L’incontro fra Mercurio e Nettuno, che risuona oggi nella comunità solare, ci interpella invitandoci ad esprimere le qualità della Parola, con l’orecchio ancora particolarmente attento al messaggio dell’Istituto del Cuore, che anima l’anno in corso, seppure già in ascolto di quello futuro, che informerà il 2017.
Negli scorsi articoli del 2016, ci siamo soffermati su termini di uso quotidiano, che esprimono la stessa radice di “cuore”, da “coraggio” a “misericordia”, allo scopo di togliere loro la polvere che ne offende la bellezza e riscoprirli nella loro verità. In quest’ultimo articolo del ciclo annuale, che mira alla sintesi delle riflessioni compiute, affronteremo invece parole concettualmente più complesse, per coglierne l’essenza realmente semplice.
Per farlo, torniamo per un istante al punto di partenza, e cioè all’etimo di cuore: la radice *KERD-/ hṛd esprime l’idea del vibrare. Vibrazione significa fremito della Sostanza, quel moto oscillatorio che sommuove la Sostanza spaziale permeata di Spirito, dando origine agli infiniti cicli evolutivi e mettendo in comunicazione tutti i livelli dell’Essere, tutti i mondi, con mutui rapporti vitali e correnti magnetiche.
Si pensi agli innumerevoli riferimenti dell’Agni Yoga alle relazioni e comunicazioni vibranti nello spazio che connettono l’uomo ai Mondi lontani e alle Forze superiori. Ne citiamo qui uno che mette in risalto l’aspirazione ad una qualità ritmica superiore: […] Si cerca la comunione con Noi; il mezzo più potente sta nel realizzare il proprio ritmo interiore. Si può ascoltare anche musica o bei canti ma il cuore è silenzioso perché sordo; se invece è educato, vibra concorde e risponde al ritmo. Il cercatore allora migliora, si fa più coraggioso e forte; collabora degnamente con il mondo terreno e sovramundano e vive nella gioia. (Sovramundano III, § 605, ed. Nuova era, 2003).
È in questa visione di comunicazione e corrispondenza universali che si inserisce la facoltà di “porre domande” allo Spazio vivo e vibrante, pieni di fiducia nella risposta, e di immettervi Pensieri creativi: […] Anche i pensieri umani crescono nello spazio. Un pensiero impersonale ed eroico è un seme potenziale per rigenerare il mondo futuro. Non solo i grandi Maestri sono dunque Creatori cosmici: qualsiasi pensatore può fare del bene. (Op. cit. I, § 176).
In questa visione non vi è luogo per comportamenti separativi che, da un punto di vista etimologico, non esistono di per sé, ma si manifestano quale resistenza o sbarramento alla diffusione del vibrante moto di comunione cosmica. Vediamone il perché: il termine deriva dal verbo latino separare, composto dal prefisso se, che indica divisione – lo stesso, per intenderci, di “senza” – e da parare, che indica ’”apprestare”, “approntare”, da una radice indoeuropea *PAR-/*POR- che esprime l’idea del compiere, del portare al di là per uno scopo; è lo stesso etimo di porta: il separare manifesta dunque il concetto di “chiudere il passaggio”.
Dall’immagine degli infiniti ritmici moti ascendenti e discendenti che hanno vita nello Spazio e che in ogni istante accendono opportunità nuove, scaturisce la parola che deriva dal latino aeternitas, la cui base è costituita da aevum, eternità: trae origine dalla radice indoeuropea *I-, che esprime l’idea del moto, dell’andare, conservata nel latino ire e nel sanscrito aivas, andata, viaggio.
È importante far risuonare quest’anno l’espressione di moto sempiterno, perché è uno dei termini chiave della grammatica del cuore e dello Spazio: se la morte fisica corre il rischio di essere intesa in modo separativo, l’idea di eternità l’illumina come una porta che si apre sull’infinito.
Rispecchia in modo smagliante il concetto d’incessante processo di ordinamento universale la parola cosmo, dal greco cosmos, derivante dalla radice indoeuropea śās, che esprime l’idea del “collegare” [śā] “insieme” [s]: “mettere in connessione, al posto giusto”. Colpisce che il termine latino carmen, canto, abbia la stessa origine e sia, letteralmente, un modo per “suscitare legami ripetuti” (F. Rendich, Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, 2010, Palombi Editore, p. 432).
Questo stesso pensiero è espresso sinteticamente in un punto del brano già citato sopra, Sovramundano III, § 605: […] Ricordate la metrica antichissima del sanscrito e della poesia greca e romana. Vi si trovano modelli assai evoluti di suono ritmico, accuratamente disposti. Gli antichi sapevano che è necessario comunicare con il Cosmo.
Un’altra parola che è bello far risuonare in questo periodo di prossima chiusura di un ciclo e di imminente apertura di un altro, è solennità, che ricorre così numerose volte nell’Agni Yoga. Cominciamo da un avvertimento: Molte espressioni verbali sarebbero da rivedere. È tempo ad esempio di inculcare la solennità, ma questo bel concetto sarebbe mal compreso da molti, per i quali significa ozio festivo, passeggiare senza scopo e dir cose senza senso. La solennità è invece l’alta offerta del meglio di sé, la tensione delle energie superiori, il contatto con le Porte che si avvicinano. (Aum, § 523)
Il termine deriva dal latino tardo sol(l)emnitas, composto dall’aggettivo sollus, voce arcaica che sta per solidus e significava intero, indiviso, e da annus, “anno” e “stagione”, indicando sia la festa di particolare rilievo che si celebrava stagionalmente o annualmente, sia l’attitudine ad essa consonante. La radice di anno non è ancora individuata con certezza, poiché gli etimologisti dibattono se derivi dall’indoeuropea *AM-, che esprime l’idea di tempo, oppure da *AN-, che esprime quella di circolarità. Secondo Rendich, deriverebbe da *AT-/*ATH-, che indica il concetto di “muovere da un punto ad un altro”: in sanscrito athari è la fiamma, e il termine latino deriverebbe da *atnus (Op. cit., p. 115).
Qualunque sia l’etimo della parola, emerge chiara l’idea del moto ritmico dei cicli annuali e dell’antica, profonda adesione della comunità umana al Cielo, espressa in spirito di vibrante, rituale corrispondenza. Il § 593 di Cuore ci incoraggia: Partecipare comunque alla costruzione del nuovo Mondo è sempre bello: e questo è il vero regno del Cuore. Questa desiderabile purificazione della vita conferisce quella solennità che è come una Luce inestinguibile.