Glossario – Immanenza
Etimo secondo TPS
Termine derivato da “immanente”, dal tardo latino immanens, participio presente del verbo immanere, essere presente in, rimanere, composto dalla preposizione in che indica quiete o “dentro” e da manere, rimanere, permanere, restare immutato.
Manere deriva dalla radice indoeuropea *MA- che esprime l’idea di rapportare, misurare, distribuire, scambiare. Dalla basilare radice indoeuropea *MA- che ha le varianti *ME-/*MAN-/*MED-: con finale nasale (n) o dentale (d/t): esprime essenzialmente l’idea di misura, rapporto. Da questa radice derivano: il sanscrito mātrā, misura; l’irlandese medh, misura; il latino modius, moggio, cioè la principale misura per il grano, e mensura, misura.
Si riconosce in molte parole: madre, meditazione, medicina, modello, imitazione, mente, man, cioè “uomo” in tedesco e in inglese. Colpisce osservare che man, “uomo”, significa “rapporto”: è proprio questa funzione che designa l’uomo, la IV Gerarchia, il mediatore tra Cielo e Terra.
Rendich osserva che è il suono “m” a denotare la “misura”, il “limite” (DEC, p. 284).
Secondo il linguista la radice di riferimento man sarebbe composta dai suoni m e an, ad esprimere l’idea della “misura” [m] dell’energia vitale delle Acque [an/nā]: “attività della mente”, “contenuto della mente”, “pensare”, “ricordare”; per cui maneo significherebbe “soffermarsi a pensare”, “pensiero che permane nella forma”, “rimanere” (Op. cit., p. 289
Immanenza significa permanenza del rapporto spirituale
Nel Lambdoma Vita la definizione è: L’Immanenza è la centralità del Divino (4.6)
Treccani
Filosofia
Termine filosofico entrato nell’uso per il senso che la scolastica diede all’attributo di immanens (designando con esso quegli atti, come il vedere o il sentire, il cui fine risieda in sé stessi), ma diffusosi principalmente per la sua contrapposizione a quello di ‘trascendenza’, e per il significato che tale contrapposizione assunse nel campo della gnoseologia e della metafisica idealistiche. Secondo questa antitesi, ‘immanente’ è ogni realtà che non ‘trascende’ la sfera di un’altra realtà, e cioè che non esiste separata e indipendente da quella, bensì è con essa in rapporto di coessenzialità reciproca. Ma la stessa possibilità di tale uso del termine provenne dall’importanza che al concetto dell’i. diede la gnoseologia kantiana con la sua dimostrazione della ‘trascendentalità’, ossia della non trascendenza al pensiero delle forme a priori del conoscere, e con il suo richiamo a un uso ‘immanente’ e non ‘trascendente’ della ragione, cioè ristretto nei limiti della conoscenza possibile. Nello sviluppo postkantiano dell’idealismo, l’i. del reale al pensiero si estese alla totalità del pensiero: donde il fondamentale carattere ‘immanentistico’ dell’idealismo. Filosofia dell’i. Corrente filosofica s. Agostinoche deriva dal positivismo e dall’empiriocriticismo, e ha come suo caposcuola W. Schuppe.
Religione
Metodo dell’i. Nella teologia cattolica, in contrapposizione all’estrinseco soprannaturalismo e all’intellettualismo, quell’apologetica che, ritenendo il soprannaturale presente nel soggetto e postulato dalla sua vita morale, vuole giustificare le verità fondamentali della religione rivelata muovendo dai bisogni e dalle aspirazioni della coscienza umana. L’iniziatore di questo metodo è considerato M. Blondel, con L’Action (1893) e soprattutto con la Lettre sur les exigences de la pensée contemporaine en matière d’apologétique et sur la méthode de la philosophie dans l’étude du problème religieux (1896). Per Blondel è necessario trovare nell’azione, e quindi nell’uomo, la sintesi di naturale e soprannaturale. Questo orientamento filosofico, che ritrova le sue origini soprattutto nella filosofia di I. Kant e di F. Schleiermacher, ma si riallaccia a motivi derivati da s. Agostino e da B. Pascal, e che può dirsi presente in gran parte del moderno pensiero religioso, specialmente non cattolico (A. Sabatier, W. James, Maine de Biran, L. Ollé-Laprune, F. Brunetière, N. Söderblom, E. Le Roy, R. Otto), ha costituito il fondamento teoretico del moto di rinnovamento cattolico definito modernismo, fornendogli i motivi per la polemica contro l’intellettualismo dell’apologetica tradizionale. Da questo nuovo metodo apologetico, condannato dall’enciclica Pascendi (1907) di Pio X, deriva una concezione della storia del dogma per la quale il senso delle fondamentali verità cristiane va ricercato in quello che il dogma dice o esprime per il credente che della rivelazione ha esperienza.
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L’immanenza è un concetto filosofico metafisico (antitetico a quello di trascendenza) che si riferisce alla qualità di ciò che è immanente, ossia ciò che risiede nell’essere, ha in sé il proprio principio e fine e, facendo parte dell’essenza di un soggetto, non può avere un’esistenza da questo separata.
Etimologia
Deriva dal latino “In” e “Maneo”, cioè rimanere in quiete, o dentro, proprio ad indicare un’azione circoscritta nel soggetto stesso che la compie.
Tra religione e filosofia
L’idea dell’immanenza o della trascendenza di Dio ha diviso i filosofi medievali, tra i neoplatonici, seguaci di Agostino d’Ippona, e gli aristotelici seguaci di Alberto Magno e Tommaso d’Aquino. Le definizioni del Concilio di Calcedonia (451) sulla natura umana e divina di Gesù identificano nel Cristo due nature, quella umana e quella divina, unite ma non confuse fra di loro. Così afferma il dettato dogmatico del concilio di Calcedonia: “Insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, uno e medesimo Cristo Signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, essendo stata salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; Egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, Verbo e Signore Gesù Cristo”. Nell’enciclica Pascendi Dominici Gregis, il papa Pio X criticò l’abuso di questa nozione nella filosofia di Spinoza e Kant. Riprendendo il concetto scolastico di immanenza, intesa come la presenza del risultato di un’azione all’azione stessa, Spinoza affermò che “Dio è causa immanente e non transitiva di tutte le cose”, cioè che Dio è causa di tutte le cose che sono in lui e che nulla esiste fuori da lui (Deus sive Natura). Tale teoria si contrappone all’ortodossia cristiana, che assegna a Dio un’esistenza separata dalle cose (trascendenza di Dio) delle quali egli è creatore.
In filosofia
Nel pensiero moderno l’antitesi immanenza – trascendenza si è trasferita sul piano gnoseologico e viene definita come “immanentismo” ogni dottrina che rifiuta l’esistenza di una realtà trascendente: l’idealismo post kantiano, il positivismo, le varie forme di storicismo.
Kant e seguaci
Per Kant il termine immanenza significa la limitazione dell’uso delle forme a priori della conoscenza all’ambito dell’esperienza; per gli idealisti post – kantiani tale termine è impiegato per definire la riduzione di ogni realtà alla coscienza.
Nietzsche
Con la sua asserzione « Dio è morto », (Friedrich Nietzsche) dichiara che l’uomo è lasciato a sé stesso e che non deve più sperare né di scoprire una verità trascendente e nascosta, né di inventare la fine della storia costruendo una verità “trascendente” e definitiva.
Wittgenstein
Questa stessa sintesi di indifferenza si ripropone aggiornata in Wittgenstein (« Quel che non si può dire, è necessario tacerlo ») : egli è convinto di aver definito formalmente un concetto di “verità” universale, “formalmente”, cioè indipendentemente da qualsiasi soggetto, da qualsiasi osservatore.
Sartre
Sartre nella sua Critica della ragione dialettica usa l’espressione composta immanenza-trascendenza, nei seguenti termini: è immanente ciò che è interno all’essere di una realtà e non rinvia, né per la sua esistenza né per la sua esplicazione, né per il suo valore, ad alcun principio esterno o superiore, cioè a nessun principio trascendente. Questo concetto può essere riassunto nell’enunciato tutto è interno a tutto.
Immanenza: teoria ed esperienza
L’idea di immanenza è stata altresì presentata non solo come pura teoria ma anche come “esperienza”. Tra i più recenti casi, si può citare qualche parola di Annie Besant, in un contesto più spirituale che filosofico ma non panteista:
“Le tre prime parole, ‘Immanenza di Dio’, vi sembreranno forse secche, fredde e senza interesse. Bisogna tradurle? Si intende dire che Dio è dappertutto e in tutto. Ma non basta. Ciò significa che quando seguite il bordo del mare, ammirando le grandi onde dell’oceano agitarsi con un rumor di tuono sulla riva, voi vedete in quelle la Sua potenza. Se percorrete qualche bella foresta e gustate il silenzio, la calma e l’ombra a mezzogiorno, allora voi conoscete questa pace divina, conoscete la serenità che rivela Dio. ” (La vita nascosta dell’uomo, trad., 2005, p. 83).
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