In questo mese di maggio, in cui viviamo una luminosità sfolgorante, è bello scoprire insieme una parola brillante, connessa all’idea della luce e della visione: osservare.
Se di primo acchito sembrerebbe limitarsi a significare “guardare con attenzione”, e “attenersi a”, essa contiene invece una smagliante ricchezza espressiva: è una sorta di diamante, dalle molteplici sfaccettature iridescenti, che illuminano diversi aspetti della realtà.
Chi direbbe che questa parola ha lo stesso etimo di “guarire”, “servire”, “fare la guardia”?
Per trovare il diamante, dobbiamo avventurarci nel profondo come i minatori…
“Osservare” deriva dal latino observare, composto dalla preposizione ob, che indica “moto verso”, e da servare, che significa “guardare, salvare, custodire”.
La radice indoeuropea di servare è *SWER-/*SWOR- che esprime l’idea del guardare, avere cura, custodire, stare in guardia.
Scopriamo che hanno la stessa radice:
- il sanscrito sarva-tati, salute
- il greco horao, io vedo
- il latino servire, servire, avere cura; servus, colui che veglia, servo
- l’inglese ward, guardia
- il francese guérir guarire
Il confronto fra lingue indoeuropee, in cui la radice originaria si è modificata per leggi fonetiche tipiche di ognuna, compie la magia di restituirci l’iridescenza dell’idea primigenia, per cui possiamo riconoscere che anche in italiano risalgono all’identica matrice parole che sembrano suonare in modo così diverso: osservazione, salute, guarigione, sguardo, salvezza, servizio, guardia.
Franco Rendich, nel Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, Roma 2010, Palombi Editore, p. 498-499, approfondisce ulteriormente l’analisi , e propone che nella radice “svṛ” si possano riconoscere le componenti “su” e “ ṛ/ar”, che esprimerebbero l’idea di “arrivo [ṛ/ar] del bene[su] come luce e come suono”, dando origine ai termini “splendere, rivolgere gli occhi alla luce, suonare, cantare”: in sanscrito svara indica il suono, in greco Helios è il Sole, e Selene è la Luna, espressioni dello stesso etimo.
La luminosità e sonorità della parola vengono ancora più intimamente svelate, poiché la sua essenza risuona con quella del Sole e della Luna!
A proposito della componente sonora della radice, notiamo che essa è stata mantenuta anche in italiano, allorché, “facendo un’osservazione”, esprimiamo verbalmente un punto di vista!
Rendich precisa pure che il greco horao, io vedo – sopra indicato – significava in origine “collegarsi con la luce del Sole”, designando solo in modo susseguente il senso della vista.
Sintetizzando, la radice di osservare esprime il collegamento risonante con la luce diretta del Sole e con quella riflessa della Luna, assumendo così persino qualità celesti ed è connessa all’idea di salute, guarigione, guardia, servizio.
Comprendiamo meglio perché nell’Insegnamento, a proposito di consapevolezza spirituale, si insiste sul precetto dell’osservare: traslando quest’idea al mondo interiore, nel momento in cui siamo nel punto di vedetta della coscienza, abbiamo l’opportunità di identificarci con la luce diretta – solare – del Principio spirituale e di osservare quella riflessa – lunare – della personalità.
Consapevoli della potenza evocativa di questa parola, ognuno di noi, vigilando dal suo punto di osservazione, si collega al Cielo luminoso, per trasmettere nella Comunità uno sguardo salvifico e la sua nota, compiendo così il proprio Servizio.
…e all’ osservare si puó avvicinare il contemplare, altro verbo dall’etimologia preziosissima, che richiama il templum, l’augure col suo lituo, un sacrale attirare (sic) le cose nel proprio campo visivo.
Scoprire il vero significato delle parole ci mette in stretta relazione con il passato e con gli uomini che hanno creato tutto ciò e questo ci rende felice e completi