Tutto questo, arco, freccia, bersaglio e Io si intrecciano tra loro in modo che non so più separarli. E persino il bisogno di separarli è scomparso. Perché non appena tendo l’arco e tiro, tutto diventa così chiaro e naturale e così ridicolmente semplice…”.
Questa condizione è un’Arte, ovvero quella suprema pienezza dell’essere che non pone distinzioni tra sé e non-sé, tra essere e divenire, tra centro e periferia, ma tutto ricongiunge in una perfetta ed armonica unità superiore.
La freccia si proietta, in uno slancio dinamico, verso quello che pare il suo destino, ovvero raggiungere il bersaglio nel punto più intimo; nel far questo traccia le linee del divenire che si coagulano in spazio e tempo, perle della collana dell’esperienza umana.
Il bersaglio, al contrario, appare immoto nella sua assoluta saldezza e attende, o pare attendere, la freccia che lo colpirà con quella irradiante fermezza che è l’immagine dell’essere.
Eppure, al di là delle apparenze, freccia e bersaglio sono un tutt’uno e l’Arte di connettere essere e divenire, come tutti gli opposti, è quella consapevole “presenza” della coscienza che talora si manifesta sotto forma di poesie, dipinti, formule matematiche e sonate per violino ed orchestra, ma che altrettanto spesso, come suprema Maestria, si palesa nel sereno nitore della coscienza che ha compreso come “traversare la vita” (2), lanciandosi verso l’infinito come freccia e saldamente rimanendo nell’assoluto come bersaglio.
In questa luce sagittariana ci apprestiamo dunque ad imparare l’Arte di vivere, ad imparare ad “agire senza agire”, ad imparare a lasciar trasparire l’Essere dal Centro del nostro essere.
Più volte l’Insegnamento richiama l’attenzione su questa maestria, ricordando che la vita ci chiede in primo luogo di vivere e di connettere ogni gesto, ogni emozione, ogni pensiero in quell’unità di intenti che chiamiamo Meta.
Note:
1- Eugen Herrigel, Lo zen e il tiro con l’arco, Adelphi, 1975
2- Collezione Agni Yoga, Foglie del giardino di Morya. Appello, Nuova era, 1973. La citazione completa è la seguente: “Ti chiederanno come si traversa la vita. Rispondi: come un abisso, su una corda tesa. In bellezza, con cautela, e oscillando”.
La misura del Potere dipende dal grado di Comunione conseguito. Dalla regione elevata e rarefatta lanciare lampi o frecce di volontà spirituale: è l’uso della Potenza.
E’ come unire centro e circonferenza, ossia il cuore al cielo passando per l’orizzonte.
Rito semplice e segreto, la maestria dell’arte di vivere.
Marilù