Glossario – Punto
Etimo secondo TPS
Dal latino punctum, punto, puntura, sostantivo derivato dal verbo pungere, pungere. Negli Elementi di Euclide, I libro, al punto è dedicata la prima delle definizioni: punto è ciò che non ha parti. Euclide, per indicare il punto, usa il termine semeion (σημειον): segno, segnale, dalla radice indoeuropea *SAG-, che, secondo F. Rendich, esprime l’idea di “essere attaccato”, “fare un segnale a cui legarsi” (DEC, pp. XII, 454-455), ad esprimere letteralmente che “Il segno-guida è indivisibile”. In Sanscrito la definizione di punto è bindu, che indica sia il punto geometrico sia il centro, il principio metafisico di nucleo o divina potenzialità, che nella tradizione Śaiva è associato all’origine del cosmo. In Tibetano punto è “t’ig le”. Se si separano le due sillabe, “t’ig” significa verità assoluta, immutabile; “le” significa verità relativa. Quindi “t’ig le” indica non-dualità dei due concetti.
Punto indica l’Unità trascendente e potenziale
Nel Lambdoma Spazio la definizione è: Il Punto è l’Unità trascendente e potenziale (1.2)
Treccani1
punto2 s. m. [lat. pŭnctum, lat. tardo pŭnctus, der. di pŭngĕre «pungere»: propr. «puntura, forellino»]. –
2.a. Segno grafico consistente in un cerchietto pieno, di dimensioni minime (in questo senso è frequente il dim. puntino, senza differenza di significato): lo p. per la sua indivisibilitade è immensurabile (Dante). In partic., nella scrittura, quello che si segna sulla i minuscola (donde l’espressione fig. mettere i p., e più com. i puntini, sugli i, precisare, mettere in chiaro le cose con scrupolosa esattezza, per evitare malintesi. Come segno d’interpunzione: p. o p. fermo (.), che indica la fine di un periodo e rende obbligatoria la maiuscola iniziale per la parola che apre la frase successiva; p. e virgola (;), che indica una pausa del discorso e un distacco logico più forte della virgola, meno forte del punto fermo; due punti (:), che servono per introdurre un discorso diretto, una citazione testuale, una enumerazione, una frase che serve di chiarimento o di amplificazione di quanto precede; per il p. esclamativo e il p. interrogativo, v. i singoli aggettivi; punti (o puntini) di sospensione, o sospensivi o di reticenza, serie di punti (…), di regola tre o quattro, posti alla fine di una frase o anche nel mezzo, per indicare che il discorso è stato interrotto o sospeso volutamente (servono anche, ma racchiusi in parentesi tonde o quadre onde evitare che siano scambiati per puntini di sospensione, a segnalare omissioni volontarie di parole o frasi all’interno di citazioni).
2.d. In matematica, il punto come segno grafico viene adoperato con più funzioni: p. decimale, simbolo convenzionale che nei paesi anglosassoni separa, nella scrittura dei numeri, le cifre della parte intera da quelle della parte decimale (corrisponde alla virgola, usata invece in Italia, tranne che nel linguaggio dei calcolatori elettronici, nel quale si segue l’uso anglosassone); viene inoltre utilizzato, a mezz’altezza, per indicare un prodotto, spec. nel calcolo algebrico (per es.: a2· b), e per indicare la derivata di una funzione, nel qual caso viene posto sopra la lettera che rappresenta la funzione (per es.: ẏ, ṡ).
2.f. In informatica, punti a (o per) pollice, grandezza per esprimere la definizione, o risoluzione, di dispositivi per produrre caratteri e immagini, quali stampanti e schermi di monitor di calcolatori elettronici, pari al numero di punti che il dispositivo è in grado di produrre ben distinti su una lunghezza di un pollice (2,54 cm); è spesso indicata con la sigla DPI, acronimo della corrispondente unità ingl. Dots Per Inch.
3. Qualsiasi oggetto o segno che appaia piccolissimo: i fanali delle vetture apparivano ormai come lontani p. rossi; la superficie della foglia era cosparsa di p. bruni. Nella tecnica del bulino, punti d’impasto, punti incisi nel mezzo delle piccole losanghe risultanti dall’incrocio dei segni, che hanno lo scopo di perfezionare e addolcire i passaggi tra le luci, le ombre, i riflessi. In medicina, p. cieco (o macchia cieca) di Mariotte, lo stesso che scotoma fisiologico (v. scotoma); p. neri, termine pop. col quale si indicano i comedoni; p. nero, fig. (meno com. p. oscuro), difficoltà che si presenta in un insieme di circostanze favorevoli, aspetto negativo di una questione, di una faccenda, o, anche, azione moralmente censurabile che costituisce una macchia nella condotta, nella vita di una persona.
5. In matematica, insieme a retta e piano, uno degli enti fondamentali della geometria, la cui nozione intuitiva corrisponde all’idea di una posizione sulla retta, nel piano o nello spazio (si tratta cioè di una figura non scomponibile in parti e priva di dimensioni); nella geometria euclidea, la nozione, assunta come primitiva, è implicitamente definita dai postulati del piano (v. piano2, n. 5); nel piano cartesiano un punto è rappresentato da una coppia di numeri reali (analogam., nello spazio cartesiano, da una terna). Il termine compare spesso in locuz. specifiche (e per le quali si rimanda alle singole voci): p. angoloso, p. cuspidale, p. doppio (v. doppio, nel sign. 3 e), p. di flesso (v. flesso2), p. improprio o all’infinito (v. improprio, nel sign. 3 b), p. di massimo o di minimo (v. massimo, nel sign. 2), p. di sella, ecc. In partic., p. di accumulazione o p. limite, per un sottoinsieme X di uno spazio topologico, un punto tale che ogni suo intorno abbia almeno un altro punto in comune con X: se un punto di X non è di accumulazione è detto p. isolato; si parla inoltre di p. aderente, per indicare un punto appartenente a X o di accumulazione di X; p. ciclico, in geometria proiettiva, ciascuno dei due punti improprî di un qualunque cerchio; p. di contatto o di tangenza, punto in cui una retta è tangente a una curva o a una superficie (o, più in generale, in cui si ha una tangenza tra due varietà); p. fisso, in una trasformazione, punto che ha sé stesso per immagine; p. medio di un segmento, il punto che divide il segmento in due parti uguali; p. notevoli di un triangolo, il baricentro, il circocentro, l’incentro e l’ortocentro del triangolo; p. reale, punto del piano complesso (o dello spazio complesso) con coordinate reali; p. singolare o p. multiplo (in contrapp. a p. semplice o ordinario), punto di una curva algebrica (o più in generale di una varietà algebrica) in cui ogni retta ha intersezione almeno doppia; p. stazionario (o di stazionarietà), punto di una curva piana in cui la derivata prima si annulla. Il termine assume poi, caso per caso, qualificazioni specifiche:
5.a. In meccanica, p. materiale, ente ideale con cui può essere schematizzato qualunque corpo le cui dimensioni siano piccole (e possano quindi essere trascurate) rispetto alle distanze tipiche che compaiono nel problema che si sta considerando, e quando non intervengano rotazioni del corpo: il moto del corpo allora può essere identificato completamente col moto del punto materiale che lo rappresenta, se in esso si considera concentrata tutta la massa del corpo in questione, e si parla di cinematica del p. materiale, dinamica del p. materiale, ecc. ove ci si riferisca alle formulazioni della meccanica che si possono applicare quando è valida tale schematizzazione.
5.b. Nel linguaggio marin., posizione geografica di una nave in un dato istante (p. vero, p. nave o, assol., punto) individuata dall’incrocio delle coordinate geografiche di latitudine e di longitudine, ovvero dal rilevamento e dalla distanza di almeno un punto notevole e trigonometricamente definito (p. cospicuo), riportato sulla carta nautica (per es., fari, campanili, ecc.); la determinazione del p., diversa a seconda dei differenti sistemi di navigazione, è comunque riconducibile a una triangolazione consistendo nell’intersezione di più linee di posizione, e può ottenersi con rilevamenti ottici di punti cospicui, con rilevamenti e cerchi di uguale distanza radar di punti cospicui radarabili (e in tal caso si ottiene il p. radar), con rilevamenti radioelettrici e radiogoniometrici di radiofari, con circoli e rette d’altezza di astri (per ottenere, nella navigazione astronomica, il p. osservato); in mancanza di riferimenti visivi o di radioaiuti si può ottenere una posizione stimata (p. stimato) individuata in base al percorso che si ritiene aver compiuto lungo la rotta prevista a partire dall’ultimo punto vero, tenendo conto della velocità indicata dal solcometro, del tempo trascorso, delle condizioni meteorologiche e delle correnti marine. In aeronautica, il termine ha sign. e usi analoghi per definire la posizione dell’aeromobile; tuttavia, per ottenere il p. aereo occorre aggiungere ai dati relativi al piano (per es., alle coordinate geografiche) l’indicazione della quota; in partic., p. astronomico, lo stesso che punto osservato; p. automatico, punto indicato istante per istante dal calcolatore di bordo in base ai dati forniti dalla piattaforma inerziale e dal sistema radioelettrico seguito: può essere espresso in gradi e primi di latitudine e di longitudine, ovvero in direzione (azimut) e distanza da un radiofaro. Con riferimento a questi sign., le locuz. fare, prendere il p., rilevare la posizione; di qui anche, in senso fig., fare il p. della (o sulla) questione, della (o sulla) situazione, e sim., stabilire con esattezza i termini a cui si è giunti allo scopo di prevedere i possibili sviluppi e decidere della condotta da seguire. Per il p. di non ritorno in aeronautica, e in senso fig., v. ritorno (n. 1 d).
5.c. In astronomia, p. cardinali, p. equinoziali, p. vernali, v. i singoli agg.; così pure per i p. cardinali, p. principali, p. coniugati in ottica. In partic., in astronomia nautica, p. determinativo, punto di tangenza della retta d’altezza con il circolo d’altezza, coincidente con il punto d’incontro del circolo verticale dell’astro osservato con il circolo d’altezza; p. subastrale, proiezione dell’astro osservato sulla sfera terrestre in un dato istante, ovvero punto della Terra dal quale, nell’istante considerato, l’astro è visibile allo zenit.
5.g. In geometria descrittiva, p. di fuga (v. fuga, n. 5 a); p. di vista, il punto dal quale viene osservato l’oggetto. Quest’ultima espressione è molto com. in senso fig., per indicare il particolare modo di intendere, di valutare una realtà: dal suo p. di vista ha ragione; dipende dai p. di vista; ti ho detto il mio p. di vista, ora spiegami il tuo.
5.h. Negli organi meccanici in moto alternativo, e in partic., con riferimento allo stantuffo delle macchine alternative, è detta p. morto ciascuna delle due posizioni estreme (p. morto superiore, p. morto inferiore) della traiettoria percorsa dall’organo. In senso fig., nell’uso com., difficoltà da cui non è possibile uscire: le trattative sono arrivate a un p. morto, non accennano a evolversi né in un senso né in un altro; l’inchiesta (o l’indagine) è giunta, o si trova, a un p. morto, in una fase statica, che non ha molte probabilità di sviluppo se non sopravvengono fatti nuovi.
6. Luogo, zona ben determinata, precisa: abita in un p. centrale della città; c’è un p. qui vicino da cui si gode una splendida vista; proprio in quel p., la strada o il fiume fa un gomito; l’ascensione è facile, tranne in alcuni p.; libreria, caffè che era un tempo il p. di ritrovo degli intellettuali della città; p. di vendita, centro di vendita, luogo nel quale si vendono determinati prodotti (per un uso partic. della locuz. punto di vendita, e della equivalente locuz. ingl. point of sale, v. pos); p. franco, v. puntofranco. Con sign. più ampio, p. caldi (traduz. dell’ingl. hot spots), zona della crosta terrestre interessata da manifestazioni vulcaniche; con altro senso, fig., aree geopolitiche agitate da forti conflitti interni o tra nazioni diverse. In araldica, punti dello scudo, le parti (o scacchi) in cui si divide lo scudo ai fini del blasonamento; in partic., p. equipollenti, quelli di un’arma suddivisa in nove parti (per mezzo di due linee orizzontali e di due linee verticali), generalm. ricoperte da altrettante pezze araldiche in due smalti alternati; p. di scacchiere o di scacchiera, quelli originati dalla suddivisione dello scudo in quindici parti (con quattro linee orizzontali e due linee verticali), ricoperte da altrettante pezze araldiche in due smalti alternati. In medicina, p. dolente (frequente anche nella forma lat. punctum dolens), area cutanea di limitate dimensioni, rappresentante in genere la proiezione di un organo profondo, la cui compressione provoca dolore in caso di malattia dell’organo corrispondente: p. dolente appendicolare, cistico, uretrale (anche in usi fig., per indicare l’argomento più delicato e scottante, che provoca, quando viene toccato, risentimenti e reazioni); p. nevralgico, anche in senso fig., v. nevralgico. In fonetica, p. (o luogo) d’articolazione, v. articolazione, n. 3. In sartoria, p. di vita, la zona dove il corpo si restringe sui fianchi, e la parte corrispondente del vestito. Per punti luce, nell’arredamento di appartamenti e negozî o di altri ambienti, v. luce, n. 3. Per p. d’appoggio, con più accezioni, v. appoggio, n. 1 e 3 e. Per p. giratorio, in architettura navale, v. giratorio. P. debole, di una struttura, il luogo di minore resistenza; in senso fig., di una persona, la parte in cui è più vulnerabile, in cui pecca più facilmente, e sim. (ai punti deboli si contrappongono i p. di forza, gli elementi che sono a proprio favore e che possono essere validamente utilizzati per ottenere un risultato positivo, sui quali si può contare per vincere la concorrenza, e sim.).
7.a. Luogo, passo di uno scritto o di un discorso: un p. del romanzo (o del racconto) mi ha commosso profondamente; la lettera mi è sembrata poco chiara in un p.; ho dovuto correggere la prefazione in più punti.
7.b. Singolo argomento di un racconto o di una discussione: narrare, riferire, esaminare, discutere tutto punto per punto; veniamo al p.!, veniamo all’argomento principale e più importante, non divaghiamo; su questo p. non avrei difficoltà; punti d’accordo, di dissenso; ci siamo intesi su tutti i punti. In partic., ciascuno dei capitoli, dei paragrafi, o comunque degli argomenti essenziali in cui viene suddiviso e precisato un programma d’azione, una dichiarazione di principî, un proclama, un comunicato, un dibattito: il nostro programma si articola in quattro p.; il Consiglio d’amministrazione dovrà esprimersi su questi due p. fondamentali; gli otto p. della Carta atlantica (proclamati da Churchill e Roosevelt nell’agosto 1941). Più genericam., questione: parve cosa molto garbata il far decidere un p. di cavalleria da un cappuccino (Manzoni); questo è il p.!, qui sta il p.!, è questo l’aspetto fondamentale della questione. P. d’onore, questione che impegna l’onore di una persona, e sulla quale perciò non è disposta a cedere; di qui, prob., l’espressione mettersi al p. di …, mettersi d’impegno a fare, a volere, a pretendere qualche cosa: sperava che … si mettesse al p. di fare onor alla casa e a lui medesimo (Goldoni); la famiglia dell’ucciso, potente assai, … s’era messa al p. di voler vendetta (Manzoni).
8. Con riferimento al diagramma rappresentativo di un fenomeno, il termine, opportunamente qualificato, indica un particolare punto del diagramma medesimo, cui corrisponde una determinata condizione o qualità del fenomeno rappresentato dal diagramma; viene inoltre usato per designare un particolare valore di una grandezza cui corrisponde il manifestarsi di un fenomeno o di una proprietà; per le locuz. specifiche, si rimanda ai termini che designano i fenomeni o le proprietà in questione, per es.: p. di ebollizione, v. ebollizione, n. 1; p. di fusione, v. fusione, n. 1 a; p. neutro, di una pila termoelettrica, v. neutro, n. 2 b; p. nodale, con varie accezioni, v. nodale; p. di rugiada, v. rugiada, n. 1 b; p. di saturazione, v. saturazione, n. 1 a; p. triplo, v. triplo, ecc. In partic., p. critico, in termodinamica, quel punto del diagramma pressione volume di un gas reale in cui l’isoterma corrispondente alla temperatura critica passa per quel valore della pressione (pressione critica) al di sopra del quale non si può più avere la liquefazione del gas reale. Per estens., con sign. meno tecnico e frequente nella lingua comune, con riferimento a un diagramma cromatico, p. di colore, sfumatura o tonalità particolare di un dato colore: è un bel p. di verde; un p. di giallo molto pallido, e sim.
9. Per estens. dei sign. precedenti, nel linguaggio com., momento, istante, variamente determinato, di una generica o precisa progressione nel tempo: Tant’era pien di sonno a quel punto Che la verace via abbandonai (Dante); a quel p. s’udì un grido; a un certo p., mi sentii addosso una gran stanchezza; in p. di morte, negli ultimi istanti di vita; essere sul p. di …, stare per fare qualcosa. Con riferimento allo svolgersi di un’azione, di un’operazione, alle successive e progressive fasi di un’attività: a che p. siamo (del film, della partita, delle trattative, o del cammino, del viaggio, ecc.)?; il lavoro è già a buon p., è già ben avviato, o ha progredito in modo soddisfacente. Con riferimento a una progressione ideale, e più astratta, termine, limite: ne sono persuaso, ma fino a un certo p.; lo sapevo opportunista, ma non fino a questo p.; a questo p. dunque siamo arrivati!
10. Locuzioni avv.:
10.a. In punto, rispetto al tempo, esattamente: arrivare in p., al momento preciso; sono le otto in p., le otto precise. Con altro sign., letter., in ordine, in assetto completo: Veste le membra dell’usate spoglie, E tosto appar di tutte l’armi in p. (T. Tasso); anche in tutto punto: e a tutti impone Di porsi in tutto p. (V. Monti). Con sign. affine, di tutto p., in espressioni come essere vestito, armato di tutto p.; un appartamento arredato di tutto p., e sim.
10.b. In un punto, in un solo istante: per non perdere in un p. quel che in molti anni mi parea avere con industriosa fatica racquistato (Sannazzaro), o nello stesso momento, contemporaneamente, insieme: arrivarono tutti e due in un p.; Felice io sono e misero in un p. (Alfieri).
10.c. Con riferimento alle circostanze del momento: arrivare a buon p., a mal punto (o anche in buon punto, in mal punto), in momento opportuno o inopportuno, ma nell’uso ant. si disse a mal p. alludendo alla posizione o punto di un astro, secondo l’astrologia: in che mal’ora nacqui, in che mal p. ci venni (Boccaccio).
10.d. A punto, nell’espressione mettere a p. un motore, una macchina, in sede di collaudo, metterla nelle condizioni migliori perché possa funzionare; fig., mettere a p. una questione, precisarne i termini (per messa a p., v. messa2, n. 1 a). Assol. a punto (e anche a puntino, a un puntino), ant. per punto, con esattezza e proprietà; più frequenti le grafie unite: v. appunto1, appuntino.
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Punto (geometria)
In geometria il punto è un concetto primitivo. Intuitivamente equivale ad un’entità adimensionale spaziale, per cui può essere considerato semplicemente come una posizione, cioè come una coordinata. Ma alcuni considerano che possa rappresentare una figura geometrica; perché come è noto, una figura è un insieme di punti.
In topologia ed analisi matematica, viene spesso chiamato punto un elemento qualunque di uno spazio topologico e, in particolare, di uno spazio funzionale.
Definizione di punto
Negli Elementi di Euclide, al punto è riservata la prima delle definizioni del I libro, dove si indica che punto è ciò che non ha parti. Il punto è l’ente fondamentale della geometria ed è privo di una qualsiasi dimensione. Tale definizione è di tipo ostensivo cioè non ha una valenza logica ma che serve ad indicare ciò di cui ci si vuole occupare.
Con l’assiomatizzazione rigorosa della geometria effettuata da David Hilbert nei Grundlagen der Geometrie il punto, assieme alla retta ed al piano (geometria), diventa una delle nozioni primitive della geometria e quindi non è definito. Da notare che sarebbe possibile anche fondare la geometria assumendo come primitiva la nozione di regione e definendo i punti tramite opportune classi di “regioni sempre più piccole”. Ricerche in tale direzione, che iniziano con alcune analisi di Alfred North Whitehead, vanno sotto il nome di Geometria senza punti.
Molti preferiscono dare una definizione di questi tre enti fondamentali della geometria e definiscono il punto l’ente che, pur essendo reale, non ha dimensioni.
Punti in geometria euclidea
Un punto nella geometria euclidea non ha grandezze di alcun tipo (volume, area, lunghezza), e nessuna caratteristica in generale tranne la sua posizione. I postulati di Euclide asseriscono in alcuni casi l’esistenza di punti; un esempio: se due linee in un piano non sono parallele, c’è esattamente un punto che appartiene ad entrambe.
Tre o più punti nello spazio si dicono allineati se sono contenuti in una retta. Quattro o più punti nello spazio si dicono complanari se sono contenuti in un piano.
Proprietà
Nella geometria euclidea il punto è in relazione con gli altri enti geometrici fondamentali, quali la retta e il piano. Ad esempio:
- Per ogni punto nel piano passano infinite rette.
- Per due punti passa una e una sola retta.
- Per tre punti non allineati passa un solo piano.
- Per tre punti non allineati passa una sola circonferenza.
- Una linea o una retta sono una successione infinita di punti.
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