La ricerca dell’Essenza: la maschera della “cortesia”


Sul Sentiero, l’aspirante impara ad ascoltare la voce della propria più intima Essenza, che fiorisce come un fiore nel deserto, spesso dopo aver vissuto l’aridità, la solitudine e la ricerca infaticabile dell’Acqua che sola può placare la sete dell’anima.

Non ancora o non sempre l’individuo sul Sentiero ha strutturato il Coraggio (da cor, cuore) di presentarsi libero da sovrastrutture e da meccanismi di difesa; la sua immaturità spirituale appare talvolta evidente nel formalismo delle relazioni, che possono essere ansiogene e vissute in una dimensione di difesa; nell’incapacità di Dialogo ravvicinato, davvero aperto e fraterno; nella difficoltà di rapportarsi agli altri in modo umile e trasparente; nella difficoltà a Cooperare in modo vero e sentito.

A questo proposito l’informatica, con la possibilità di vivere isolamenti protettivi o narcisistici attraverso l’utilizzo di mail, social, ogni tipo di messaggistica, forum esiti contribuisce a fornire i mezzi per tali distanziamenti.

Perfino la “spiritualità”offre alibi e razionalizzazioni per l’evitamento o la rarefazione di relazioni umane, amicali e perfino sentimentali, che si sceglie di vivere “a distanza”: ci si può così trincerare dietro la necessità di ridimensionare aspetti affettivi per “stabilirsi sul piano mentale”, “superare l’emotività” e “evitare i conflitti di personalità”; o dietro il presunto valore di leggere ogni emozione o sentimento riferendoli ad una dimensione “universale”, e mai personalistica o riguardante contingenze e rapporti vicini e reali, così da poter agevolmente e “nobilmente” evadere il confronto.

Gli Ideali professati, ma non sempre vissuti, diventano il sostegno cui affidare la propria stabilità emotiva, i propri riferimenti mentali ed il proprio valore.

Si sviluppa allora la “cortesia” (“comportamento adeguato ad una corte”) virtù elevata se intesa nel suo senso più alto di rispetto e riconoscimento del valore dell’altro, ma in tali casi vissuta come formalismo separativo teso a evitare confronti e coinvolgimenti.

Essa, intesa nel suo senso più convenzionale ed esteriore, è per lo più una formazione reattiva che nasconde aggressività repressa e difficoltà di Dialogo reale; in ogni caso, tale “cortesia” nulla ha a che fare con l’Attenzione e la Cura per l’altro, che hanno ben altre qualità, più elevate, vibranti, pure e sottili.

Analogamente, la “cordialità” (da cor, cuore, atteggiamento, gesto del cuore) in situazioni di scarsa aderenza al Sé diventa mera esteriorità, che non scalda e non convince, puro artefatto dell’ego, caricatura dell’amorevolezza; serva degli umori volubili o dei piccoli obiettivi della personalità, si manifesta come superficialità ondivaga ed estemporanea; non sostenuta dai fatti, si presenta palesemente incoerente con l’azione.

Cortesia formale e cordialità esteriore, al di là delle dichiarazioni verbali che possono essere anche apparentemente calde ed “empatiche”,  svelano prima o poi il loro vero volto di pietra, in modo più o meno esplicito: si presentano allora come ambiguità, compiacenza, piaggeria, formalismo, vaghezza di contenuti nella comunicazione, distanziamento emotivo, comportamenti sfuggenti, aridità, sostanziale indifferenza nei rapporti, negazione di fatti pur evidenti per “quieto vivere”,  fuga dalle responsabilità, mancanza di coerenza, viltà, timore del “giudizio del mondo”:

 “Non lasciare che la prudenza del mondo mormori troppo vicino al tuo orecchio, perché questa è l’ora dell’inatteso.”
(SriAurobindo)

Spesso la cortesia puramente formale copre sentimenti di vergogna, consci o inconsci, che si originano per lo più dalla necessità di evitare il riconoscimento di impotenze, insuccessi, fallimenti di progettualità; dall’esigenza di difendere comunque modalità di vita e/o tipologie di rapporti  incongrue, nate dal bisogno, dalla carenza, dalla solitudine invece che dalla convinzione della mente, dalla pienezza dei sentimenti, dalla comunanza di percorsi evolutivi, dall’affinità di sensibilità.

La vergogna si origina in sostanza dalla coscienza di non vivere in contatto coerente con la parte più vera di se stessi, e pertanto: dalla scelta di sostenere relazioni inadeguate, che talvolta, non riconosciute come compulsioni da dipendenza, vengono infantilmente ostentate come elevati conseguimenti, al fine di negarne, più o meno consapevolmente, la pochezza, l’insincerità e l’opportunismo, e qualche volta anche protratte nel tempo per abbrivio e per l’orgoglioso rifiuto di riconoscerne l’inappropriatezza; dal timore che altri possano leggere cosa c’è realmente al di là di maschere impeccabili, sbandieramenti di ideali,  proclamazioni di alte credenze o “fedi”, riferimenti al “Cuore” o all’“Amore universale”; e – soprattutto – dalla sensazione  intima, a volte dolorosamente consapevole, di non essere in grado di provare sentimenti reali, di interessarsi all’altro e di amare davvero.

Ma infine la verità irrompe e, priva del suo abito seducente, la cortesia formale svela il suo vero volto di Sfinge dell’Indifferenza.

Il reale interessamento che nasce davvero dal Cuore:

  • è vicino e costante;
  • caldo ed empatico;
  • operativo e cooperativo;
  • umile e paritario;
  • pronto e fidante;
  • ampio e lungimirante;
  • espansivo e generoso;
  • è di sostegno e “agisce in vicinanza”;
  • non teme di “compromettersi”, di “violare etichette”, di annullare distanze;
  • è attivo e pratica con convinzione l’“amore per l’azione”:

 “La massima fondamentale dell’uomo libero è quella di vivere nell’amore per l’azione e di lasciar vivere avendo comprensione per la volontà altrui”.
(Rudolf Steiner, La filosofia della libertà)

Quando la situazione lo richiede, poiché riguarda l’essenza delle cose, delle situazioni e dei rapporti, e si presuppone che l’interlocutore abbia la consapevolezza idonea a comprendere, il Cuore si espone direttamente con Coraggio, facendo appello alle qualità del Primo Raggio; è capace di gesti forti e diretti, sceglie di non proteggersi per viltà dietro “mascherature del disinteresse” quali la forma, la presunta virtù del “non immischiarsi”, la pietà che distanzia…

“Non la pietà che punge il cuore e rammollisce l’essere interiore, ma una compassione e una carità divine,  potenti e imperturbabili, ecco le virtù che dovremmo incoraggiare.”
(Sri Aurobindo)

L’Anima, per sua natura, libera e “svela”, richiamando incessantemente alla Verità di sentimenti, azioni, motivazioni, aspirazioni, dissipando col tempo annebbiamenti emotivi e mentali che conducono a chiusure orgogliose, caparbietà di comportamenti, a volte meschinità di atteggiamenti che coprono il volto dell’Intelligenza e dell’Amore:

“L’Amore è un sentimento e questo sentimento deve essere motivato da un atto di volontà motivato dall’intelligenza”.
(Eva Pierrakos, Il Sentiero del risveglio interiore, lez.143).

 

 

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