Abbiamo già considerato il confine che separa il suono dal rumore; oltre alla percezione uditiva ed ai suoi effetti sulla psiche dell’ascoltatore, la fisica acustica consente di discernere chiaramente tra i suoni dai rumori: i primi corrispondono alla vibrazione periodica sinusoidale, nell’ambito della quale si svolge la “creazione” delle armoniche superiori, nei secondi il fronte d’onda è del tutto irregolare, non periodico e “non creativo”.
Eppure nessun confine è del tutto invalicabile, ce lo insegna innanzi tutto la storia dell’umanità nel suo manifestarsi ciclico, in cui linee di demarcazione geografica, ideologica e religiosa furono anche, nei periodi più radiosi, luoghi di incontro, di condivisione e di sviluppo ulteriore.
Il mondo acustico, che abbiamo visto essere in stretto rapporto analogico con il grande Mondo, può manifestare a questo proposito regole diverse? Certamente no; il confine tra le sue opposte polarità è formidabile, tale da suggerirci, a ragione, che il rumore sia l’analogo sonoro dell’oscurità e del male mentre il suono lo sia della luce e del bene. Anche questo confine è però permeabile, non solo per la soggettività dell’ascoltare, che può equivocare tra le due categorie sonore, ma anche per le leggi della fisica; infatti impulsi di compressione dell’aria atmosferica, percepibili come rumori, coordinati in modo ritmico “scolpiscono” in essa un fronte d’onda periodico, cioè un suono.
Prima di entrare brevemente nel dettaglio di questo fenomeno fisico poniamo attenzione su un concetto che abbiamo utilizzato per definirlo: quello di “Ritmo”. Normalmente si ritiene che il ritmo sia specifico della coreutica, che comprende le danze, ma più in generale riguarda la relazione armonica ed artistica dei corpi fisici umani nello spazio; ma questo è solo un aspetto di una realtà ampia che, per il fatto di non essere percepita costantemente nella nostra esperienza quotidiana, rimane sotto la soglia della coscienza: letteralmente nulla esiste d’immoto nel nostro campo d’esistenza e questo moto si manifesta secondo scansioni ritmiche. Parliamo naturalmente del moto universale, in primo luogo di quello planetario, che influenza i cicli della vita biologica ivi compresa quell’umana, ma anche dei moti maggiori, che mirano all’infinito, con i quali parimenti siamo solidali pur potendoci trastullare con l’illusione del poter permanere in quiete, senza ritmo nell’istante d’attualità che ci compete per diritto di nascita.
Galileo Galilei sulla consapevolezza del moto universale, gettò il seme del pensiero relativistico e lo esplicitò nel suo “Dialogo”, affermando anche, nel contesto del suo metodo scientifico, che il praticare le vie dei numeri (della matematica) avvicina la mente umana a quella divina.
Ora dobbiamo notare che il ritmo è l’applicazione del numero o di una combinazione di numeri, allo sviluppo, nel campo spaziale, di un’azione (moto); senza numero tradotto in ritmo questo sviluppo ci appare come informe trascorrere del tempo, mentre con esso questo flusso inesorabile acquista la dignità di una scansione ciclica che ha lo scopo di portare a compimento un “Inizio” in una “Fine” che, a sua volta, si staglia come nuovo inizio sui presupposti del ciclo precedente. La rivoluzione del Pianeta intorno al proprio asse, il suo orbitare intorno alla sua Stella, lo stesso oscillare della vita fisica umana tra il comparire e lo scomparire appartengono dunque a questa categoria di eventi ciclici sacralizzati e finalizzati ad uno scopo evolutivo, dal potere del “Numero”?
Lasciamo i “Massimi Sistemi” galileiani e torniamo alla sfera sonora ove è rimasta nell’attesa la bella analogia che essa ha da offrirci come risposta alla domanda che abbiamo appena formulato.
Dunque, ritorniamo alla promozione del rumore a suono per mezzo del ritmo; un semplice dispositivo acustico, la sirena, oggi soppiantata dall’elettronica, ci aiuta ad illustrare questo fenomeno, pur semplice. La sirena consta essenzialmente in un disco rotante su cui, lungo una circonferenza interna, sono praticati un o più fori attraverso i quali un flusso d’aria compressa è convogliato a passare generando, oltre al disco, impulsi di compressione nell’atmosfera. Questi non sono suoni, ma ritmi potenziali nel ciclo di rotazione del disco; attuando la rotazione a velocità sufficientemente elevata questi impulsi agiscono non più solo come piccoli rumori ritmici ma come iniziatori e prosecutori di un fronte d’onda acustica, la cui frequenza dipende dal numero dei fori, dalla loro disposizione simmetrica lungo la circonferenza e dalla velocità di rotazione del disco. Ecco un esempio concernente la generazione di un suono, della sua ottava e della sua quinta in una simulazione digitale della sirena:
Il suono elettronico e quello della sirena hanno strette analogie; più sopra abbiamo
affermato che la sirena “scolpisce” il fronte dell’onda sonora e, in effetti, ciò accade anche per quello digitale. In entrambi i casi la vibrazione non è libera di manifestarsi ad iniziare da un certo impulso (ad esempio la percussione della corda) ma vincolata al sistema ritmico dei fori oppure al funzionamento dell’oscillatore elettronico. Ciò implica un fatto importante: i suoni così prodotti sono privi d’armoniche; infatti, corrispondono ad onde sinusoidali perfette ma vincolate nel loro sviluppo, prive delle ‘irregolarità’, pur periodiche, dovute al sovrapporsi sulla fondamentale delle sue armoniche: ad essi manca quello che in musica si definisce “impasto timbrico” che rende gradevole l’ascolto e differenzia un tipo di strumento da un altro per il prevalere dell’intensità di alcune parziali dell’onda acustica su altre.
Sono dunque veri suoni? Diciamo che, affacciandosi sulla cresta di confine che immette nel versante delle armonie, recano ancora il retaggio del regno caotico dei rumori; sono imperfetti, privi di un vero potere creativo, ma protesi a far parte della comunità sonora che hanno scoperto a coronamento di un laborioso processo di trasmutazione; questa li attende e con essa sono già in grado di stabilire rapporti risonanti. Della risonanza tratteremo nel prossimo incontro, ora non ci rimane che riflettere, in cuor nostro, sulla profonda similitudine che la favola reale del rumore che si fa suono ha con quella dell’essere umano che, esperienza dopo esperienza, ciclo dopo ciclo, giunge a voler trasmutare il suo destino ed il suo ambiente, addossandosi la responsabilità che compete ad ogni membro dell’umanità: armonizzare le vibrazioni nonostante il clamore rumoroso dei conflitti.
Il ritmo immesso nell’agire aiuta nell’impresa, rendendo disponibili, per sintonia, i molti aiuti predisposti dalla comunità di coloro che furono precursori su questa via, ardua e lieve ad un tempo.