Figura

Glossario – Figura

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino figura, che aveva una vasta gamma di significati: disegno; sagoma; statua; particella; modello; immagine originaria (in filosofia); simbolo; costellazione (in astronomia.); figura retorica. Il sostantivo latino deriva dal verbo fìngere, plasmare, che origina dalla radice indoeuropea *DIH-, la quale esprime l’idea di “modellare scavando. “Figura” è una rappresentazione sintetica che designa il profilo del corpo, il rigore e l’astrattezza della forma geometrica, la concretezza del modellato nella scultura, il contorno del tracciato nel disegno, la caratterizzazione nel narrare, la qualità simbolica nel mito, la grazia nell’applicazione codificata di una disciplina artistica.

Secondo F. Rendich la succitata radice dih è così composta: “togliere” [h] con continuità [i] la luce [d]”, modellare, foggiare: sanscrito dih, modellare; greco thiggano, toccare, sagomare (DEC, p. 162).

 

Figura significa profilo luminoso

 

Nel Lambdoma Modello la definizione è: La Figura è la rappresentazione sintetica (7.4)


Treccani

 

figura s. f. [dal lat. figura, dal tema di fingĕre «plasmare, modellare»]. –

1.a. Aspetto esteriore d’una cosa: lo circulo che ha f. d’uovo (Dante); prender corso e f. di fiume (Manzoni); un monumento in f. di piramide; un attore in f. di centauro; una bizzarra f.; cambiare, conservare, perdere la propria figura.

1.b. In partic., l’aspetto del corpo umano: ogni f. d’uomo che vi apparisse, rattristava lo sguardo e il pensiero (Manzoni); una f. snella, tozza, goffa; è una bella f. d’uomo; con la f. che ha si direbbe un montanaro; e del viso: una cara, mesta, dolce, simpatica f.; la sinistra f. di quel gaglioffo, ecc. (in quest’ultimo sign. è spesso influenzato dal fr. figure «faccia»; così nella scherma si chiama figura il bersaglio valido costituito dalla parte laterale e superiore, rispettivam. destra o sinistra, della testa). In ortopedia, mettere in f., riferito a un arto fratturato o deforme, ripristinare la forma e l’atteggiamento normali.

2.a. In geometria, ogni insieme di punti o di linee o di superfici: f. piana, se tutta contenuta in un piano; f. solida, se si sviluppa nello spazio, se ha cioè tre dimensioni; f. uguali, f. simili, f. simmetriche.

2.b. In fisica, nome con cui si indicano aspetti di determinati fenomeni: f. di diffrazione, f. d’interferenza. In astronomia e in fisica, asse di f. o asse di precessione, v. precessione.

3.a. Immagine disegnata, dipinta (o anche in rilievo, incisa, scolpita): libro con molte f. nel testo (se fuori testo, si parla piuttosto di tavole); figure a colori; figure in legno, in rame, in marmo, in gesso, in terracotta, in litografia; la f. rappresenta un banchetto, una battaglia, un santo. In partic., in araldica, nome delle varie immagini di cui è caricato lo scudo, distinte in quattro categorie: araldiche (pezze onorevoli, ecc.); naturali, cioè corpi esistenti in natura, come animali, vegetali, astri, meteore, ecc.; artificiali, oggetti e strumenti creati dall’opera dell’uomo; chimeriche, foggiate dalla fantasia; sono dette mezze f. quelle (caprioli, croci, aquile, gigli, leoni, ecc.) che negli scudi si vedono dimezzate.

3.b. Nel linguaggio artistico il termine indica più propriam. la rappresentazione dipinta, disegnata o scolpita di un uomo o di una donna o, più raramente, di animali: f. al naturale, mezza f. (fig., mezza f., persona di poco conto, di scarsa importanza o autorità); f. terzine (che sono cioè un terzo del naturale); paesaggio con figure. In senso più ampio, nella teoria della percezione, il contenuto percettivo colto unitariamente all’attenzione e staccato da uno sfondo più o meno indifferenziato; in psicologia sperimentale, f. invertibili (o reversibili), particolari disegni in cui il rapporto tra figura e sfondo non è statico ma, con il mutamento dell’attenzione, può essere invertito (v. anche invertibile); f. impossibili, figure che rappresentano strutture le quali, pur potendo essere disegnate con precisione, non possono essere costruite materialmente (v. anche impossibile).

3.c. A proposito di personaggi storici o di opere letterarie narrative o drammatiche: una f. mitica, quasi leggendaria; una f. di primo piano del Risorgimento italiano; la f. di don Abbondio nei Promessi Sposi.

3.d. Nel ricamo, punto figura (o punto stuoia), punto di fattura antichissima, che consiste in tese di filo lanciate dal basso all’alto, lunghe quanto lo richiede lo spazio da coprire, e fissate al ritorno con punti sbiechi.

4.a. Nel gioco degli scacchi, nome generico dei pezzi, esclusi i pedoni.

4.b. Nel gioco delle carte, nome generico delle carte non numerali, contraddistinte cioè da una figura: nelle carte italiane, fante, cavallo e re; nelle francesi, fante, regina e re.

5.a. Nella danza, termine generico per indicare un atteggiamento ottenuto attraverso una serie di movimenti armonici, di tutta la persona o di una sola parte di essa (le braccia, le gambe, il busto, la testa, ecc.), nel tempo e nello spazio; ogni figura è regolata dalle leggi della cadenza, del ritmo e delle proporzioni e ha un nome particolare.

5.b. Nel pattinaggio artistico su ghiaccio e su rotelle, f. obbligatorie, ciascuno dei gruppi di esercizî obbligatorî (otto, tre, doppio tre, boccola, volta, controvolta, ecc.); ma si eseguono anche f. libere.

5.c. Nello sci, nelle gare di discesa obbligata, serie di tre, quattro o più porte disposte secondo una determinata successione (doppia trasversale, doppia verticale, corridoio, pettine, ecc.).

5.d. Nell’aeronautica, f. acrobatica, lo stesso che acrobazia.

6. Nella notazione musicale, in senso lato il segno delle note nei valori di altezza e di durata, e in senso stretto il solo segno che ne indica la durata; nell’epoca moderna le figure, ognuna delle quali vale la metà di quella immediatamente superiore, prendono il nome di breve, semibreve, minima, semiminima, croma, semicroma, biscroma, semibiscroma.

7.a. Nel linguaggio giur., è in genere sinon. di specie, tipo: norma che contempla varie f. di reato.

7.b. Con sign. affine a «tipo» (in alcune partic. sue accezioni), anche riferito a persone, per indicare il modo con cui si determina e si caratterizza storicamente una categoria, una professione o una funzione: la f. del docente nella scuola media superiore; la f. dell’operatore culturale nella società d’oggi; col formarsi delle prime compagnie d’attori nasce anche la f. dell’impresario teatrale.

8. Nella logica formale, la forma (gr. σχῆμα) che presenta il sillogismo, a seconda della posizione che nelle due premesse ha il termine medio dal punto di vista della sua funzione di soggetto o di predicato (esso infatti può essere soggetto in entrambe, predicato in entrambe, soggetto nella maggiore e predicato nella minore o predicato nella maggiore e soggetto nella minore).

9.a. Immagine concreta allusiva di una realtà diversa, rappresentazione simbolica o allegorica: il serpente è tradizionalmente f. del demonio; la colomba è f. dello Spirito Santo; in Dante, il veltro è f. di discussa interpretazione.

9.b. Nella grammatica e retorica tradizionali, figura o f. retorica, ogni processo stilistico, letterario e poetico che si allontani dal normale uso linguistico e grammaticale; si distinguono f. di parola, che possono essere «per aggiunta» (anafora, antistrofe, epanalessi, polisindeto, ecc.) o «per detrazione» (asindeto, zeugma), e oltre a queste si ha l’antitesi, la paronomasia, l’omoteleuto, ecc.; e f. di concetto (o di pensiero), come l’interrogazione retorica, l’apostrofe, l’aposiopesi, la prolessi; le figure di carattere più propr. grammaticale, come lo zeugma, il metaplasmo, l’anacoluto, sono dette f. grammaticali; quelle di carattere più particolarm. sintattico, come l’iperbato e la sillessi, f. di costrutto; per la f. etimologica, v. etimologico. In senso ampio, sono figure retoriche anche la metafora e il traslato.

10. Apparenza e, in partic., bella apparenza: ci sta per f. e non per altro; mettersi un fiore all’occhiello per f.; di figura, come locuz. agg., di bell’aspetto, che fa bella mostra: un vestito, un arredamento, un soprammobile, una decorazione di f.; fare figura, comparire bene, destare ammirazione (più espressivamente, fare la propria f., anche riferito a oggetti: una signora che, in società, fa la propria f.; una pelliccia non più nuovissima, ma che fa ancora la propria, o la sua, f.); determinando, fare buona o bella f., suscitare impressione favorevole, e al contrario fare brutta o cattiva f. (o, con espressioni più vive e efficaci, una f. barbina, una magra f., una f. veramente penosa); fare la f. di … (seguito da un sost. o da un agg.), comportarsi, per lo più involontariamente, in maniera da apparire tale: fare la f. dello sciocco, dell’imbecille, dell’avaro, del pitocco; hai fatto la f. del bifolco! Con uso assol., in frasi enfatiche o esclamative, significa in genere brutta o cattiva figura, impressione negativa, di compatimento: che figura!; una f. che non vi dico!; ti lascio immaginare la f. (che ha fatto)!; con lo stesso senso anche bella f., per antifrasi: hai fatto proprio una bella figura!

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Figura (geometria)

La figura geometrica o forma geometrica è l’ente astratto intorno al quale è articolata la geometria ed altri rami affini della matematica, come la trigonometria. Elementarmente, la figura geometrica può definirsi come un insieme continuo di punti e di relazioni tra gli stessi punti, caratterizzato da pertinenze quantitative e da pertinenze dimensionali.

Figure geometriche piane

 

Alla figura geometrica si contrappone la figura topologica, definita come un insieme continuo di punti e di relazioni tra gli stessi punti, caratterizzato da pertinenze quantitative e non da pertinenze dimensionali (es. nastro di Möbius, ciambella con K buchi, bottiglia di Klein), nonché il grafo. Caratteristica della figura geometrica è la indeformabilità, mentre della figura topologica la deformabilità e del grafo la schematicità.

Figure geometriche solide

In extenso, possono considerarsi anche figure geometriche gli spazi iniziali dove le figure stesse trovano collocazione come il punto (spazio a-dimensionale), la retta (spazio mono-dimensionale), il piano (spazio bi-dimensionale), lo spazio tri-dimensionale e gli iperspazi di dimensione superiore. Gli psicologi hanno teorizzato che gli esseri umani rompono le immagini in semplici forme geometriche chiamate geoni. Esempi di geoni comprendono coni e sfere.

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Figura (teologia)

Figura, soprattutto nell’esegesi cristiana medievale, indica un fatto storico, concreto, che ne preannuncia un altro, altrettanto concreto: in altri termini il primo evento può essere interpretato come prefigurazione del secondo, e, il secondo come adempimento del primo.

Etimologia

Il termine deriva dal latino figura, che all’origine significa “formazione plastica”; esso ha la stessa radice di fingo = “formare, plasmare” (in un secondo tempo anche “raffigurare” e infine “fingere”), figulo = “foggiare, creare” (e figulus infatti è il “vasaio”), fictor = “scultore” e “simulatore”, effigies: si contrappone in tal senso a forma, dove “forma” sarebbe lo stampo e starebbe a “figura” come la forma cava sta al rilievo plastico che ne esce. Tuttavia ben presto il suo significato si estende, venendo a ricoprire anche quello di “forma” e potendo spaziare dalla sfera visiva a quella acustica (si usa per esempio per le varie forme della flessione di una parola), dal campo filosofico a quello retorico, matematico o architettonico. Si trovano anche, in molti autori latini, usi del termine figura come “visione di sogno”, “copia”, “lettera dell’alfabeto”, “disegno”… Da Cicerone e soprattutto da Quintiliano in poi il termine entra a far parte del lessico della retorica, ponendo le basi delle moderne figure retoriche. In senso filosofico, invece, molta importanza ebbe l’influenza della cultura greca.

L’interpretazione figurale della Bibbia

Fu grazie alle opere dei Padri della Chiesa che il termine assunse un nuovo peculiare significato, decisivo per l’evoluzione del concetto: lo troviamo per la prima volta in Tertulliano dove sta a indicare qualcosa di reale, di storico, che rappresenta qualche altra cosa anch’essa reale e storica. Nasce in tal modo l’interpretazione figurale mediante la quale i primi teologi interpretarono le storie narrate nell’Antico Testamento come figure, o profezie reali, del Nuovo: così, ad esempio, Mosè era figura Christi, e la liberazione degli ebrei dall’Egitto era figura della Redenzione, cioè della liberazione dell’umanità dal male.

In sant’Agostino l’interpretazione si ramifica ulteriormente, sostituendo la contrapposizione di due poli (figura e adempimento) in un’attuazione in tre gradi: l’Antico Testamento è sì figura profetica della venuta di Cristo, e questa a sua volta adempimento di quello, ma si aggiunge l’attuazione futura di questi avvenimenti come adempimento finale: entrambi, quindi, sono promesse di un adempimento che si realizza nella vita eterna e nel Regno dei Cieli.

Nasce così la dottrina del quadruplice significato della Sacra Scrittura, da interpretare secondo un senso anagogico (dal greco anagogè, «ascesa»), un senso storico-letterale, un senso figurale e un senso allegorico-morale: «In tutti i libri sacri bisogna prestare attenzione a ciò che in essi è legato alla vita eterna [senso anagogico], a ciò che i fatti narrano [senso letterale], a ciò che annuncia avvenimenti futuri [senso figurale], agli ordini e ai consigli che si possono ricavare circa le nostre azioni [senso morale]» (Agostino, De Genesi ad litteram, I.

La concezione figurale nel Medioevo

Essa divenne anche un importante fondamento della mentalità medievale, e come tale si può riscontrare nella maggior parte delle opere letterarie e artistiche del periodo, anche legata a procedimenti di tipo allegorico (la distinzione tra i due d’altronde non è sempre netta neanche negli autori antichi); in tal senso si può affermare che la concezione figurale sia alla base, per esempio, della Divina Commedia dantesca (come ha mostrato Erich Auerbach), in cui per esempio Enea e san Paolo sono entrambi figure di Dante — in quanto entrambi hanno compiuto un viaggio nell’oltretomba per adempiere una missione loro affidata da Dio —, e nella quale ogni personaggio può essere visto come l’adempimento della propria figura terrena: ogni personaggio storico o mitologico significa qualcosa che ha uno stretto rapporto con quello che l’autore sapeva della sua esistenza, storica o mitica che sia, e questo è lo stesso rapporto che c’è tra adempimento e figura.

Nella Divina Commedia

Come ha dimostrato il critico tedesco, ogni individuo della Commedia dantesca, in base alla concezione figurale, sarebbe sulla terra “prefigurazione” di ciò che sarà nell’aldilà in forma perfectior: dopo il trapasso, cioè, egli riceverà “adempimento” (rappresentando, dirà anche Singleton, contemporaneamente l’umanità concreta che ha vissuto sulla terra, e l’espressione allegorica di ciò che simboleggia nell’aldilà, seguendo l'”allegoria dei poeti”). Auerbach ci offre diversi esempi di questo concetto apparentemente complicato:

Innanzitutto, si pensi a Virgilio, guida di Dante nei regni dell’Inferno e del Purgatorio, al quale il poeta si rivolge così: «tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore» (Inferno, I, vv. 86-87); l’autore dell’Eneide è dunque un faro nella produzione letteraria di Dante: nell’aldilà, il suo ruolo di “duca” si adempie, da guida di stile e scrittura a guida ultramondana.

Ma non si può dimenticare Beatrice, la donna «tanto gentile e tanto onesta» (Vita Nuova, Tanto gentile e tanto onesta pare) che è stata per il poeta l’iniziatrice dell’itinerarium mentis in Deum: Beatrice, donna di salvezza, dopo la morte si muove a compassione verso il poeta perso nella «selva oscura» e viene invocata da Santa Lucia, figura della grazia illuminante, che va da lei che siede con Rachele, simbolo della vita contemplativa. Santa Lucia è peraltro stata mandata dalla Vergine, la grazia provvidenziale, per salvare Dante (Inferno, II). Ella sarà inoltre la guida di Dante nel più perfetto dei regni, il Paradiso.

Esempio ancora più chiaro è quello di Catone Uticense, che compare nel canto I del Purgatorio come guardiano del regno della purificazione: per comprendere perché un pagano, per di più suicida, non sia stato relegato da Dante nell’Inferno, bisogna ricordare il motivo del gesto estremo di Catone, il quale si uccise ad Utica nel 46 a.C. per non cadere prigioniero di Cesare: dunque la sua morte è strettamente legata ad un incondizionato amore per la libertà; come adempimento di se stesso, nell’aldilà egli è guardiano della libertà medesima.

Auerbach tiene inoltre a sottolineare il profondo realismo storico della concezione figurale dantesca: «Figura e compimento hanno ambedue, come dicemmo, essenza di fenomeni e di avvenimenti storico-reali» (Mimesis).

Differenza rispetto a simbolo e allegoria

«L’interpretazione figurale, dunque, stabilisce fra due fatti o persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto sé stesso, ma significa anche l’altro, mentre l’altro comprende o adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo, come fatti […] reali» (Auerbach): in tale concezione la si può considerare come a metà strada tra il simbolo e l’allegoria, in quanto essa pone una cosa che ne rappresenti e significhi un’altra. Può far parte dell’allegoria considerata nel suo senso più ampio, ma si discosta dalle altre forme allegoriche in quanto la cosa significante è altrettanto concreta della cosa significata. L’ultimo esempio tratto dalla Divina Commedia può aiutare a chiarire: Dante pone a guardia del Purgatorio Catone Uticense, in quanto essendosi sacrificato per la libertà rappresenta la libertà nel suo senso più alto; il Catone storico, dunque, è figura del Catone dantesco, che come adempimento completa un concetto già adombrato dalla sua figura storica: se il personaggio realmente esistito si è tolto la vita per non perdere la propria libertà politica, il guardiano del Purgatorio custodisce quella libertà cristiana dal male che permette di accedere al Paradiso; esso non è una mera allegoria, come sarebbe stata, per esempio, una fanciulla bellissima, magari vestita di bianco e cinta di ulivo, che avesse dichiarato “io sono la Libertà”: Catone contiene in sé il significato di tale libertà, ma rimane sempre legato alla propria condizione concreta e alla storia del personaggio, Marco Porcio Catone morto a Utica in un dato periodo storico.

Un altro modo di rappresentare una cosa per mezzo di un’altra è il simbolo, in cui viene attribuito in modo immediato e intuitivo un significato a una data immagine: le due forme sono diverse anche perché la figura interpreta un testo, mentre il simbolo interpreta la vita e la natura.

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