Attualmente Sole-Vulcano si trova nella sesta qualità di Pisces, trasmettitore delle energie del 2°e del 6° Raggio connesse all’Amore-Saggezza e alla Devozione-Idealismo, e segno della compassione e dell’empatia, della salvezza e del compimento, che agisce per arricchire e riunire conducendo alla sintesi.
La Sesta qualità divina tende sempre a ricongiungere ciò che sembra separato, spargendo intorno a sé il bagliore della Verità intuita, che è poi l’essenza e lo scopo del comunicare se elargita con una buona dose di discernimento.
Il Signore del sesto Raggio è Nettuno che sprona e sostiene le varie società, capovolgendo i vecchi schemi ed elaborando, durante il suo ciclo di 169 anni, nuove forme di vita comunitaria per introdurle nelle coscienze e fare in modo che gradualmente si concretizzino.
Tenendo conto che durante il 2016, meta 5.2 – Istituto del Cuore, viene accentuato il secondo aspetto della Manifestazione della Nuova Cultura e Civiltà, che è l’Educazione, i tre articoli annuali sulla Comunicazione si occuperanno della Comunicazione educativa per sostenere la costruzione della Forma pensiero della Nuova Educazione all’interno di una Nuova Cultura e Civiltà.
La comunicazione è un fenomeno molto articolato che coinvolge una complessità di fattori e che mette in scena dinamiche molto articolate; ma la maggior parte delle persone, quando comunica, non essendo consapevole di ciò, favorisce la nascita di innumerevoli problemi e incomprensioni.
Quindi è essenziale avere la consapevolezza che, essendo creature pluri-dimensionali, svolgiamo la nostra comunicazione su dimensioni diverse, seppure interconnesse, in quanto essa comprende, aldilà delle parole, una grande quantità di materiale nascosto, formato da esperienze personali e informazioni come ricordi, aspettative, dubbi, influenze familiari e culturali che vengono attivate inconsapevolmente dagli attori del processo comunicativo.
Detto questo, è facile capire che chi comunica all’interno di un ruolo educativo, come un genitore, un educatore, un insegnante o altro, ha una grandissima responsabilità perché la parola non trasmette unicamente il concetto compreso nella parola stessa, ma anche quella grande somma di ‘sommerso’ che porta con sé.
È fondamentale perciò che chiunque ricopra un ruolo educativo divenga consapevole della propria parte sommersa, delle dinamiche che attiva al momento della comunicazione e del punto da cui questa ha inizio: la persona che ha un compito educativo deve conoscersi e deve lavorare interiormente affinché la propria comunicazione sia il più possibile ‘centrata’.
Inoltre è necessario conoscere le modalità specifiche di comprensione e di comunicazione di chi ci sta di fronte, soprattutto dei bambini e dei giovani di oggi che sono molto diversi da quelli nati anche solo 20 anni fa, tanto che si può parlare non tanto di salto generazionale, quanto di un vero e proprio salto quantico, dato che molti studi scientifici hanno dimostrato che i bambini del Terzo Millennio presentano una sensibilità e una capacità intuitiva molto più sviluppate dei loro predecessori e queste caratteristiche influiranno sicuramente in modo positivo a livello comunicativo perché quasi certamente essi sapranno cogliere, intuitivamente, tutte le informazioni nascoste che chi comunica con loro sta trasmettendo, anche involontariamente.
A questo proposito si può fare l’esempio di tutti quegli insegnanti e genitori che comunicano gridando e non riescono ad ottenere ciò che vogliono, cioè il silenzio e l’attenzione degli alunni o l’ascolto dei figli.
I messaggi nascosti, che i bambini captano quando l’adulto grida, potrebbero essere: “non sono capace di farmi capire”, “devo gridare per farmi sentire, dato che fra noi c’è un grande distacco”, “le mie parole sono vane, per cui se urlo forse mi senti”, “ho paura di voi e cerco di farmi rispettare con il tono di voce elevato”, “sono disperato perché non sono capace di tenere a bada dei ragazzini.”
Quando le parole non vengono dal proprio centro, dal proprio potere personale, che non è potere su qualcuno ma potere in sé stessi, esse appaiono a chi ascolta fragili, confuse e inconcludenti e questo succede perché non usiamo quella forma di intelligenza umana di livello superiore che è l’intelligenza del cuore e così il nostro modo di comunicare risulta debole, inadatto e qualche volta anche scorretto.
Questo tipo di intelligenza ci consentirebbe di poter affermare con calma e assertività il nostro punto di vista, nel pieno rispetto di quello altrui, senza perdere il controllo della situazione.
Quando si comunica con il cuore, non si ha la necessità di sentirsi superiori per attenuare la propria insicurezza, ma tutto avviene ed evolve in maniera naturale: la comunicazione fluisce senza ostacoli e non c’è il bisogno di esercitare il proprio potere su chi viene educato usando toni di voce autoritari.
Certo non è una meta facile da conquistare perché si tratta di un percorso senza fine fatto di conoscenza di sé, consapevolezza e tanta esperienza, ma acquisirne coscienza significa essere già a buon punto sulla strada del cuore: è un’esperienza entusiasmante e interminabile, un’autentica sfida con sé stessi che vale la pena di affrontare perché forse rappresenta l’unica strada conosciuta dal cuore per arrivare a comunicare con gli altri in modo corretto e armonioso.
“Si troverà che il cuore non è solo una macchina che fa circolare i fluidi vitali, ma anche il generatore di un certo tipo di essenza intelligente che è il fattore positivo nella vita della cellula.”*
Si è sempre affermato che la scuola deve nutrire gli intelletti, ma gli educatori che fanno scaturire la comunicazione dalla loro mente e la dirigono esclusivamente verso le giovani menti, in genere non vengono ascoltati perché i ragazzi hanno il bisogno di essere guidati nello studio e nella comprensione di tutti i livelli del loro essere: fisico, mentale, emozionale, sociale e spirituale.
Quando vengono costretti ad apprendere solo sul piano intellettuale, reprimendo le altre dimensioni dell’essere, manifestano la loro insofferenza e vengono definiti iperattivi, elementi di disturbo, sognatori, distratti, a volte persino autistici, quando molto probabilmente l’insegnamento tradizionale li annoia e avrebbero bisogno di stimoli diversi, più consoni alla loro idea di vita, all’enorme salto generazionale, al progresso tecnologico e, quindi, alla loro realtà e alla loro vera essenza.
È fondamentale dunque che la comunicazione educativa tocchi tutte le dimensioni dell’essere, dimensioni che l’educatore deve prima riconoscere in sé stesso e poi trasmettere ai propri figli o ai propri alunni, perché non basta farli esprimere attraverso il loro corpo, parlare con loro di emotività, di intelletto e di spiritualità se prima l’educatore non ha integrato in sé queste parti del suo essere.
Soltanto al raggiungimento di questa integrazione armonica la comunicazione diviene veramente centrata ed efficace in quanto le parole esprimono l’interezza dell’educatore, e non solo una parte di sé, ed è allora che il bambino e il ragazzo si mettono veramente in ascolto, perché sta parlando a partire da tutto il suo essere e si sta rivolgendo a tutto il loro essere: in questo modo riescono a sentirsi veramente capiti, rispettati e considerati completamente.
Esistono tante tecniche e strategie di comunicazione molto utili, ma il primo passo per una comunicazione efficace è divenire consapevoli di come funzioniamo, comprendere da dove stiamo parlando, chi sta parlando in noi, quale parte di noi è attiva e infine esprimere nella comunicazione tutte le nostre dimensioni interiori, prendendo il via da una posizione di centralità consapevole e vera.
È urgente trovare il modo di giungere a questo tipo di comunicazione autentica che va dalla parola al cuore e rispetti i giovani e i bambini, considerandoli finalmente nella loro totalità integrata, in maniera tale da soddisfare anche le nuove richieste emergenti nell’ambito della convivenza umana.
La comunicazione educativa non si può esaurire in un puro e semplice scambio di informazioni: essa poggia sulla natura relazionale dell’uomo e deve esaltare i valori e l’autonomia delle personalità coinvolte per giungere alla rivalutazione di modalità comunicative troppo spesso trascurate o sottovalutate in campo educativo, come per esempio la comunicazione non verbale, il dialogo interiore e l’empatia.
L’educatore attraverso la retta comunicazione deve guidare il bambino alla costruzione del proprio modo di vivere e ad affrontare la realtà in maniera autonoma e consapevole, deve agire con gli altri e non sugli altri, accettandone i progetti e i desideri, perché non si può determinare nessuna trasformazione feconda, né si può arricchire e far progredire un altro se non a partire dai suoi scopi e bisogni.
Un rapporto è creativo quando spinge reciprocamente gli interlocutori alla crescita ed è possibile se vi è la certezza che l’altro ha sempre qualcosa da comunicare e che la sua presenza è un arricchimento reciproco.
Già Socrate, per il quale fondamentalmente l’educazione è un processo personale di autoeducazione, asseriva che essa è anche interazione; il dialogo di Socrate con i suoi discepoli è il rapporto tra due realtà imprescindibili: maestro-scolaro, adulto-minore, genitori-figli. Se togliamo un elemento del rapporto scompare anche l’altro.
Non c’è percorso educativo che possa essere compiuto singolarmente e quindi l’obiettivo di una comunicazione efficace può essere quello di avviare questo processo di unitarietà, che non prescinde dalla differenziazione da cui nasce lo sviluppo individuale e sociale, tramite il riconoscimento dell’altro come una persona unica e irripetibile qualunque sia la sua condizione di vita.
Comunicare con efficacia significa anche sottoporre a continua revisione il proprio modo di essere e di fare, le regole che governano i propri schemi comunicativi e i valori sottesi: all’educatore si richiede la capacità di meta-comunicare, cioè di aggiungere messaggi non verbali, per variare tempestivamente e all’occorrenza contenuti e modalità dialogiche secondo la risposta e la reazione del ricevente, che si deve sentire sempre coinvolto.
Quando la comunicazione educativa è vera deve indicare un futuro spirituale, che non si riferisce a questioni religiose, ma a qualsiasi attività fisica, emotiva, mentale, intuitiva o sociale che sia avanzata rispetto alla condizione in cui si trova l’interlocutore in quel momento della sua esistenza, perché lo spirito dell’uomo progredisce di stadio in stadio sul Sentiero dell’Evoluzione, sviluppando continuamente e regolarmente gli aspetti e le qualità divine.
Senza rinnegare nulla dell’insegnamento passato, che è stato funzionale alle varie epoche storiche, essendo consapevoli che viviamo nell’era dell’inclusività e della sintesi, è opportuno che oggi si incominci ad attivare un tipo di comunicazione educativa che tenga conto, come si diceva all’inizio, di tutte le dimensioni dell’essere e non solo della mente inferiore e raziocinante.
È necessario penetrare con delicatezza nelle dimensioni della mente superiore e dell’anima, esplorandone le connessioni sia fra di loro che con gli altri aspetti dell’individuo e del Tutto, stimolando l’osservazione e la concentrazione.
Naturalmente per sperimentare questo nuovo tipo di comunicazione educativa è indispensabile mettere in moto la già citata intelligenza del cuore perché solo lui può dirigersi nelle sconfinate regioni dei Mondi Lontani e solo lui può accostarsi con amore alle giovani coscienze per diffondervi la fiamma della vera conoscenza.
“Quanto si è detto del linguaggio del cuore — eppure per la maggioranza resta un’astrazione teorica. Senza insistere sulle forme più elevate di questo metodo di scambio, cercate di assimilarne i principi fondamentali che si devono manifestare senza indugio e per cui non occorre una preparazione speciale. Qualunque linguaggio ha per primo scopo la comprensione reciproca, il che significa che non solo vi occorre capire l’interlocutore, ma anche rendergli facilmente comprensibile il vostro parlare. A tal fine, imparate a parlare nella sua lingua, usando le sue stesse parole, le sue stesse espressioni; solo così egli ricorderà, accogliendo il vostro pensiero nella propria coscienza. Del pari, imparerete a ritenere le sue parole, e senza neppure rendervene conto vi aprirete un accesso nella sua mentalità. La più perfetta forma di comunione sarà la percezione del pensiero senza parole.
Dopo le fatiche quotidiane, raduniamoci a parlare del Cuore. Ci condurrà oltre i domini terreni, verso il Mondo sottile, per accostarci alla sfera del Fuoco.”**
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*A. A. Bailey – Trattato del Fuoco Cosmico, pag. ingl. 702, Nuova Era-Roma.1979
**Collana Agni Yoga. Cuore. §107.
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Grazie a te, Bianca, che sempre con i tuoi commenti arricchisci e completi il mio pensiero.
Grazie, Anna, della tua sentita riflessione, il tema della Comunicazione nell’Educazione mi sta molto a cuore e su di esso ho più volte riflettuto.
Ho anche sperimentato come vero ciò dichiara Rudolf Steiner: la qualità più importante per un insegnante non è tanto la sua capacità pratica ma la sua disponibilità interiore, i suoi pensieri non espressi in parole, poiché gli allievi sono interessati all’esistenza spirituale degli “adulti di riferimento”, al loro mondo interiore e al loro modo di concepire l’esistenza.
Ogni azione educativa richiede una interazione empatica, dalla quale nascono la capacità di leggere le richieste degli allievi attraverso le loro reazioni o l’apparente assenza di reazioni; la volontà di essere “incisivi” senza forzare; la disponibilità a recepire il mondo esterno e interno degli studenti leggendo in profondità nelle loro e nelle proprie sensazioni; l’organizzazione di un contesto per tutti educante.
Il docente della Nuova Era, pertanto, mostrerà luminosa dedizione; non si ridurrà a presentarsi come trasmettitore e verificatore di conoscenze, ma amerà i suoi studenti di un amore-intelligente, personale ed impersonale, e curerà che lo stesso amore circoli creativamente nel gruppo di coloro che sono istruiti, originando senso di appartenenza al Gruppo e alla Scuola.
Egli ricorderà che, come indica Platone nel “Menone”, “ogni educazione è autoeducazione” e motiverà alla “saggezza dell’altruismo”:
“La saggezza è una meta pratica per ogni persona istruita. I nostri laureati dovrebbero includere la saggezza nella loro visione di una buona vita. La saggezza dovrebbe essere inculcata, ispirata e idealizzata. Occorre fare in modo che lo studente trovi naturale, e non un sacrificio, chiedere: – Come posso giovare ai miei tempi? – ”.
(Foster Bailey, Riflessioni)