Celebriamo oggi, per il 2015, la seconda congiunzione tra Mercurio e Nettuno: poiché questo è il Primo anno del quinto settennio, mirato alla fondazione di una nuova Cultura, nell’ambito di cicli più ampi, pensiamo sia importante riflettere insieme sul governo della Parola.
La prima domanda che ci poniamo è questa: come armonizzare il nostro linguaggio con la responsabilità di impegnarci ad essere “costruttori” di una nuova Civiltà?
Inizialmente, è necessario richiamare in modo sintetico alcune premesse già formulate in altre pagine. La “parola” è, letteralmente, un “lancio di fuoco”, poiché contiene nel suo etimo – par/bal/gal – l’idea del moto tortuoso della folgore. E’ dunque creativa, nel momento in cui può forgiare entità potenti traendole dalla fucina delle Idee, e anche agente di distruzione: quest’ultima può essere mirata, amorevole e intelligente, allorché è finalizzata a bruciare coscientemente forme desuete e ingiuste, scorie, ma è devastante nel momento in cui è inconsapevole o mossa da istanze e pulsioni personalistiche anziché dalla Voce interiore.
E’ utile domandarci: siamo davvero consapevoli del valore delle nostre parole?
La parola è il vettore di Intuizioni, pensieri, emozioni, sensazioni, e pertanto è possibile esprimerci in modo armonico soltanto nel momento in cui impariamo a riconoscere le relazioni tra il sé minore o personalistico, il Sé maggiore o Anima e la fonte vitale dello Spirito o Monade. Ne consegue che anche la capacità dell’uomo di creare, con pensieri, parole ed opere, si sviluppa unicamente attraverso l’espansione della coscienza, traendo energia dai livelli superiori. Per governare la parola e dare nome alle forme, dobbiamo sentire risuonare in noi e nello Spazio, in modo chiaro e ritmico, il nostro Nome o Voce interiore: è solo allora che la nostra persona o maschera assolve alla sua funzione amplificando e rendendo costantemente udibile il suono spirituale, anziché soffocarlo con rumori alterni.
Il governo della parola è dunque una facoltà intimamente interconnessa con la progressiva capacità della Persona di dare risposta all’Appello superiore: la parola nasce dall’ascolto, è questa la base di ogni approfondimento sul linguaggio.
E’ curioso scoprire che il termine ascoltare custodisce nel suo etimo l’intima connessione tra l’udire, il parlare, l’osservare e l’elevare: deriva dal latino auscultare, che sta per *ausicul(i)tare, da ausicula/auricola, diminutivo di ausis, orecchio. La radice indoeuropea di riferimento è *AU-, che nelle lingue antiche, dal sanscrito al greco al latino, esprime l’idea del porgere attenzione, dell’accrescere, dell’innalzare, sia nell’udire sia nel parlare: AVE, il saluto latino, ha la stessa origine.
Inoltre, nel momento in cui cooperiamo con altri compagni di sentiero sostenuti da una struttura ordinata o Modello sonoro nel cui ambito ognuno impara a emettere la propria nota, la domanda-risposta di uno diventa quella di tutti, e il gruppo progredisce per l’unico fine rispondente all’ordine cosmico: il Bene comune.
Si svolge dunque un continuo dialogo: formulando domande, invochiamo ed evochiamo risposte dallo Spazio vibrante di vita, che è Cielo.
Esaminiamo insieme l’etimo di “dialogo”. Deriva dal latino dialogus, traslato dal greco dialogos, composto dalla preposizione dià, attraverso, e da logos, parola; letteralmente, Logos è “l’Ente che aduna i suoni”. Infatti la radice indoeuropea *LAG-/*LEG- esprime l’idea di adunare, raccogliere scegliendo, collegare: sanscrito lagati, legarsi a; greco lego, raccogliere, parlare (nel senso di adunare i suoni e scegliere le parole). Dallo stesso etimo derivano in latino: lego, raccogliere, leggere (nel senso di cogliere con gli occhi), lex, legge, re-ligio, religione.
Sfolgora quindi in questa parola proprio l’idea della relazione sonora, del Logos, con tutta la sua potenza creatrice, che deve essere colta nel mondo aformale e fatta risuonare in quello manifesto: dialogo significa il cogliere e l’esprimere il rapporto con il Tutto.
Il valore del termine dialogo si espande infinitamente rispetto ai confini dell’utilizzo consueto, poiché le parole sono potenti nel momento in cui esprimono la consapevolezza di risuonare in modo armonico con il creato: nel nostro intimo, a livello di gruppo, in relazione con gli altri regni del Logos planetario, con il Logos del Sistema solare e, ancora oltre, con i Logoi del Cosmo, della Galassia e dell’Universo.
Sintetizzando, abbiamo visto che entrambi i termini, ascolto e dialogo, esprimono l’identità dell’udire l’Appello e del rispondervi, esprimendo pensieri, parole ed opere di natura creativa.
Risulta così più chiaro il significato delle parole di potere: sono tali quelle pronunciate da creature impegnate nella ricerca del dialogo con se stesse e con l’Ordine universale, consapevoli di utilizzare, dal centro di governo dell’essere, espressioni sonore che veicolano energie di qualità corrispondente ai ritmi celesti.
E’ solo in questo contesto che è corretto fare riferimento al governo della parola, per indicare il proferimento di emissioni verbali che esprimono la consonanza con l’energia direttiva della Vita.
E’ peraltro lecito menzionare la vigilanza sulla parola, nel momento in cui, impegnati nel processo di “obliare il sé minore, osservandolo con grande attenzione” esercitiamo un’azione di sorveglianza ascoltando il nostro discorrere. Un brano de Il Trattato sul Fuoco Cosmico, par. ingl. 979, ci indica il rigore con il quale erano anticamente messi alla prova i discepoli impegnati a riconoscere il daimon interiore: “ […] L’ordine profondamente occulto di Pitagora a Crotone, e molte altre scuole esoteriche d’Europa e d’Asia ebbero per regola la proibizione ai neofiti e novizi di parlare per due anni dall’ingresso nella scuola; quando avevano imparato a mantenere il silenzio per tutto quel periodo, era dato loro il diritto di parlare, perché avevano imparato uno specifico riserbo. […]”.
Utile conoscere questi metodi, perché colpiscono per il risalto dato al silenzio e alla disciplina del linguaggio richiesti al singolo discepolo, ma è evidente che si tratta di pratiche consone ad altre civiltà.
Oggi, all’alba di una nuova Cultura, compete a noi impegnarci nella sperimentazione di rinnovate formule educative che prevedano l’apprendimento del linguaggio del Cielo e, in risposta ad esso, l’espressione, esercitata in gruppo, del linguaggio dell’anima: ognuno emette la propria nota nell’ambito di una struttura che risuona con l’Ordine cosmico, lavorando con gioia per svolgere la propria parte nel Piano evolutivo.