Presenza

Glossario – Presenza

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino praesentia, presenza, efficacia, derivato da praesens, part. pres. del verbo praesum, essere a capo, sovrintendere a, governare. Il verbo è composto: 1. dalla preposizione prae, innanzi, avanti, e 2. da ens, part. pres. del verbo esse, essere, con inserzione di –s– eufonica, per cui significa “essere al cospetto di qualcuno, sovrintendere a qualcosa”.

  1. La particella prae– deriva dalla radice indoeuropea *PRA-, sanscrito pra, greco pro, tedesco for, usata sempre come prefisso: esprime appunto l’idea di “avanti”, e ad es. il termine “primo” deriva dal sanscrito prath-ama: primo, che precede ogni altro nell’ordine numerico. Secondo Franco Rendich il suono pra esprimerebbe l’idea di “raggiungere” [ra] la “purificazione” [p]: “stare innanzi”, “prima”. L’uomo indoeuropeo, nel compiere l’azione di legarsi alla luce nascente, aveva lo scopo di ottenere la purificazione, di stabilire un buon rapporto con gli dei. Data la “priorità” di questo rituale, dalla radice p derivò la parola pra, prima (Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, Roma 2010, Palombi Editore, pp. 233, 248);
  2. Esse deriva dal basso latino essere, dalla forma classica esse, modo infinito del verbo il cui indicativo è sum/es/est … Dalla radice indoeuropea *AS-, che esprime l’idea di essere/esistere/essere in relazione: generalmente, rimane AS nelle lingue del ramo asiatico indo-iranico e diviene ES nelle lingue del ramo europeo. Sanscrito as, asti essere; sattva, essenza; satya, verità. Tedesco sein dall’antico sin, derivato da esin. Esprime l’idea di essere.
    Si osserva in latino: il tempo presente e imperfetto del verbo attinge alla radice *AS-/*ES-: sum /sono; eram (da esam)/ero; il tempo perfetto, fui, e i suoi composti attingono invece ad altra radice indoeuropea: *BHU-, che esprime l’idea di essere ma con l’intonazione del divenire temporale, del costruire: si veda in italiano ad es. la voce “futuro”, che connota la qualità con cui si esprime l’idea della proiezione temporale; si veda anche il termine “feto”.
    E’ interessante notare pertanto, nel verbo “essere”, attraverso le due radici sopra citate, nell’una l’idea assolutamente astratta dell’essenza/esistenza, sciolta da qualsiasi connotazione temporale, e nell’altra l’idea dello svolgimento (connessa a quella dell’essere stato e del futuro: infinito passato e futuro: fuisse/ futurum). E infatti questo verbo, che è voce espressiva fondamentale nelle lingue indoeuropee, è considerato “irregolare”.
    Secondo Franco Rendich il suono as esprimerebbe l’idea di “avvio” [a] di “relazioni con” [s]; “essere”, “esistere”, poiché la consonante s in indoeuropeo avrebbe espresso l’idea di “unione”, “legame”, “prossimità”. E’ un concetto molto forte, perché, se è così, indica che “si è” in quanto “si è in relazione”. E’ anche interessante il significato che l’autore conferisce alla funzione della radice verbale as, essere, con il preciso senso di “copula”: «[…] Come tale il verbo “essere”, svolge il ruolo di ‘mediatore tra soggetto e predicato’; opera l’atto che, unendo, genera una nuova entità’; […]». (Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, Roma 2010, Palombi Editore, (p. 425).

Il russo est’, esserci, esprime l’idea di presenza.

 

La presenza è la primaria relazione con il Divino


Treccani

 

preṡènza (ant. preṡènzia) s. f. [dal lat. praesentia, der. di praesensentis «presente1»]. –

1.a. Il fatto di essere presente in un determinato luogo, o di intervenire, di assistere a qualche cosa: è stata confermata la p. del direttore generale alla cerimonia; la p. di un estraneo ha turbato l’atmosfera della serata; si rese conto che la sua p. non era gradita; nessuno si era accorto della sua p.; una persona che con la sua sola p. può influire sull’esito della discussione; perché l’assemblea possa deliberare è necessaria la p. di almeno due terzi dei componenti; alla prossima riunione è indispensabile la p. di tutti i colleghi; fam., non posso soffrire la sua p., che egli cioè si trovi nel luogo dove mi trovo io (con riferimento a persona antipatica o che per altro motivo sia invisa); fare atto di p. (spesso iron. o scherz.), presentarsi in un luogo senza prendere parte attiva a quello che vi si fa o fermarvisi per brevissimo tempo; firma di p., quella che si appone su apposito foglio o registro di p. per attestare d’essere stato presente; indennità di p., compenso straordinario per la partecipazione a determinate attività; analogam., gettone di p. (v. gettone). Nello sport, la partecipazione a una gara o a un campionato da parte di un atleta (il computo delle presenze è importante ai fini della designazione del capitano di una squadra). Nella dottrina cattolica, presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, la sua presenza in corpo, sangue, anima e divinità sotto le specie eucaristiche.

1.b. Più genericam., il fatto di trovarsi, di circolare in un luogo: è un quartiere della città reso pericoloso per la p. di individui sospetti; la p. di alcuni poliziotti nella zona ha insospettito i rapinatori, che si sono eclissati; anche con riferimento ad animali: è stata segnalata nel bosco la p. di vipere.

1.c. Per metonimia, la persona stessa che è presente in un luogo, o anche altra entità non fisicamente percepibile ma che si avverte come presente: le p. negli alberghi cittadini sono molto aumentate rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; in quell’antico castello sembrava aggirarsi una strana p.; la campagna era piena di misteriose p. (Jovine).

1.d. Con riferimento a paesi e nazioni, il fatto non solo di far parte di un ambito plurinazionale, ma anche di esercitarvi un importante ruolo; in questo senso si parla, per es., della p. italiana o dell’Italia (o d’altra nazione) in seno all’Unione Europea.

2. Usi fig.:

2.a. In filosofia, p. dell’io a sé stesso, consapevolezza di sé, detta più propriam. autocoscienza.

2.b. Presenza di spirito (locuz. prob. coniata sul fr. présence d’esprit), padronanza delle proprie facoltà e prontezza nell’affrontare con decisione e nel modo più opportuno situazioni difficili o imbarazzanti.

3. Con riferimento a cose materiali, anche nel linguaggio scient. e tecn., ne indica semplicemente l’esistenza, spesso controllata sperimentalmente, in un determinato luogo: lo scavo è stato sospeso per la p. di una falda acquifera; le trivellazioni hanno accertato la p. di gas metano nel sottosuolo; si è constatata la p. di batterî patogeni nella soluzione.

4. fig. Aspetto esteriore, modo di presentarsi di una persona: una ragazza, un anziano signore di bella p.; con uso assol., aspetto gradevole e tale da fare buona impressione, per lo più accompagnato da prestanza fisica: avere, non avere presenza. Con riferimento a un attore, o in genere a persona di spettacolo, la sua capacità di imporsi sulla scena.

5. Locuzioni:

5.a. Di presenza, non com., di persona, personalmente: ne ho sentito parlare, e vorrei conoscerlo di presenza.

5.b. Alla p. di, davanti a: alla p. di due testimoni; spec. con verbi di moto: fu ammesso alla p. del sovrano; diede ordine che fosse condotto alla sua presenza. Con sign. simile, ma di uso più ampio, la locuz. in presenza, seguita dalla prep. di o preceduta (come nella locuz. prec.) da agg. possessivo: dovette ripetere la sua deposizione in p. del magistrato; il testamento fu aperto in p. di tutti i parenti del defunto; puoi testimoniare queste cose soltanto se sono state dette in tua p.; non ammetto che si dicano (o si facciano) cose simili in mia p., davanti a me (o, più genericam., dove, o quando, ci sono io); ant. anche nella p. (corrispondente per l’uso all’odierno alla presenza): per la sete del martiro, Ne la presenza del Soldan superba predicò Cristo (Dante, di s. Francesco). Frequenti nell’uso eccles., talora anche nel linguaggio com., le espressioni alla (ant. nella) p. di Dio, del Signore, del Padre, di tono più solenne che davanti a Dio, ecc., ed equivalenti a nel o al cospetto di Dio, ecc. (che echeggia il biblico in conspectu Dei, in conspectu Domini): mi dichiaro innocente alla p. di Dio; Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio, … che vaca Ne la presenza del Figliuol di Dio (Dante, nell’invettiva fatta pronunciare da s. Pietro contro Bonifacio VIII, il quale ha usurpato il trono papale, per cui questo nel giudizio di Dio è considerato vacante). Con riferimento a cosa, in p. di è di uso com. nel linguaggio della chimica per significare contatto, mescolanza con una sostanza, come condizione necessaria perché si produca una certa azione o reazione: l’acido solforico, in p. di zinco, sviluppa idrogeno.

5.c. Con accezione partic., e di tono leggermente enfatico, la locuz. dalla presenza di …, e più spesso dalla p. mia, sua, nostra, ecc., in frasi fam. del tipo: toglietevi dalla mia p., sparisci dalla nostra p., e sim., dove il possessivo indica non la persona che è presente ma quella davanti a cui è presente l’altra (come se si dicesse «dalla mia, dalla nostra vista»).

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Wikipedia

 

La presenza è un concetto definito in diverse branche della filosofia, tra cui specialmente la gnoseologia e la metafisica, che mira a definire in maniera più completa e chiara la condizione di un essere senziente che comunemente viene descritta come quella di essere situati in un luogo e, generalmente, esserne coscienti. T

Un medico in attività di telechirurgia, un esempio di telepresenza

alvolta ci si riferisce alla presenza anche come telepresenza, sottolineando come la presenza sia mediata da una tecnologia, naturale o artificiale, che non viene del tutto rilevata.

Il termine telepresenza è utilizzato anche con un’accezione puramente tecnica, per indicare un’esperienza mediata da una tecnologia artificiale.

La presenza è anche un tema di interesse per la psicologia.

La presenza è un concetto definito in diverse branche della filosofia, tra cui specialmente la gnoseologia e la metafisica, che mira a definire in maniera più completa e chiara la condizione di un essere senziente che comunemente viene descritta come quella di essere situati in un luogo e, generalmente, esserne coscienti. Talvolta ci si riferisce alla presenza anche come telepresenza, sottolineando come la presenza sia mediata da una tecnologia, naturale o artificiale, che non viene del tutto rilevata.

Il termine telepresenza è utilizzato anche con un’accezione puramente tecnica, per indicare un’esperienza mediata da una tecnologia artificiale.

La presenza è anche un tema di interesse per la psicologia.

Presenza in filosofia

La definizione del concetto è soggetta all’interpretazione delle diverse scuole di pensiero. La definizione proposta dalla Società Internazionale per la Ricerca sulla Presenza afferma che la presenza è uno stato psicologico o percezione soggettiva che si verifica quando i soggetti usano una tecnologia e trascurano almeno parte del suo ruolo nel vivere l’esperienza. In maniera crescente, la lettura di un libro coinvolgente, la fruizione di un video 3D od ologrammi, l’effettuazione di operazioni mediche o tecniche a distanza, nonché l’interazione tramite computer, avatar, robot sono esperienze di telepresenza dove maggiormente si riduce la percezione della presenza della tecnologia mediatrice.

Storia

La tematica della presenza ha diverse volte suscitato l’interesse nei secoli, in particolare Si sono occupati di presenza diversi filosofi, tra questi si ricordano Martin Heidegger, Ernesto De Martino, David Hume.

Nel pensiero del filosofo scozzese David Hume, nella critica della sostanza corporea e psichica, la sostanza non era altro che una “collezione di qualità particolari” ovvero un insieme di stimoli e di sensazioni empiriche provenienti dall’esterno cementate dal nostro intelletto fino a creare un’idea di ciò che stiamo analizzando, creandoci l’impressione che ciò esista anche nel momento in cui noi non lo percepiamo. La presenza perciò sarebbe scollegata dalla sostanza del luogo e dello stesso io che si percepisce presente.

Nel pensiero decostruttivista di Jaques Derrida, la critica all’eccessivo peso dato al tempo, alla presenza ed in particolare al desiderio di immediato accesso alla conoscenza tipici della filosofia occidentale vengono generalmente descritti come metafisica della presenza. Di conseguenza la critica si rivolge anche al privilegio generalmente concesso al presente rispetto a passato o futuro, nonché al privilegio concesso ai contenuti di tipo discorsivo (logos), rispetto a tutto ciò che non è discorsivo (logocentrismo).

Nel pensiero del filosofo tedesco Martin Heidegger, in particolare nell’opera Essere e tempo (1927), viene presentato il concetto di Dasein, che si può tradurre dal tedesco proprio come esserci, allo scopo di descrivere la condizione cosciente e attiva della presenza dell’Io coinvolto nel mondo (l’Essere) distinto dalla semplice presenza che invece contraddistinguerebbe gli enti non coscienti.

Nel pensiero di Ernesto De Martino, la presenza è vista come una filosofia di pensiero che trascende e si oppone alla precarietà dell’esistenza legata allo scorrere del tempo. La presenza è così legata all’aspetto religioso e magico, che le classi popolari oppongono per resistere alla cultura del realismo di spazio e tempo.

Nel 2002 è nata la Società Internazionale per la Ricerca sulla Presenza (ISPR), una associazione non lucrativa che supporta la ricerca sul tema della presenza e telepresenza.

Problematiche

Le problematiche sollevate dal tema della presenza derivano, dal punto di vista dell’epistemologia, principalmente da due aspetti: il problema della percezione ed interazione con la realtà, che sono mediate dai sensi quindi non percebili in assenza del loro tramite, ed in secondo luogo, dal problema della relazione tra l’esistenza del corpo nello spazio e la presenza di un soggetto cosciente in esso.

Tecnologie per la telepresenza

Nonostante anche i sistemi naturali che permettono l’accesso alle esperienze dei sensi (esperienza diretta o mediata di primo ordine) si possano intendere, in senso lato, come mezzi di telepresenza, un utilizzo più proprio del termine si riferisce all’utilizzo di tecnologie artificiali come tramite (esperienza mediata di secondo ordine).

Detto che la tecnologia per la telepresenza ideale consisterebbe in un sistema che rende per nulla percepibile l’esistenza di una tecnologia di tramite, tale da rendersi impercettibilmente confondibile con l’esperienza diretta, comunemente si definiscono tecnologie di telepresenza quelle che permettono la trasposizione in altro luogo dell’esperienza dei sensi, almeno alcuni di questi ultimi, utilizzando gli stessi organi di senso di vista, tatto, udito, etc. (es. operazione chirurgica reale o simulata, effettuata con tecnica tradizionale ma mediata da meccanismi che recepiscono i movimenti del chirurgo, comandano un robot a distanza che esegue l’operazione e restituiscono al chirurgo le interazioni fisiche con la materia incontrate dal robot, detta in breve telechirurgia) oppure quelle che aggirano i suddetti organi di senso, comunicando direttamente con l’organo di pensiero (es. esperienze di presenza reali o virtuali indotte neuralmente, simili al sogno, come proposto in film fantascientifici quali Matrix o Inception).

Presenza in psicologia

La presenza è un tema importante nella psicologia, in particolare in relazione alla coscienza del soggetto e all’aspetto sociale. In psicologia sociale, si parla di presenza oggettiva, ovvero presenza fisica di altre persone, presenza immaginata che consiste nell’immaginare di essere in presenza di altre persone, ed infine di presenza implicita con riferimento alle norme sociali interiorizzate.

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