Glossario – Desiderio
Etimo secondo TPS
La parola deriva dal latino desiderium, nostalgia, rimpianto, bisogno, desiderio, che tra origine dal verbo desidero, sentire la mancanza, bramare.
Il termine latino è composto dal prefisso de-, che indica provenienza, allontanamento, mancanza, e da sidus, stella, costellazione, cielo stellato (al plurale/sidera). Letteralmente significa “si stacca [de] dalle stelle [sid]”, sentire la mancanza del cielo stellato.
Il verbo latino desidero è l’opposto di considero, “(con-) porsi in sintonia con il cielo stellato”.
Sidus deriva dalla radice indoeuropea *SIDH-, che si compone dei seguenti elementi sonori: “legarsi [si] al moto [h] della luce [d]”, “realizzarsi”, “raggiungere la perfezione”.
Si vedano il sanscrito sidh, “insegnare la strada”, “realizzarsi”, siddhi, “realizzazione”, Siddhārtha, “colui che ha conseguito [siddha] il suo scopo [artha]” (Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee. Indoeuropeo-Sanscrito-Greco-Latino, Palombi Editori, 2010, p. 464).
Citiamo da una rubrica linguistica on line, “Una parola al giorno”, una descrizione incisiva del termine: “[…] Questi significati ci offrono una situazione di assenza, che può farsi desiderio in una duplice maniera — attesa che le stelle si mostrino, che continuino a parlare, e loro rimpianto; o attesa che ciò che si è letto nelle stelle si realizzi, attesa di ciò che le stelle portano (de- come mancanza, de- come discesa).
Assenza, mancanza, attesa, tensione, aspirazione, brama si torcono insieme nel canapo del desiderio, che in maniera tanto enigmatica emerge da questo filatoio oroscopico.
In questa ipotesi, la complessità del nostro vasto sentimento di desiderio si modella su un sentimento dei sacerdoti latini — e già questo, detto così, è di una meraviglia quasi impensabile […]”.
In sintesi, la ricerca etimologica e storica sembra mostrare che la parola significhi essenzialmente anelito a ritrovare la vocazione indicata dalle stelle, dalle quali ci si è allontanati, l’appello originario del cielo.
Come significato generico, il termine indica sia l’impulso a conseguire l’ottenimento di un bisogno materiale sia l’afflato di realizzare un’aspirazione spirituale.
Il “desiderio” ha dunque una vasta gamma di significati e di sfumature intermedie, passando dall’indicare la brama egoistica della personalità al designare, con il nome di Kama, “[…] il primo cosciente desiderio che tutto abbraccia per il bene universale […].”
Queste sono le parole con le quali H. P. Blavatsky, nel suo Glossario, distingue la voce Kama da Kamadeva:
“KAMA (Sans.) – Desiderio malvagio, cupidigia, volizione; l’attaccamento all’esistenza. Kama è generalmente identificato con Mara, il Tentatore.”
“KAMADEVA (Sans.) […] Kama è uno dei soggetti più misteriosi e metafisici. Solo la descrizione Vedica primitiva di Kama dà la nota chiave di quello che egli rappresenta. Kama è il primo cosciente desiderio che tutto abbraccia per il bene universale; l’amore, ma per tutto ciò che vive e che sente, che ha bisogno di aiuto e di benevolenza; è il primo sentimento di tenera ed infinita compassione e di pietà che sorse nella coscienza della FORZA UNA creatrice, appena venne alla vita e all’essere quale raggio dall’ASSOLUTO. Il Rig-Veda 117 dice: “Per primo sorse in ESSO il desiderio, che fu il primitivo germe della mente e che i Saggi, cercando con il loro intelletto, hanno scoperto nel loro cuore quale legame che unisce l’Entità alla non-Entità”, o il Manas al puro Ātmā-Buddhi. […]” (Il Glossario Teosofico, Collana Cintamani, 1998).
Secondo l’Astrologia esoterica, la Stella del Desiderio cosmico è Antares: […] Nel cuore dello Scorpione troviamo Antares, una delle quattro stelle regali, una stella rossa. Il rosso è il colore del desiderio e questa è la stella più rossa che vi sia in Cielo; simboleggia il rosso del desiderio che sottostà ad ogni manifestazione della vita divina. (A. A. Bailey, Le Fatiche di Ercole, Editrice Nuova Era, 1998, pag. ingl. 73).
Un articolo pubblicato su queste pagine, Amore e desiderio, illustra la natura di questa Energia.
Altra fonte di ricerca è l’Agni Yoga, da cui citiamo i seguenti passi:
“Desiderare significa trovare la porta del Mondo sottile. Ma è cosa difficile per l’uomo, che non sa equilibrare i propri sentimenti e quindi non riesce a dar vita a un desiderio veramente invincibile. Il desiderio è in verità un congegno creativo nel Mondo sottile. È un potere venuto dal Mondo supremo, ma esige la stessa chiarezza di quella sfera. Quando vi guidiamo su per la via della Gerarchia non facciamo che prepararvi a questa sovranità: la chiarezza del desiderio. […].” (Cuore, §198).
“Lo Yoga farà luce su molti concetti. Possibile fare a meno del desiderio, se persino lo spirito s’incarna per desiderio? I desideri sono faville di moto. Che vuol dire allora che lo Yogi ne è libero? Vediamo il senso esatto delle parole: lo Yogi è svincolato non dalle possibilità del desiderio, ma dal loro peso. Si sente libero perché non ne è schiavo. A mano a mano che si fa degno del fine scarta con discernimento i desideri in nome di ciò che è più essenziale. Questa facilità di mutamento libera lo Yogi. Nulla gli impedisce di procedere. […]” (Agni Yoga, § 259)
“[…] Il silenzio intenso presuppone grandi accumuli di pensiero e desideri benevolenti. Così il cuore, intento nel silenzio, carico di energia come una dinamo, batte il ritmo dell’Universo, e i desideri personali si trasmutano nella Volontà direttiva universale. In tal modo si collabora con i mondi lontani.” (Cuore, § 68)
Desiderio significa la forza motrice della vita
Treccani
desidèrio (ant. disidèrio e desidèro) s. m. [dal lat. desiderium, der. di desiderare «desiderare»]. –
1. Sentimento intenso che spinge a cercare il possesso, il conseguimento o l’attuazione di quanto possa appagare un proprio bisogno fisico o spirituale: sentire, provare il d. di una cosa; formulare, esprimere un d.; essere tormentato dal d.; appagare, accontentare, soddisfare i proprî d.; manifestare un d., o il d. di …; avere d. di mangiare, di bere; Il desiderio di poter contare Sul pane, almeno, e un po’ di povera lietezza (Pasolini); d. di gloria, di fama, di onori, di ricchezza; sentire il d. di andare, di fare, di vedere, ecc.; d. vivo, ardente, costante, sfrenato; d. basso, turpe, volgare; d. sessuale, carnale (anche assol. desiderio, in determinati contesti: fare peccati di d.; eccitare d. malsani; essere oggetto di desiderio); vi auguro che tutto proceda secondo i vostri desiderî. In senso più concr., la cosa che si desidera: esporre, rendere noti i proprî desiderî. Pio d., speranza vana, detto spesso con ironia per indicare cosa irraggiungibile o molto difficile ad ottenersi: la villeggiatura quest’anno rimarrà per noi un pio d. (l’espressione deriva prob. dal titolo di un’operetta ascetica del gesuita belga Hermann Hugo, Pia desideria, edita nel 1624).
2. Sentimento della mancanza di cosa necessaria al nostro interesse fisico o spirituale: avere d. di tranquillità, di riposo, di amore, di un affetto sincero. Quindi anche rincrescimento, rimpianto per l’assenza o la morte di una persona: ha lasciato vivo d. di sé.
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Desiderio (filosofia)
Il desiderio è uno stato di affezione dell’io, consistente in un impulso volitivo diretto a un oggetto esterno, di cui si desidera la contemplazione, oppure, più facilmente, il possesso e/o la disponibilità. La condizione propria al desiderio comporta per l’io sensazioni che possono essere dolorose o piacevoli, a seconda della soddisfazione o meno del desiderio stesso. Dolore morale per la mancanza della persona amata o dell’oggetto o condizione di cui si ha assolutamente bisogno, ma anche la gradevole e coinvolgente sensazione di poter presto rivivere un momento o situazione in qualche modo piacevole, che la mente riesce a rievocare in modi più o meno evanescenti e/o realistici rispetto alle percezioni dell’esperienza effettivamente vissuta.
a – Desideri naturali e desideri vani
I filosofi, sin dalle origini della filosofia, si sono domandati quale spazio dare ai desideri. Le risposte sono molto variegate. Dentro il Fedone, Platone espone l’idea di una via ascetica, o di come l’uomo debba lottare contro i desideri turbolenti del proprio corpo; i cirenaici, al contrario, fanno della soddisfazione di tutti i desideri il bene supremo. Tutte queste riflessioni conducono a stabilire numerosi distinguo, come per esempio fa Epicuro.
1 – La classificazione dei desideri secondo Epicuro
La morale epicurea è una morale che mette al centro i concetti di piacere come bene, e del dolore come il male. Per aspettarsi il benessere (l’atarassia), l’epicureo deve applicare le regole del “quadruplo rimedio”:
- gli dèi non devono essere temuti;
- la morte non deve essere temuta dato che quando ci siamo noi, lei non c’è; quando lei c’è, non ci siamo noi;
- il dolore viene facilmente soppresso, oppure si muore;
- il benessere è facile da ottenere.
Questo in vista dell’ultimo che particolarmente ci fa pensare al desiderio. Epicuro classifica così i desideri:
Desideri naturali
Necessari:
- Per il benessere (atarassia)
- Per la tranquillità del corpo (protezione)
- Per la vita (nutrimento, riposo)
Semplicemente naturali:
- Variazione dei piaceri, ricerca del gradevole
Desideri vani
Artificiali:
- Ex: ricchezza, gloria
Irrealizzabili:
- Ex: desiderio d’immortalità
Questa classificazione non può essere separabile da un’arte di vivere, dove i desideri sono l’oggetto di un preciso calcolo in vista della ricerca della felicità.
2 – Desiderio corporale
Nella forma più prettamente fisica, corrisponde all’eccitazione sessuale oppure alla fame o alla sete, di intensità più o meno marcata e più o meno duratura, che può anticipare oppure no la soddisfazione.
Di tutte le forme di desiderio, sono comunemente considerate più elevate quelle che aspirano a vette di bellezza, che rientra nei piaceri naturali, “ricerca del gradevole”. Il desiderio può essere definito anche come una tensione verso un obiettivo. In questo senso il desiderio ci può muovere su un percorso che ci conduce a trasformarlo in realtà, ovvero il desiderio può rappresentare la molla che ci spinge a ricercare un sistema che ci conduca a passare dalla situazione attuale (SA) in cui ci troviamo a quella desiderata (SD). Tale percorso passa attraverso la comprensione del perché desideriamo alcune cose poiché si afferma che “se conosco il perché, l’obiettivo è già parte di me”. In realtà tutti i desideri che proviamo sono già parte di una nostra naturale propensione verso la vita e quindi realizzare un desiderio ci porta a “ritrovare” ciò che è già insito nel nostro essere. Desiderare davvero qualcosa significa conoscere il perché di quel desiderio. Il desiderio è strettamente correlato all’azione da compiere e all’obiettivo da raggiungere, infatti è impensabile che esista un’azione quando manca un obiettivo ed è impensabile che esista un obiettivo quando manca un desiderio.
3 – Desideri filosofici e sociologici
Secondo molti filosofi (per esempio Platone e Kant) la giustizia è la forma più alta di bellezza, e dunque il desiderio o sete di giustizia è quello più elevato. Per altri come Marx oppure Hegel il desiderio più elevato è quello dell’uguaglianza. Per Friedrich Nietzsche la massima aspirazione o desiderio dell’essere umano deve essere quella di diventare una persona che incarni il concetto del superuomo.
b – Desiderio spirituale di trascendenza
In San Tommaso d’Aquino e nella religione medievale alla base delle religioni vi è il desiderio di trascendenza, di un ordine superiore, di un Dio, un concetto basilare della Divina Commedia di Dante. Ciò riguarda in egual misura il Politeismo, e il concetto di un essere supremo spirituale, non visibile, che prevalga e regola il mondo materiale, immanente. Dante infatti è accompagnato fino alle soglie del Paradiso da Virgilio che visse «al tempo degli dei falsi e bugiardi».
Nel Cristianesimo, Ebraismo, Islam l’umano desiderio di immortalità viene appagato con la fede nella risurrezione. L’inferno invece viene a placare il desiderio di una giustizia trascendente.
D’altra parte nelle religioni indiane (Induismo, Buddismo, Giainismo ecc.) il desiderio è generalmente visto in chiave negativa: dividendo la percezione in soggetto desiderante ed oggetto desiderato frantuma la realtà percepita e costringe l’uomo ad una perpetua sete di dominio mai pienamente saziabile. Di conseguenza troncare le forze del desiderio alla radice è l’idea alla base di buona parte delle pratiche di liberazione orientali (alcuni esempi sono: l’ascesi, l’agire senza attaccamento al frutto dell’azione o la gnosi buddista la quale invita a meditare sull’Io -cioè il soggetto desiderante- sino a scoprirne l’inconsistenza oggettiva).
Secondo lo psicoanalista francese Jacques Lacan, il Desiderio può essere definito una volizione dell’Inconscio, è il soggetto dell’Inconscio che si manifesta attraverso il Desiderio. In questo caso l’uomo vive si una trascendenza ma del tutto immanente.
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