In aprile avevamo detto della relazione tra Campo di Servizio e Bene Comune, accennando anche all’uso degradato di quest’ultima locuzione.
L’usura di questo concetto è stata alimentata molto dal mondo politico, dato che di “bene comune” parlano sempre più spesso i Partiti, ponendo così a tutti una inevitabile domanda: come possono sistemi, organizzazioni, strutture che si auto-definiscono di “parte”, lavorare per il Bene Comune?
Per eludere la domanda alcune di queste strutture tendono oggi ad auto-definirsi non più partiti ma “movimenti”, termine che presuppone una origine, un obiettivo e, di conseguenza, un percorso. Abbiamo notizia che ciò sia già stato fatto, in modo chiaro e coerente, in direzione del Bene Comune? Il quale, essendo comune, presuppone anche il bene di tutti coloro che esprimono opinioni, punti di vista, intendimenti e modalità operative del tutto diverse da quelle propugnate da quegli stessi movimenti.
Come si instaura un dialogo che possa aprire alla “comprensione” dei Punti di Vista, come si attua il passaggio alchemico che riconduce le energie conflittuali in energie Armonicali?
Le ultime tre Direzioni di lavoro definite “trasversali” affronteranno questi precisi argomenti, vedi link https://blog-it.theplanetarysystem.org/direzioni-trasversali/
Intanto, per prepararci in merito, possiamo iniziare a leggere i brani seguenti, con l’auspicio di poter aprire al riguardo un vero dialogo indirizzato, appunto, alla “comprensione” dei punti di vista.
Estratti da “Comunione”, Dispensa inedita di E.S. – aprile 2001.
“Cosa significa il termine “Comunione”?
Nell’uso sociale indica un bene fisico o un diritto posseduto in comune da una famiglia, o società, o gruppo. Questo significato è impuro, perché la condivisione non è totale, quasi mai paritetica, ed è limitata nel tempo.
Si condividono in tal modo anche sentimenti, ideali, fedi, opinioni. Si formano e si disfano continuamente gruppi e società tenuti assieme da qualche elemento psichico, religioso o mentale. In questi casi la comunione è perfetta, in teoria: non ci sono quote di comproprietà e ciascuno è libero di entrare ed uscire da quell’ambiente. In pratica la libertà è assai minore, perché l’energia è, sì, posta in comune, ma cinta da confini, quasi secondo un catasto mentale, e richiede un’adesione più o meno rigorosamente definita. Delimitare ciò che di per sé è sconfinato è impossibile, ma gli uomini ci provano.
Gli uomini, nondimeno, hanno molto in comune, senza darsene ragione: condividono, ad esempio, l’umanità, e sono liberi utenti del Cielo, con tutte le sue stelle. Hanno, soprattutto, in comune la Vita. Non così l’esistenza, che sovente si tolgono l’un l’altro, per le più varie ragioni. L’esistenza, a differenza della Vita, è un ciclo esteriore che non si può mettere in comune, è personale, e non si può spartire.
Queste prime riflessioni mettono in chiaro che le “comunioni” oggettive sono spurie, mentre le più elevate, come il Cielo e l’aria che si respira, in verità non interessano alcuno. La “comunione dei santi”, di cui parlano certi teologi, vale solo per chi è allineato con una data fede, e dunque comune non è. Il sacramento cristiano dell’eucarestia, proclamato come atto di comunione, è riservato a chi è in regola con certe norme, quindi è condizionato e separato, e insomma non è in comune.
Si vede, sin dalle prime battute, che il tema non è dei più facili, nonostante l’apparenza. Trovare qualcosa che sia realmente comune a tutte le creature è un’ardua e incerta impresa, e le comunioni ristrette, ossia aperte a pochi, che comunioni sono?
Una comunità, di qualsiasi genere, religiosa o laica, non può sussistere senza un suo ordinamento. D’altro canto, la comunione non sopporta limiti o restrizioni, che l’annullerebbero. Il dissidio pare inconciliabile: regole, o no? Libertà, o no? Il contrasto tende a un’unica soluzione possibile: le varie comunità devono costituirne una sola, aperta e libera, altrimenti non sono una Comunione.”