In questo giorno, ispirato dalla seconda congiunzione dell’anno tra Mercurio e Nettuno, dedichiamo qualche spazio alla visione che alcuni Insegnamenti e cosmologie assegnano al potere creativo della Parola. Apriremo il nostro sguardo su ampi orizzonti, che potremo appena sfiorare, per non correre il rischio di chiuderli gravandoli con il peso della trattazione.
Iniziando dalla tradizione più nota e vicina, ecco risuonare potente l’incipit del Vangelo secondo Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo. Egli era, in principio, presso Dio. Tutto per mezzo di Lui fu fatto e senza di Lui nulla è stato fatto. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini …”: il termine italiano usato di consueto, “Verbo”, è la traduzione del greco Logos e del latino Verbum: la Parola.
A brevissimo commento di questo passo, citiamo quello di sant’Agostino, nel Discorso n. 119: “… Dilatate i vostri cuori, sostenete la povertà del nostro discorso. Siate aperti all’ascolto di quel che avrò potuto dire; sia oggetto della vostra riflessione quel che avrò lasciato inespresso. Chi può comprendere la Parola invariabilmente presente? Tutte le nostre parole risuonano e passano. Chi può comprendere la Parola invariabilmente presente se non colui che è immanente a se stesso? …”
Già prima, nell’Antico Testamento, così cantava il Salmista: “Dalla Parola del Signore furono creati i cieli, dal soffio della sua bocca tutto il loro esercito… perché Egli ha parlato e tutto fu, ha ordinato e tutto esistette” (Salmo 33, 6.9).
La tradizione induista è esposta sinteticamente dal Maestro Tibetano: “Nelle Scritture indù troviamo che il Signore Vishnu, che sta per la seconda Persona della Trinità, è chiamato ‘la Voce’. Egli è il grande Cantore che ha costruito i mondi e l’universo con il suo canto. Egli è il rivelatore del pensiero di Dio, che ha costruito l’universo dei sistemi solari. Come i Cristiani parlano del Verbo, della Parola di Dio, del Cristo, così gli Indù parlano di Vishnu, il grande Cantore che crea mediante il suo canto” (A. A. Bailey, Il Trattato del Fuoco Cosmico” § 980).
Ora, una suggestione da altre tradizioni: quelle Maya ci narrano che Cabahuil, il “Cuore del Cielo” crea l’Uno manifesto che si esprime in tre aspetti primari e in quattro secondari, i cosiddetti “Sette Guerrieri” del cosmo. L’evoluzione non può cominciare finché sui quattro non si diffonda la luce e il suono dei primi tre, che sono relazionati alle tre posizioni del sole diurno: all’alba, allo zenith e al tramonto E’ importante notare che nei racconti dei Maya Quiche quei momenti o posizioni sono chiamati “la comparsa della Parola” o Verbo. Si coglie così in questi miti la consapevolezza dell’apertura di canali di comunicazione particolarmente potenti tra Cielo e Terra nei momenti discontinui del giorno, assimilabili all’equinozio e al solstizio del ciclo annuale.
Dal Ghana ci giunge una cantilena Akan, quasi uno scioglilingua, che così s’interroga con freschezza sul mistero della creazione:
“Chi diede la parola. Chi diede la parola?
Chi diede la parola all’Udito,
Perché l’Udito parlasse ad Anananse,
Perché Anananse parlasse ad Odomankoma,
Perché Odomankoma creasse la Cosa?”
L’Udito è l’Essere supremo, Anananse è il Dio manifestato e Odomankoma il Dio infinitamente multiforme che crea la “Cosa”, l’universo.
Uno dei miti della creazione degli indigeni australiani ci narra del Tempo del Sogno: gli Spiriti ancestrali sorsero dalle viscere dalla Terra, finallora distesa indifferenziata contenente ogni potenzialità ancora inespressa. Fecero risuonare con potenza il proprio nome, cominciarono a camminare e a creare il cosmo con il proprio canto. Compiuta la creazione, intonando gli ultimi versi, ritornarono dentro la Terra, lasciando un’infinita serie di percorsi, le “orme degli Antenati”, tracce vibranti di parole e di note musicali. Per questa cultura, un territorio non cantato e non sognato è privo di vita, poiché il sogno e il canto sono la base dell’essere.
Compiendo la ricerca, si sono trovate altre numerose testimonianze che individuano nel Verbo l’origine del cosmo, ma le tradizioni sopra citate sono comunque sufficienti a rappresentare l’importanza del suono e della Parola nei processi creativi, con quei particolari elementi di immediatezza e suggestione che Insegnamenti e miti per loro natura custodiscono, poiché parlano al cuore e all’intuizione.
Avevamo già accennato al fatto che nell’etimo della “parola”, che deriva dal verbo greco paraballo, il quale significa “lanciare”, si ritrova il suono “bal/gal”, che esprime il moto tortuoso della folgore: la “parola” è letteralmente un lancio di fuoco. Ha la natura del fulmine, è incandescente: questa semplice osservazione ci induce a considerarla con lo stesso rispetto e la stessa attenzione che rivolgiamo al fuoco, e la parola espressa in modo consapevole manifesta, al pari di quest’elemento, energia, calore, luce e le qualità di forgiare e trasmutare.
Se ci soffermiamo un attimo su queste proprietà della parola, rimaniamo colpiti, e nasce in noi il desiderio di comprenderne meglio il potere creativo.
La parola esprime il pensiero, e ci viene detto che: “[…] Il pensiero è come il lampo.” (Foglie del Giardino di Morya, I, Appello § 39, Collana Agni Yoga), e ancora: “Amore e impegno fanno miracoli nella vita. Destiamo la vostra energia a nuovi pensieri, necessari per trasmutare, e per l’opera del pensiero nella vita. Dovete essere capaci di creare una vita nuova” (Op. cit. § 49).
Il pensiero e la parola sono infuocati nel momento in cui scaturiscono dalla Fiamma interiore, da quella Voce che, se porgiamo orecchio, domanda ascolto in ognuno di noi per trasmettere il proprio suono creativo.