Come già detto nel precedente articolo, del 28 maggio scorso, concludiamo oggi gli estratti dalla Dispensa intitolata “Comunione”, scritta da Enzio Savoini ad inizio 2001 e presentata ad un gruppo di ricercatori nell’aprile dello stesso anno.
Come avvenuto nei precedenti estratti troveremo molte volte il termine “Comunione” all’interno di articoli il cui titolo è “Sistema e Comunità …”.
Può esistere una Comunità senza Comunione? Si può pensare ad una Comunione senza Comunità?. Entrambi i termini o, per meglio dire entrambe le Idee, sono contestualmente sia causa sia effetto, e siamo certi che la lettura di quest’ultimo articolo, ed ancor più del trittico complessivo, potrà aiutarci non poco per introdurre correttamente i concetti di Comunità e Comunione nei pensieri rivolti verso l’edificazione di una Nuova Cultura/Civiltà, della quale sentiamo oggi un grande e crescente bisogno.
In chiave sinergica invitiamo inoltre i lettori a confrontare i principali aspetti introdotti nel trittico con gli articoli già apparsi nel 6° Campo, dedicato a Comunità, appunto, dal quale discende la categoria Ideali/Valori.
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LUCE
Si scopre che la natura della Comunione è duplice. Irradia dai centri, oscillano i campi. Per questa ragione splende. E’ Luce, e come tale si scinde in sette Raggi. Comunione, dunque, non significa uniformità: al contrario, è la fonte di innumerevoli varianti, ciascuna delle quali, a sua volta, è variabile. E’ infinitamente ricca.
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Così stando le cose, la Comunione è preziosa per capire la Luce, e questa per penetrare in quella. Si snoda un filo di pensiero: la Luce solare è Bene comune; è pulsante, ma non viene mai meno. Quando il Sole tramonta appaiono le stelle, che sono centri solari d’altre Comunità cosmiche: ecco un esempio ben noto di esplosione costruttiva, armonica e luminosa. L’alternanza giornaliera fra Comunione e Comunità alleva la coscienza e la prepara alla realtà dell’Infinito.
4 SIMMETRIA
Può l’Infinito essere detto simmetrico? E’ il segno dell’uguaglianza e della diversità, nello stesso tempo, e questa è una simmetria. E’ l’Uno ed è il molteplice. Altra simmetria. Per gli illimitati contrasti che ospita è certamente simmetrico, oppure, detto in altri termini, equilibrato. I contrasti e le opposizioni, quando in campo infinito, sono garanzia d’equilibrio.
Nell’Infinito, si ricorda, non esistono quantità, ma soltanto commensura e proporzione, che sono le misure reali degli atti. La simmetria è l’arte della proporzione, ossia il potere della Bellezza.
Ne deriva che la Comunione è il laboratorio della simmetria, dove tutte le imprese trovano il loro esatto contrappeso, che ne annulla le esteriorità, pareggiandole, e ne sprigiona l’essenza. Questa è l’opera della simmetria, che crea e usa i contrasti per liberare i prigionieri delle forme. E’ la ragione profonda di quella Bellezza che si crea semplicemente opponendo le forme a se stesse, ossia giustificandole con una legge.
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Il potere simmetrizzante è il quarto, ed è centrale, poiché ogni punto è al centro dell’Infinito; ogni entità umana può manovrare quel potere, di cui ha libero uso. Tutte le grandi e celebrate opere d’arte dei millenni scorsi sono rigorosamente simmetriche. Solo in tempi moderni si è voluto, di proposito, scartare la simmetria, e ne sono nate quelle opere sgraziate, prive di ragione, povere e nocive che affliggono la vista di chi le osserva.
La Comunione è simmetria, ovvero quell’energia che, liberando l’essenza, la pone in Comunione.
5 LAVORO
Altro aspetto della Comunione è il Lavoro. Comunione significa libera attività, continua, ciclica e condivisa. Ciascuno lavora per tutti, secondo le proprie scelte e capacità. Per questo motivo non ha senso parlare di lavoro specifico, ma soltanto di Lavoro, che è sinonimo di Comunione.
Il discepolo avverte di essere partecipe della Comunione quando scadono le sue attività personali ed esteriori, mentre s’afferma l’opera superiore, che non ha nome e ha tutti i nomi. Le prospettive, allora, cambiano, i moventi addirittura si capovolgono. Si smarriscono le specialità e si capisce la gioia.
Le prospettive variano perché il Lavoro è infinito, ritmico, luminoso, creativo e bello. Si lavora assieme per un’Opera sola, che ciascuno conosce in parte ma nessuno sa descrivere nella sua interezza. L’orizzonte si dilata e a poco a poco svanisce.
I moventi si capovolgono perché scompare l’interesse per il tornaconto o interesse personale.
Si smarriscono le specialità, che sono veri paraocchi. Il Lavoro comune non conosce campi d’attività separati. Sebbene nessuno veda l’Opera per intero, ognuno la tiene tutta nel cuore. Il Lavoro è il premio della Comunione.
Il Lavoro, dunque, è indescrivibile, eppure ciascuno sa quel che fa, e perché; impara a reagire alle priorità. Le attività non procedono alla cieca, perché un sapere comune circola fra gli Operai, i quali capiscono che, quale che sia l’altezza designata della Torre, il successo dipende da quanto ciascuno va facendo. Tutti ricevono quegli stimoli, e consigli, e messaggi che sono necessari per avanzare nell’Impresa.
Il Gruppo è testimone di questa verità, poiché procede nel suo lavoro senza poter dire di conoscerne il disegno generale: di volta in volta sa quali mosse sono da compiere e confida nei messaggi interiori. Per quale ragione il Gruppo sa, con chiarezza relativa ma sufficiente, ciò che deve fare in ogni fase? Perché i messaggi sono sempre meglio definiti? Perché oggi, ad esempio, si lavora attorno al tema della Comunione, sinora intesa in modo soltanto elementare?
Questi fatti dimostrano la Comunione.
Il Gruppo è esteriormente indipendente. Non riceve né esegue direttive emesse da enti o personaggi burocratici. Non ha da rispettare regolamenti, norme, convenzioni ufficiali d’alcun genere. E’ libero. Questa, che è una semplice constatazione, aiuta a riconoscere la Fonte interiore che ne amministra le energie, in silenzio ma con potenza crescente. D’altro canto, è giusto che ignori “quanto sarà alta la Torre”, perché è inesperto.
L’Opera comune è infinita, e tali ne sono le singole parti. Non esiste un lavoro più importante di un altro, qualunque ne siano il livello e la qualità.
6.1 SEDE
Ormai si vede che il concetto di Comunione, che all’inizio pareva fioco e inconsistente, si lascia invece indagare dal cercatore e si rivela tutt’altro che nebuloso. Non si lascia aggredire facilmente dall’approccio intellettuale, quindi richiede certe precauzioni, ma si apre se esplorato dal cuore.
Tale sua natura è posta in luce dalla necessità di rispondere a questa domanda: “Dov’è la Sede della Comunione?”
Le risposte non possono che essere ambivalenti, al punto da sembrare equivoche. La Comunione deve avere una sua Sede, poiché tutto ciò che è reale ha un suo Spazio. Limitando il concetto al Sistema solare, e dunque in senso relativo, quel Sito esiste, e non può che trovarsi sul piano dell’eclittica, sviluppo e sostegno di tutte le sue innumerevoli evoluzioni. Non si saprebbe dirne altro. Potrebbe essere nel Sole, o nei pressi, e persino variare con i grandi cicli del Sistema.
Si deve però aggiungere che qualsiasi altro Centro, essendo una porta d’accesso alla Comunione, funge da Sede: pertanto le sue Dimore sono una moltitudine, differenti per qualità e potenza e nondimeno comuni.
Tutti i centri, ossia tutti cuori, sono Sede della Comunione.
6.2 SEPARAZIONE, IL MALE COMUNE.
La pista della Comunione conduce a scoprire la sua negazione, vera causa di tutti i mali, così come quella è il Bene: la separazione.
La separazione, sia chiaro, non è un’Idea, è soltanto un gravissimo errore. Non ha esistenza reale, è una falsità concettuale, una sorta di vaso di Pandora, dal quale fuoriescono tutte le calamità umane. Perché l’uomo, mentre guarda il Cielo, pensa di esserne separato? Tramite gli occhi il Cielo entra in lui, si diffonde nel suo cervello, agisce sul sistema nervoso, sostiene il cuore. Dove sta la separazione?
Sta in un insieme di futilità. Il Cielo non può essere comprato, né toccato. Non è una merce quantificabile, dal valore commerciale definito. Bisogna accontentarsi di guardarlo, lontano. Non ha utilità pratica. Per simili pensieri inespressi l’uomo sorvola sul fatto che tutte le piante e le erbe vivono di Cielo tanto quanto di Terra. La distanza, effetto e causa della separazione, lo convince di essere isolato, non solo dalle stelle, ma anche dal prossimo.
Separato dal Cielo, non è una creatura celeste; separato dalla Terra, non è terrestre, e tratta il pianeta con indifferente arroganza, come se un tale comportamento non si rivoltasse contro di lui. Crede di essere al riparo dalle ritorsioni che provoca, nei confronti del mondo in genere e del prossimo. Non capisce che la frase famosa “chi di spada ferisce di spada perisce” vale per qualunque atto e si applica a tutta la condotta.
La separazione è un male tanto comune e diffuso che non vale la pena parlarne in dettaglio. Nessuno ne è totalmente immune, e pochissimi si rendono conto di esserne ammorbati. L’uomo trascorre l’esistenza nella convinzione di essere separato da ogni cosa, e cerca di temperare la solitudine con acquisti, matrimoni, gesti sociali. Nello stesso tempo teme l’isolamento, e lo combatte in varia maniera, ma sempre radicalmente convinto di essere separato.
In tale condizione psichica non può certo trionfare di quel male, e la morte, intesa come separazione finale, l’atterrisce. Così miseramente trascorre la vita, e cerca di dimenticare la solitudine con il lavoro, lo svago e altre diversioni, insomma con una socialità fittizia, che, lungi dal guarirlo, l’allontana dalla Comunione. E’ paradossale: l’uomo ha in orrore l’isolamento e non fa una sola mossa per rifiutare la malia della separazione.
Come la bruttezza altro non è che carenza di Bellezza, così la separazione è scarsità di Comunione. Non si combatte quel male con mezzi artificiali o esteriori, sarebbe come lottare contro i mulini a vento. L’unico modo sicuro per uscire dalle sue spire sta nel realizzare, per gradi, la Comunione, che è reale. La realtà distrugge l’illusione.
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7.1 LA REGOLA.
La Comunione è retta da una sola regola: tutto è di tutti. Ciò è possibile solo nell’Infinito. Bisogna tener conto anche della regola contraria: nessuno ha. Quando entrambe le versioni della regola sono rispettate, la Comunione è perfetta.
“Avere nulla per avere tutto” non è una regola nuova, è nota dai tempi più antichi. Si narra di un saggio giapponese, che, rimpatriato dalla Cina, dov’era stato per cercare la verità, disse agli allievi, per fare intendere d’averla trovata: “Sono tornato a mani vuote”.
Non possedere non significa povertà. Alcuni (pochi, invero), carichi di beni, non li possiedono; molti, al contrario, che non ne hanno, sono gravati perché li bramano. Ricchezza e povertà non sono divisioni ingiuste della società umana, come appare. Sono distinzioni arbitrarie promosse da chi ha e trattiene ciò che ha, e da chi non ha e vorrebbe avere.
Queste ultime parole sembrano ingiuste e folli, asociali e ingenue. Eppure la loro verità è dimostrata dalla Comunione, cui non partecipa chi ha le mani piene, ma neppure chi vorrebbe averle. I beni di cui si parla non sono soltanto materiali. Fama, onori, stima, plauso e tante altre sono le insidie dell’avere. Molti sono gelosi dei loro pensieri e persino li brevettano. Non capiscono l’infinita ricchezza della Comunione che ciascuno ha nel cuore.
7.2 ORGANIZZAZIONE
La Comunione, come si è visto, esclude il disordine. Deve dunque essere sapientemente organizzata.
La sua struttura gerarchica implica una varietà di funzioni collaboranti, e livelli crescenti di responsabilità. Ciò fa pensare a organismi differenziati. Nel firmamento se ne vedono i segni (galassie, ammassi stellari), ma il settimo potere li riunisce, magicamente, in uno solo. Il Cosmo è l’Universo organizzato, ossia l’Uno manifesto.
Narra il Maestro dell’Agni Yoga che quando uno dei discepoli, inviati nel mondo a cercare esperienza e saggezza, guardando le luci del Cielo disse nel cuore: “Salute a voi, fratelli”, il suo ego si dissolse.
Comunione è un termine rivolto ai molti, ma è una sola. Le Comunità sono molte, moltissime, la Comunione non può essere che una. Non tutte le Comunità ne fanno parte: non tutte, infatti, sono organizzate, perciò restano escluse.
Il potere organizzante è quell’energia che compone parti o settori distinti e dissimili in un solo organismo vivente: in questo senso è magico. Non è creativo, poiché le singole parti nascono da altre fonti, eppure dà vita a entità molto complesse, come un uomo, come un Sistema solare. Dal molteplice risale all’unità. Così garantisce il successo finale dell’Opera evolutiva, che riconduce all’origine.
Il settimo potere è necessario per aderire alla Comunione, che non impone uguaglianza, ma unità. Ne segue che l’unione psichica dei popoli umani non è da cercare nell’uniformità, che è un malanno, ma nella partecipazione concorde e dissimile al Lavoro comune.
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ESERCIZIO
La Comunione si vive e si percepisce nel cuore.
Può essere oggetto di meditazione, ma si realizza soprattutto durante il lavoro. Si giunge a riconoscere, per gradi, che oltre e sopra le normali attività personali si partecipa a un Lavoro superiore, immenso, comune, eterno e indescrivibile.
Ecco l’esercizio che si propone:
Sospendere, quando possibile, il lavoro esteriore.
Sentire la Comunione nel cuore.
Inattivi in senso personale, si riconosce di agire interiormente, a livello mentale, assieme a tutta la Comunione. L’Opera è coinvolgente, mentale, libera, variabile. Si segue il pensiero planetario, e nello stesso tempo si è pensati.
La noia dovuta all’ozio esteriore e il trambusto del pensiero ordinario scompaiono.
Questa è una “contemplazione attiva”, ed è il vero lavoro dell’anima, che finalmente affiora dall’inconscio.