La Culla della Coscienza

La Culla della Coscienza

Io ho la visione di sentieri musicali che solcano tutti i tempi: e gli uomini che li hanno percorsi hanno lasciato dovunque una traccia di canti; e quelle tracce, a ripercorrerle, nel tempo e nello spazio conducono a un angolo di savana africana dove il Primo Uomo ha cantato a pieno fiato la strofa di apertura del Canto del Mondo: “Io Sono”.
Bruce Chatwin – “Le vie dei Canti”

E quel canto ancora risuona. Qui sulla Terra e in tutto l’Universo.

Io Sono!

La Coscienza implica consapevolezza, soggettività, esperienza fenomenica del mondo interno ed esterno. La Coscienza implica il senso del “sé”, del sentire, implica la scelta consapevole e, se chiudiamo gli occhi, la Coscienza ci permette di costruire un mondo di strepitose immagini interiori. Ma cosa sia la Coscienza per la scienza rimane un meraviglioso mistero. Con il tentativo di svelare i meccanismi che stanno alla base della Natura, la Fisica moderna ha sviluppato delle teorie per iniziare a dare una risposta alla domanda sull’origine della Coscienza. Come accade sempre più spesso ormai, una branca sola del sapere non è sufficiente per indagare argomenti così profondi ed essenziali. La Fisica ha quindi bisogno di dialogare con altre aree del sapere, come la microbiologia cellulare, l’antropologia culturale, ecc. Le scienze “dure” (quelle così definite, come Matematica e Fisica) incontrano le scienze umanistiche come è sempre avvenuto nell’antichità e come è necessario che sia ancora oggi. È quindi normale che un medico anestesista (che di sospensione e ripristino dello stato di Coscienza di veglia se ne intende) abbia delle teorie molto interessanti e parli di queste idee con uno dei fisici viventi più illuminati dei nostri tempi, e da questo insolito dialogo nasca una straordinaria teoria sull’origine della Coscienza che comprende la Meccanica Quantistica, la struttura microcellulare del cervello e la struttura dell’intero Universo. È di questa teoria che parleremo qui, ma anche di qualcosa di più che amplia e arricchisce il contesto e la visione in cui questa teoria nasce.

 

 

Il cielo è limpidissimo e la notte è buia e stellata. Quello stesso essere umano, il primo[1], che ha dato inizio al canto e alla danza dell’umanità, ha alzato gli occhi al cielo e, sopraffatto dall’emozione, ha accolto in sé quella primordiale bellezza iniziando un passo a due, un balletto in quell’intreccio relazionale tra lo Spirito Cosmico e la Forma della materia.

Io sono!

Ecco che questa relazione si fa Coscienza e quell’essere umano tra le stelle del cielo vede figure e crea miti ispirati da una Coscienza più alta. La peculiarità straordinaria è che tutti gli esseri umani che hanno guardato quei puntini luminosi nel cielo hanno creato gli stessi miti in ogni parte della Terra; anche se con nomi diversi e diversi interpreti, la mitologia ispirata da questa “Coscienza Superiore” è sempre la stessa anche tra popoli che non sono mai venuti in contatto fra loro[2].

Passano le ere e l’umanità continua a cantare e a danzare, e alcuni di questi canti iniziamo a chiamarli “scienza” e forti di queste melodie cresce sempre di più quella nostra innata spinta a sapere, e con un bel balzo arriviamo negli anni ’80 del secolo scorso in un luogo carico di miti e leggende. Siamo infatti in Inghilterra, nella contea di Nottingham dove un biologo che si chiama Rupert Sheldrake ha un’intuizione illuminante. Studiando i processi naturali riguardanti gli esseri viventi, si chiede: “E se la memoria invece di essere un meccanismo esclusivamente biochimico del cervello fosse un qualcosa che è caratteristico della Natura?”.

Come già la Fisica ha capito che lo Spazio e il Tempo sono aspetti del campo gravitazionale, così Sheldrake si chiede se la memoria non possa essere un aspetto, una caratteristica estesa, della Natura.

L’ipotesi è affascinante e su questa lui inizia a costruire una teoria che all’epoca fu estremamente divisiva in campo scientifico; all’epoca era estremamente difficile far passare idee che non aderivano in tutto e per tutto al “mainstream” della scienza.

In breve, la teoria di Sheldrake, che cade sotto al nome di “Risonanza Morfica”, vedrebbe il cervello essere più un ricevitore radio che un registratore di eventi.

Le memorie non vengono immagazzinate nel cervello: è il cervello a “sintonizzarsi” su di esse. Secondo Sheldrake, le tracce della memoria nel cervello sono elusive e difficili da identificare semplicemente perché non sono lì.

Per esempio, secondo la teoria della risonanza morfica, quando qualcuno impara qualcosa di nuovo, allora molte altre persone imparano la stessa cosa sempre più facilmente. La risonanza morfica non riguarda solo gli esseri viventi secondo Sheldrake: ad esempio quando in natura un nuovo cristallo di una sostanza chimica si manifesta per la prima volta e viene replicato più e più volte, questo tenderà a formarsi sempre più facilmente in qualsiasi parte del pianeta. Ciò avviene perché, sempre secondo Sheldrake, la natura delle cose dipende da un campo che lui ha chiamato “Campo Morfico”.

Questo campo, come quelli studiati in Fisica, è una regione di influenza che si espande nello Spazio e nel Tempo. Il campo è localizzato in prossimità e all’interno dei sistemi che il campo stesso “organizza”. Quando uno di questi sistemi cessa di esistere, come ad esempio quando un fiocco di neve si scioglie o un animale muore, il suo campo organizzante scompare da quella particolare porzione di spaziotempo, ma in un certo senso, il campo morfico non scompare ovunque: questo è infatti un modello di influenza che può ricomparire di nuovo e spontaneamente in un altro luogo e in un altro tempo (non necessariamente futuro, ma di questo non ce ne occuperemo qui) quando le condizioni fisiche risulteranno appropriate. Quando questo accade, il nuovo campo morfico conterrà al suo interno la Memoria della passata esistenza fisica.

Il processo attraverso il quale ritroviamo informazioni del passato all’interno del nuovo campo morfico è chiamato “Risonanza Morfica”[3]. La risonanza morfica veicola la trasmissione dell’informazione, sia attraverso lo Spazio, sia attraverso il Tempo. La Memoria all’interno del campo di risonanza è cumulativa ed è per questo che le cose si dimostrano incrementalmente più facili con la ripetizione. È chiaro perché una teoria di questo tipo suscitò moltissima diffidenza negli anni ’80 negli ambienti scientifici ortodossi, e la suscita tuttora se non integrata in contesti teorici più ampi e scientificamente più solidi. L’idea di una Memoria condivisa, di una mente estesa, che unisce ogni cosa, animata e no, nell’Universo è affascinante, ma ha bisogno di una solida base concettuale perché possa essere presa in considerazione da un’ampia platea di ricercatori.

Per costruire questa base torniamo all’inizio a quella chiacchierata tra il medico anestesista e il fisico. Siamo sempre in Inghilterra e siamo sempre alla fine degli anni ’80, ma ci spostiamo da Nottingham ad Oxford. Qui Roger Penrose, premio Nobel per la Fisica (in quegli anni ancora lui non lo sapeva che sarebbe stato insignito di tale onorificenza) riceve la visita di un americano di Buffalo, un medico anestesista che insegna all’università dell’Arizona portando avanti una ricerca sugli stati sospesi di coscienza. Questo americano si chiama Stuart Hameroff e ha un’idea in testa e per verificarla ha bisogno di parlare con un fisico che abbia la mentalità sufficientemente aperta da non rigettare immediatamente qualcosa di non proprio ortodosso. Ecco perché scelse Penrose, colui che si mise a studiare i buchi neri quando ancora nessuno credeva alla loro esistenza (il Nobel gli sarà assegnato proprio per questi studi che portò avanti con il suo allievo e collaboratore Stephen Hawking).

L’idea che dà inizio a questa insolita collaborazione è che ci sia una connessione tra i processi biomolecolari del cervello e la struttura dell’Universo. Neuroscienze e Fisica si incontrano e agli inizi degli anni ’90, a firma di Hameroff-Penrose, esce un articolo[4] che avrebbe suscitato scalpore (e di nuovo anche scetticismo). In questo articolo si postula una teoria sull’origine della Coscienza, una Coscienza in parte estesa e universale, ma contrariamente a quanto aveva fatto Sheldrake, qui vengono utilizzate nozioni scientifiche più che consolidate. L’articolo, quindi, risulta molto tecnico e non fruibile da chiunque; si appoggia su basi di Meccanica Quantistica e di Relatività Generale, da una parte, e sulla microbiologia cellulare del cervello dall’altra.

Vediamo cosa dice, prima usando un linguaggio un pochino difficile (non è necessario capirlo per comprendere il concetto di base) e poi andando in maniera più semplice all’essenza della tesi di Hameroff-Penrose. L’idea è che la Coscienza dipenda da processi quantistici coerenti e mantenuti tali da una “orchestrazione” biologica. Questi processi “orchestrati” avrebbero origine all’interno di una collezione di particolari strutture intracellulari dei neuroni del cervello, strutture proteiche che si chiamano “microtubuli”. All’interno di questi microtubuli tali processi quantistici si correlano e regolano l’attività sinaptica dei neuroni e l’attività “membranica” cellulare. L’evoluzione continua di questi processi secondo l’equazione d’onda di Shrödinger termina in accordo con lo specifico schema (di Diosi-Penrose[5]) di “Objective Reduction[6]” dello stato quantistico. Questa continua attività di collasso orchestrato della funzione d’onda (Orchestrated Objective Reduction, abbreviato in Orch OR che dà il nome alla teoria di Hameroff-Penrose) si teorizza che sia all’origine dei momenti di quella che chiamiamo consapevolezza che forma la Coscienza.

Come dicevamo prima tutto questo è molto ostico da capire, ma quello che importa comprendere è che qui l’origine della Coscienza viene legata alla relazione tra la geometria dell’Universo che determina la decoerenza dei processi quantistici e la struttura microcellulare del cervello. Secondo Hameroff-Penrose la Coscienza nasce quindi dalla relazione tra la struttura geometrica dell’Universo e la struttura microcellulare del cervello. Come per Sheldrake abbiamo uno scenario collettivo che sta all’origine della Coscienza. Hameroff-Penrose, in base alla loro teoria, in altre parole, ipotizzano che all’origine della Coscienza ci siano degli impulsi o “eventi” fisici discreti; tali enti sono continuamente presenti nell’Universo come eventi “proto-coscienti” (vedi nota 4); questi agiscono come parte e in accordo a precise leggi fisiche non ancora pienamente comprese. In tutto questo la Biologia ha predisposto, attraverso l’evoluzione, un meccanismo per sintonizzare ed orchestrare questi eventi e relazionarli all’attività neuronale ed è questa relazione che sarebbe alla base dei momenti di consapevolezza e di Coscienza.

Oltre alla mente estesa di Sheldrake qui riconosciamo anche i semi di quello che Jung ha chiamato “Inconscio Collettivo”. Di nuovo, tutto ci ripete che all’essenza della Coscienza c’è una relazione; una relazione tra enti più “energetici, spirituali” ed enti più “materiali, di forma”.

Io sono!

Il canto primordiale continua a vibrare nelle nostre Coscienze. Continuiamo ad alzare gli occhi al cielo e a farci invadere da quella stessa bellezza che meravigliò quel primo essere umano. Continuiamo a danzare e a raccontare storie condividendo tra tutti noi la Memoria e la Coscienza dell’intero Universo. In quella savana africana qualcosa è nato e continua a svilupparsi ancora oggi.

Io sono!

Coscienza implica consapevolezza e quando accumuleremo sufficiente consapevolezza ci faremo culla per una più alta Coscienza di inimmaginabile stupore.

Tutto è meraviglia.


[1] Il concetto di primo uomo viene presentato dalla Filosofia esoterica col nome di Manu, ed il Manu-radice è l’iniziatore di una delle sette Razze o Cicli di manifestazione dell’Essere e Coscienza planetaria di cui siamo parte: “Manu. Nome rappresentativo del grande Essere Reggitore, primo progenitore e capo del genere umano. (Deriva dalla radice sanscrita “man”: pensare” (A.A.Bayley, Iniziazione umana e solare, p221)

[2] La magnifica avventura della mitologia è raccontata nel libro “Il Mulino di Amleto” di de Santillana e von Dechend.

[3] Chi vuole approfondire questo interessantissimo argomento può leggere il libro di Rupert Sheldrake: “The Presence of the Past – Morphic Resonance and the Habit of Nature” Ed. Icon Book 1988

[4] L’articolo in esame è “Consciousness in the Universe. A review of the Orch OR theory” di Stuart Hameroff e Roger Penrose 1990 Ed. ScienceDirect

[5] Qui le cose si fanno veramente molto complicate. Secondo il modello di Diosi-Penrose il collasso della funzione d’onda di uno stato quantistico con la relativa perdita di coerenza dello stesso sarebbe dovuto ad un effetto gravitazionale. Quindi la geometria dello spazio influisce sulla coerenza di un sistema quantistico. Per approfondimenti molto tecnici si veda https://en.wikipedia.org/wiki/Diósi–Penrose_model

[6] È la stessa cosa che dire “collasso della funzione d’onda” o perdita della coerenza quantistica

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