La Città comunitaria

lavoro“Dalle interpretazioni più grossolane (la Città è un agglomerato di case), alle più perspicaci (la Città è l’uomo stesso), ed a molte altre che sono, si può dire, intermedie, si ricava che la città sia, nell’opinione dell’uomo moderno, il prodotto casuale di molte circostanze, il concorso di molti interessi, come la convenienza della vita associata e degli scambi, e che, infine, nell’idea di Città queste motivazioni e altre simili coesistano alla rinfusa.

Insomma, l’uomo sembra non aver ancora scoperto:

a) che la Città è un centro di energia spaziale umana, e come tale dotato di vita autonoma, d’intelligenza, di uno scopo.

b) che essa è regolata da giochi di tensione fra interno ed esterno, che producono un vero e proprio campo magnetico, più o meno potente, che agisce nell’ambiente.

c) che è animata da ritmi particolari, suscitati da ritmi spaziali maggiori, e che quindi, ha una sua frequenza base, cioè un suo suono e date possibilità di sviluppo e di azione.

Oltre ciò, la Città è anche sempre centro di un linguaggio comune, è cioè un sito dove un gruppo etnico umano dimostra di spartire, in grado maggiore o minore, mentalità, sensibilità e coscienza specifiche.

Il modo di parlare e la pronuncia, sono indizi di comunità e persino ne mostrano il temperamento. Alcune città, per la potenza della loro energia creatrice, hanno persino modellato la lingua nazionale, che viene poi “interpretata” dalle altre secondo la loro natura. Se il suono ha sì grande importanza nel processo creativo, e le sue leggi svelano le proprietà della forma, certo le emissioni sonore dell’uomo, ovvero il linguaggio, sono da considerare con attenzione. E’ risaputo, ma non è mai stato spiegato a dovere, che la pronuncia delle stesse parole cambia notevolmente da un sito a un altro, in ogni continente, e talvolta fra quartieri attigui di una stessa città.

La Città è, per molti versi, analoga alla comunità, animata da un’energia speciale che la rende inclusiva.

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Le comunità, se sono autentiche e libere, tendono, infatti, ad associarsi, perché tale è la loro natura, costituendo comunità maggiori, e non si vede, a rigore, un limite naturale a questo sviluppo.

Si tratta della tendenza contraria a quella egoistica, che favorisce le distinzioni, le chiusure, le espulsioni.

E’ vero che la storia di moltissime città sembra negare il valore della comunità, perché è costellata d’innumerevoli conflitti interni, ma a questa visione va sovrapposta quella di un ambiente (la Città), dove l’uomo apprende a temperare il proprio egoismo, e che è altrettanto vera.

Questa possente volontà di comunione è tipica del sesto principio*, che non solo tende al nucleo essenziale delle forme, ma coinvolge tutte le forme simili e le associa. Lo si potrebbe chiamare “idealismo”, nel senso più puro del termine, poiché è sempre rivolto a scoprire l’idea da cui la forma in esame promana.

La Città dunque, in quanto comunità, tende all’armonia dei rapporti interni ed esterni, senza con ciò rinunciare alle doti sue individuali, che offre come contributo all’insieme maggiore.

Se questo processo naturale è bloccato od impedito, è in atto un travisamento della sua funzione spaziale.

La Città è un caposaldo di umanità che presiede ad un certo territorio, non per rivendicarne il possesso, ma per accomunarlo ad altri, sorretti da altre città. Che l’idea qui esposta sia contraria, per vari aspetti, a quella storica e odierna di Città, è vero, ma ciò non basta per offuscare il lume e la speranza che ne irradiano. Quando fosse accettato il principio, che essa è garanzia di giusti rapporti e capace di avviare un lavoro collettivo, ben distinto per qualità e funzioni, e mirante al bene comune, sarebbe forse rimosso l’ostacolo maggiore all’armonica convivenza umana.

Le città, prima e meglio che gli Stati, sono il mezzo naturale per instaurare una comunità planetaria.

La remota lontananza di quel conseguimento non dovrebbe però sgomentare l’uomo, che ha già saputo valicare più gravi abissi, ma piuttosto convincerlo che, se lo si vuole ottenere, è indispensabile un programma operativo.

Fin d’ora sarebbe possibile, iniziare uno studio in tale direzione, che stabilisca chiare le mete possibili, e tracci il primo abbozzo del succedersi delle varie tappe. Per quanto enormi appaiano le difficoltà ed insormontabili gli ostacoli, questi silenziosi programmatori potrebbero dedicare, in gruppo, le loro energie migliori a studiare il modo di superare quegli immediati, e tanto dovrebbero essere rivolti al bene comune futuro da obliare se medesimi nella gioia del lavoro concorde, che è premio a se stesso e non costa fatica.

Quanto qui si dice dello spazio, della sua vita, delle sue proprietà universali, anche se così poveramente, dovrebbe accendere, qua e là, qualche fuoco, o almeno qualche favilla: ed è proprio questo il primo atto esecutivo del programma. Nessun altro che l’uomo, può fare quel che tocca all’uomo, e non gli serve nascondersi dietro il paravento delle scuse e dei dinieghi.

Prima o poi, dovrà restituire se stesso alla propria dignità e responsabilità solare e planetaria, ed avviarsi a conquiste di immenso valore, che faranno impallidire le luci più brillanti del suo passato.

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Un giorno, forse, le città della Terra saranno come le case di una singola Città, mondiale, che allora sarà governo, scuola, laboratorio, orchestra, tempio. Si aprirà, allora, la prospettiva del rapporto cosciente con altre Città del sole, poiché lo spazio è il mezzo di comunione per eccellenza.” (E.S. “Un nuovo Modello di Spazio” – scritto inedito)

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“Raccoglietevi in piccoli gruppi, per acquisire la giusta mentalità sociale”

(Cuore § 132 – collana Agni Yoga)

 

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* il termine “Sesto Principio” si riferisce alla qualità che promana dal Sesto Raggio. Per approfondimenti si veda Trattato dei sette Raggi – Psicologia esoterica I ed. Nuova Era
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