(Estratti da “Armonica”, 1980, testo inedito di E. Savoini):
“Queste due espressioni d’una stessa realtà sono l’inizio, la via e il metodo dell’Armonica. Nel suono coesistono valore e numero. Come numero, il suono può essere misurato (vibrazioni, lunghezze); come valore è percepito dall’animo. L’acutezza di un suono può essere misurata raffrontandola alle vibrazioni di un altro suono stabilito come campione, ma si può anche riconoscerla con l’udito.
Qui si congiungono mirabilmente una grandezza materiale (numero delle vibrazioni nell’unità di tempo) e una forma percettiva (il suono).
La base esatta e naturale del suono come numero consente lo sviluppo di una scienza Armonica.
E’ fuor di dubbio che l’aspetto numerico del suono è un dato di fatto, materiale: la percezione sonora, cioè il giudizio di un valore di suono, è invece psichico, e lo si deve ascrivere al regno spirituale. Ma, come ovunque nell’Armonica, non sono indispensabili definizioni rigide, ma piuttosto la corretta penetrazione del fenomeno. Chi studia può, fermo restando il concetto, coniare le sue proprie definizioni.
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Con suono non si intende un rumore qualsiasi, ma un suono percepito dall’udito come puro e di profondità, o altezza, costante. Per queste indagini d’armonia non importano il timbro e la forza del suono, quanto semplicemente la sua altezza o profondità: ciò appunto che di un rumore fa un suono, cioè una distinta individualità sonora.
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Per le espressioni numeriche, ci serviamo del sistema decimale, anche se ai fini di un’Armonica futura sarà bene provvedere un’espressione numerale basata su concetti morfologici (direzioni sonore). Anche per la notazione dei valori sonori adottiamo, provvisoriamente, la comune scala musicale diatonica a sette note, o quella cromatica, a dodici, e le loro varianti. Ma si dovrà pensare, per una costruzione più ampia, a una notazione autonoma.
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Il termine “armonico” deriva dal greco α’ρηονιχοζ ‘, che significa sia armonico che esperto di armonia. Il sostantivo α’ρηονια significa, all’origine, disposizione, legame, ordine, concordanza, proporzione, stile.
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Nel suono è dunque presente “a priori” una sintesi fra oggetto e valore, materia e spirito, fuori e dentro, il mondo e l’io.
E questo è anche il problema fondamentale delle filosofie di tutti i tempi.
Considerazioni Ektipiche
Le considerazioni di Kaiser non sono applicabili al suono soltanto. In effetti, ovunque coesistono numero e valore, le leggi dell’Armonia presiedono. Ciò è vero, come appare subito, per la luce, ad esempio (numero delle vibrazioni; colore inteso come espressione di un valore) e, cosa estremamente importante, anche per il pensiero. Anche in questo infatti coesistono vibrazione e valore, cioè forma e contenuto.
Se si vuole salire a concezioni universali, è bene dunque estendere il concetto di “suono” a insiemi e realtà molto più vaste che d’ordinario si faccia; e anche qui traspare l’impossibilità di trattenere un concetto in vincoli, grandi o ristretti che siano: poiché l’Infinito non consente che nessuna sua porzione sia limitata.
Vero è che – per la luce e il pensiero, esempi sopra citati – non si rintracciano sperimentalmente le serie di armoniche naturali; ma non possiamo che avanzare queste ipotesi come logiche, anche se in attesa di prova. Del resto, numerose applicazioni, in vari campi, che l’Autore indicherà nella Sua opera, sottintendono proprio questo assunto. Crescita e forma delle piante e dei cristalli, moti planetari, rapporti armonici nelle costruzioni e nell’arte in genere, male si spiegherebbero con l’idea consueta di suono. Il K. introdurrà, per questo motivo fondamentale, l’idea di “figura di suono”.
Ecco, in tutto ciò, un esempio del beneficio di non definire rigidamente. Lasciamo senza muri di cinta l’idea di Suono. Che la Luce sia suono, che il pensiero sia suono, e la vita stessa lo sia!
Numero più valore, ecco la formula semplice di ciò che è oggetto e dominio dell’Armonica.
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Oggi si crede di saper misurare le lunghezze e (un po’ meno) anche le vibrazioni e le altre grandezze fisiche. In realtà così non è, poiché non esistono cose finite, e quindi nessuna è misurabile a mezzo di strumenti finiti. Ma il grado di approssimazione raggiunto nelle misurazioni conforta gli uomini nella loro credenza. Ciò, aben vedere, li priva della comunicazione con l’Infinito, il che significa, semplicemente che li condanna a morire;
Come, dunque, si “misura” esattamente? L’argomento è di immensa importanza, perché di continuo l’uomo prende misure, che lo sappia o no, e vive, letteralmente, di rapporti. Il che a sua volta mostra, per la prima volta in queste considerazioni, quale valore pratico e attivo abbia la comprensione dell’Armonica, che è proprio la scienza dei giusti rapporti.
L’uomo è stato, con grande pensiero, considerato in antico come la misura dell’Universo: e qui si rivela il lato attivo di questa sua virtù innata; poiché per misurare (esattamente) deve “comunicare” con l’oggetto della sua misurazione. In tal modo, “rapporto” diviene sinonimo di “relazione”. Si tratta di una comunicazione diretta; facoltà garantita a tutti dall’esistenza onnipresente dell’Infinito, dove infinite misure “si accendono e si spengono” – purché si abbattano quelle barriere invisibili che separano di norma la coscienza umana dalla totalità dello spazio.
Se è vero che l’uomo, per sua divina natura, è misura del Cosmo, la risposta alla domanda non può essere che di questo genere: si misura comunicando; e misurando si comunica.
Vera scienza esatta è quella dalle misure esatte; e quindi non si può, a rigore, onorare di questo aggettivo le scienze umane di oggi; ma si deve serbarlo per quella facoltà per cui lo spirito comunica con l’infinito e lo conosce.
Il regno dell’Armonica non è dunque il fisico, dove non si possono neppure concepire misure esatte, ma tutto è preso per approssimazione; il suo “campo” è lo Spazio, sia questo, o no, occupato da corpi.
Questa è un’affermazione fondamentale, sulla quale si dovrà tornare più volte, per ben comprendere la natura dello Spazio, e l’infinito e continuo processo di armonizzazione che vi è in atto.”