Mente

Glossario – Mente

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino mens, mente. Dalla basilare radice indoeuropea *MA- che ha le varianti *ME-/*MAN-/*MED-, con finale nasale (n) come in “mente”, o dentale (d/t): esprime essenzialmente l’idea di misura, rapporto.

Da questa radice derivano: il sanscrito māt, il latino mensura, l’irlandese medh, termini che tutti significano “misura”. Si notino in sanscrito manas, mente; man, pensare; Manu, il Pensatore; in greco mimnesko, ricordare.
La radice si riconosce in molte parole, che è possibile mettere in scala:

  1. Madre
  2. Manto (della “Grande Madre del Mondo”), medicina, immensità (“non misura”, assenza di limiti)
  3. mantra, mese
  4. modello, imitazione, meditazione, simmetria, moderazione, mezzo
  5. mente, matematica, commensura, mano, metro, metrica, matrice
  6. memoria, musa, mantica, comunione
  7. materia, mensa

F. Rendich osserva che è il suono “m” a denotare la “misura”, il “limite” (Dizionario Etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee. Indoeuropeo-Sanscrito-Greco-Latino, Palombi Editori, 2010, p. 284).

Nella radice “man” individua due componenti, [m] “la misura”, [an] “dell’energia vitale delle Acque”: “attività della mente”, “contenuto della mente”, “pensare”. Rendich scrive: “[…] A conclusione del loro ciclo creativo le Acque materne, che avevano generato l’uomo [] infondendogli il loro respiro [an], lo avevano dotato di una mente [man.as] ricca di pensiero [man] e di memoria [mnā], frutto delle loro facoltà divine [nā.man].” (Op. cit. pp. 289-291).

Colpisce osservare che man, “uomo” in tedesco e in inglese, significa “rapporto”, “mente”: è proprio questa funzione di rapporto che designa l’uomo, la IV Gerarchia, il mezzo tra Cielo e Terra.

 

Mente significa rapporto tramite il pensiero


Treccani

 

ménte s. f. [lat. mens mĕntis, affine al lat. meminisse e al gr. μιμνήσκω «ricordare»]. –

1. Il complesso delle facoltà umane che più specificamente si riferiscono al pensiero, e in partic. quelle intellettive, percettive, mnemoniche, intuitive, volitive, nella integrazione dinamica che si attua nell’uomo. In senso generico: nella vita nostra non si dà vòto, se non quando la m. per qualsivoglia causa intermette l’uso del pensiero (Leopardi); affaticare, stancare la m.; riposare la m.; le fatiche, gli svaghi della m.; a m. riposata, a m. fresca, quando la mente, dopo il riposo, è chiara e possiede interamente le proprie forze: ci penserò domattina a m. fresca (con altro senso, m. fresca, di persona anziana che ancora conserva la giovanile freschezza intellettuale); a m. lucida, calma, serena, quando la mente non è stanca o preoccupata, e soprattutto quando si è liberata da qualsiasi passione, sentimento, apprensione, ecc., che le recava turbamento. Sempre con sign. generico, si contrappone spesso, esplicitamente o tacitamente, al corpo o al fisico da un lato, e al cuore dall’altro (inteso questo come sede degli affetti): nel suo corpo infermo la m. conservava intatte le sue forze; l’educazione della m. e l’educazione fisica; m. sana in corpo sano, aforisma più frequente nella forma latina (v. mens sana in corpore sano); il pane della m., la scienza; avere grandi doti di m. e di cuore; uomo di gran m. e poco cuore; cerca di ragionare con la m. e non col cuore; non sempre il cuore dà retta alla mente. Per antonomasia, la m. eterna, la m. suprema, la m. infinita, Dio; e con lo stesso sign.: la m. ch’è da sé perfetta (Dante); fig., è nella m. di Dio, di cosa che è di là da venire e sulla quale perciò non si possono fare previsioni: il futuro è nella m. di Dio; con altro senso, era ancora nella m. di Dio, non era ancora nato, concepito, o non era ancora avvenuto (la frase è molto com. anche nella forma latina: v. in mente dei). Nel linguaggio filos., la parola è stata usata anche con accezioni più partic., per indicare a volte l’anima razionale, a volte la sua parte e attività più elevata, al di là dell’intelletto; e anche l’attività pensante sé stessa, cioè lo spirito assoluto: in questo senso B. Spaventa parla di metafisica della m. (in contrapp. a ontismo), concezione della realtà come processo di pensiero, sintesi di soggettività e oggettività. In partic., problema mentecorpo, denominazione corrente (di origine anglosassone, mindbody problem) con cui ci si riferisce al complesso dei problemi sollevati dalla tradizionale distinzione (dualismo) tra la mente (intesa come insieme di percezioni e stati di coscienza) e il corpo (inteso come insieme di stati fisici interamente spiegabili con le leggi della fisica e della biologia): tale problema continua a rivestire rilevanza filosofica, dal momento che la scienza non è ancora in grado di comprendere, nella sua complessità e interezza, il funzionamento del cervello.

2. Spesso il termine è riferito a determinate caratteristiche o a determinati atteggiamenti delle funzioni intellettive, assumendo quindi sign. più ristretti anche se non sempre ben definiti. In partic.:

2.a. Attitudine, disposizione mentale: m. calcolatrice, meditativa, speculativa, filosofica, inventiva, organizzatrice; m. quadra o quadrata; m. bizzarra, balzana, fantastica, stramba; m. gretta, meschina, volgare; nella sua m. bislacca la pensa così; non ha la m. adatta a questo genere di studî.

2.b. Facoltà intellettiva, intelligenza, capacità mentale: m. aperta, lucida, acuta, geniale, agile, pronta, sottile, vivace, profonda, potente, illuminata, fervida; m. piccola, chiusa, sterile, torpida, limitata, ottusa, angusta, ristretta; la sua m. non può intendere queste cose; ha una m. che non arriva a tanto; avere una gran m., una bella m.; l’acume, la potenza della m.; angustia, ristrettezza di m., incapacità di abbracciare con l’intelletto più cose e di vederle nei loro reciproci rapporti; misteri che la m. umana non può penetrare; acuire, affinare, aguzzare, illuminare la m.; aprire le m., farle partecipi di una verità o renderle atte a riceverla (più genericam., anche con soggetto di cosa, far intendere con chiarezza, per una sorta d’illuminazione, ciò che prima era oscuro: le tue parole m’hanno finalmente aperto la mente). Rivelarsi (poet. aprirsi) alla m., di verità o di fatti che improvvisamente, quasi per ispirazione dall’alto, si manifestino alla conoscenza: E tutto Olimpo gli s’aprì alla m. (Foscolo).

2.c. Talora il termine si riferisce più direttamente all’attività o alle facoltà psichiche, alla coscienza di sé e dei proprî atti: malattia di m., locuz. generica e di uso non strettamente tecnico (così come anche il più com. malato di mente) che non esprime, in psicologia medica, un concetto particolarmente definito, e a cui è preferita, oggi, l’espressione malattia mentale (v. mentale1); stato, condizione di m.; debolezza di m.; colpire, turbare, alterare, sconvolgere la m.; aveva la m. sconvolta dal dolore; questi sospetti sono frutto della sua m. malata; uscire di m. (meno com. perdere la m.), perdere la ragione, uscire di senno; essere fuori di m., non com., aver perso la conoscenza, e, per estens., essere distratto, avere la testa tra le nuvole; Al tornar de la m., che si chiuse Dinanzi a la pietà d’i due cognati (Dante). Oppure si riferisce alle disposizioni morali: infondere nella m. dei giovani sani principî; dirittura di m.; m. retta, nobile, alta, elevata, severa, libera, semplice, leggera, volubile, incostante; o allo spirito e alle sue facoltà: Arde, si turba e rasserena in questi Pensieri della m. inebriata (Giusti); parlare con m. ispirata; avere la m. rapita nella contemplazione; estasi della m.; i conflitti della mente; o infine alla fantasia, all’attività fantastica: esaltare le m. dei giovani; Le nate a vaneggiar m. mortali (Foscolo). Più raram. si riferisce all’animo, come sede degli affetti: avere la m. ben disposta; levarsi dalla m. una persona (a cui si vuol bene ma da cui non si sia corrisposti o che non sia più ritenuta meritevole del nostro amore), non pensarci più, strapparla quasi dal proprio animo e dalla memoria (cfr. l’espressione fam., e di sign. più ampio, levarsi dalla testa una persona, una cosa, un’idea, una voglia); Ahi quanto ne la m. mi commossi, Quando mi volsi per veder Beatrice (Dante); per soverchio fuoco nella m. concetto [= concepito] (Boccaccio); poi che intepidì la m. irata Nel sangue del nemico e in sé rinvenne (T. Tasso).

2.d. In senso più concr., il complesso delle cognizioni, delle idee di una persona, in quanto contribuiscano o abbiano contribuito alla sua cultura, all’atteggiamento del suo pensiero, alle sue disposizioni morali, alla formazione del suo carattere: coltivare, arricchire, educare, istruire, allargare, ordinare la m.; m. formata, matura; m. nutrita di buoni studî; m. inesperta, ignara, rozza, grossolana.

2.e. Per metonimia, la persona stessa, dotata di quella particolare attitudine o capacità mentale che è indicata dall’aggettivo: è una bella m., una persona di grande ingegno; una grande, una nobile m., una m. superiore; è una m. aperta al vero e al bello; è una m. esaltata, una m. bislacca, una m. meschina; le piccole m. non possono capire la grandezza di questi episodî. In partic., m. direttiva, chi è preposto all’organizzazione e direzione di una qualsiasi attività, costituendone una guida esperta e un efficace elemento di coordinazione: è lui la m. direttiva della nostra azienda. Con lo stesso sign. anche usato assol., essere la m. di un’impresa, di un piano, di un’organizzazione e sim.; talvolta contrapp. a braccio, nell’espressione il braccio e la m., per indicare con braccio l’esecutore materiale e con mente l’ideatore di una qualsiasi impresa.

3. a. È assai com. l’uso della parola per indicare, in modo più o meno concr., la sede e l’attività del pensiero: le idee, i pensieri, i concetti della m.; mi si affollavano nella m. mille idee; tormentarsi, lambiccarsi la m., per scoprire, per venire a capo di qualche cosa. Frequente la locuz. venire in mente, di idee che si affacciano improvvise: guarda un po’ quel che gli viene in m.!; non sa tacere e dice tutto ciò che gli viene in m.; dissi il primo nome che mi venne in m. (o che mi capitò alla m.); non t’è venuto in m. che potevo essere stato io?; ho cercato dappertutto la lettera, e non m’è venuto in m. di guardare nella cartella, dove l’avevo messa; anche nel senso di ideare, immaginarsi: a nessuno sarebbe venuto in m. un piano così semplice; con sign. analogo, saltare in m., passare per la m., frullare per la m., balenare alla m.: ma che cosa ti salta in m. adesso?; vuoi dirmi i pensieri che ti frullano per la m.?; un brutto sospetto gli balenò alla m.; a nessuno de’ quali passò per la m. che quelle parole fossero dette davvero (Manzoni). Con riferimento alla funzione mentale di ordinare e organizzare le idee: intorbidare, offuscare la m.; abbuiarsi, offuscarsi, ottundersi della m.; avere la m. in tumulto; avere la m. confusa, le idee poco chiare; confondere le m. (di una moltitudine, di un gruppo di persone), con idee false, dottrine erronee, ecc.

3.b. In altri casi, indica il pensiero, l’attenzione rivolti verso un determinato oggetto: applicare la m. a uno studio (anche assol.: sono stanco e non riesco ad applicare la m.); concentrare la m. nella meditazione; rivolgere, non com. drizzare, la m. a qualche cosa; levare, innalzare la m. a Dio; avere la m. (o essere con la m.) fissa su un problema; essere con la m. altrove, essere distratto, assente, non prestare attenzione a ciò che si fa o si dice intorno. Porre m. a qualche cosa, fermarsi a considerarla col pensiero: E se ’l mondo là giù ponesse mente Al fondamento che natura pone (Dante); tu mostri non aver posto m. che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione (Leopardi); anche, posare attentamente lo sguardo su qualcosa, osservare con attenzione: mi ponete m. se io ho segno alcuno per tutta la persona di battitura (Boccaccio). Avere m. a una cosa, pensarci, prendersene cura, provvedervi: debbo avere sempre la m. a mille cose. Non com., dare m. a una cosa, badarci, prestare attenzione: non devi dar m. a tutto ciò che si va dicendo; non volli dar m. a quelle chiacchiere. Letter., aprire la m. (propria), disporsi ad ascoltare con attenzione: Apri la m. a quel ch’io ti paleso (Dante). Con sign. particolare l’espressione fare m. locale, raccogliere, concentrare tutti i proprî pensieri e associazioni d’idee su un determinato argomento, allo scopo di intenderne o richiamarne alla memoria l’essenza, la vera natura, o sim.

3.c. Spesso equivale genericam. a volontà, proposito, intenzione: avevo in m. di rivolgermi a un avvocato; che cos’hai in m. di fare questa sera?; mettersi, ficcarsi in m. una cosa, o di fare una cosa, incaponirsi a volerla fare, ostinarsi nel proposito: queste idee, questi capricci sarà meglio che te li levi dalla mente. Come vero e proprio sinon. di intenzione, è solo dell’uso letter.: interpretare la legge secondo la m. del legislatore; manifestare la propria m.; lasciò scritto nel testamento quella che era la sua m.; mutare m.; credo che sia questa la sua m.; cercare di scoprire la m. di qualcuno; è difficile conoscere la sua m.; io scesi Fra i Troiani e gli Achei con questa m. (V. Monti). Frequente nel linguaggio burocr. la locuz. a mente di tale articolo di legge, per «secondo, giusta, in conformità al, secondo quanto è disposto dal» (si può considerare una formula ellittica per: «secondo la mente, cioè l’intenzione, del legislatore espressa dall’articolo …»).

4. La parola è usata molto spesso con allusione alla sola capacità mnemonica, come sinon. quindi di memoria, a cui in molte frasi si sostituisce, spec. nel linguaggio parlato: tenere a m., ritenere in m., serbare nella memoria, ricordare: tieni bene a m. ciò che ti dico; non riesco a ritenere in m. tutte queste regole; richiamare, rievocare (letter. recare, ridurre) alla m., ricordare o far ricordare: fermare nella m.; tornare a m., in m., alla m.: Tornami a m. il dì che la battaglia D’amor sentii la prima volta (Leopardi); scappare, fuggire, uscire di mente, di cosa che si è dimenticata, di cui non ci si è ricordati; lo voglio far subito, prima che mi esca di m.; mi si affollavano alla m. mille ricordi; O m. che scrivesti ciò ch’io vidi (Dante), che fissasti in te. Comune anche la locuz. a mente, con lo stesso senso che a memoria: studiare, imparare, dire, ridire, ripetere, recitare, sapere a m.; suonare a m., eseguire un disegno a m. (qui però è più com. a memoria). Con riferimento alla memoria affettiva: essere vivo, morto nella m. di qualcuno; Già nella m. tace Ogni ombra del passato (Giusti); spec. per indicare la presenza continua e attiva nell’animo di un ricordo, di un affetto: Ché ’n la m. m’è fitta, e or m’accora, La cara e buona imagine paterna Di voi (Dante); ho sempre scolpite nella m. le sue ultime parole; sono consigli che non lasciano traccia nella sua m.; mettersi, ficcarsi bene in m. la lezione, una regola e sim., capirle bene e ricordarle (in questo senso non si potrebbe usare memoria).

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Wikipedia

 

Il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l’insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali la sensazione, il pensiero, l’intuizione, la ragione, la memoria, la volontà. Sebbene molte specie animali condividano con l’uomo alcune di queste facoltà, il termine è di solito impiegato a proposito degli esseri umani. Molte di queste facoltà, rintracciabili a livello neurofisiologico nell’attività della corteccia cerebrale, danno forma nel complesso all’intelligenza. Il termine psiche fa riferimento invece alla mente nel suo complesso cioè comprendendo la dimensione irrazionale cioè istinti e dimensione del profondo (inconscio).

All’utilizzo in senso tecnico neurofisiologico si è anche affiancato un utilizzo di tipo metafisico. In tale prospettiva la mente diventa qualche cosa di divino, e tale presunta entità soprannaturale, come ad esempio nell’espressione “la mente di Dio”, assume qualità pensanti che alludono a un mente superiore com’era il Dio di Spinoza.

Teorie della mente

Fin dall’antichità la mente è stata oggetto di concettualizzazioni sempre in associazione col concetto di anima, in Grecia nominata psiché e in India jivatman. Nel mondo greco concettualizzazioni della mente-anima risalgono a Platone, ad Aristotele e ad altri filosofi della Grecia antica. Tali teorie prescientifiche sono focalizzate sulla relazione tra mente ed anima (intesa come essenza sovrannaturale presente in ogni uomo). Tra il XVII e il XVIII secolo sono state avanzate numerose teorie parziali sulla mente da parte di Cartesio e di Locke, ma solo dalla metà del XIX secolo nascono teorie più esaustive in riferimento ai primi studi approfonditi sulla struttura del cervello. Dalla fine del XIX secolo gli studi sulla mente hanno avuto un incremento notevole che prosegue a tutt’oggi. Da ricordare, oltre agli studi di psicologia sperimentale, quelli propriamente psicoanalitici e psicoterapeutici nati con Freud. Vere e proprie teorie sulla mente incominciano a profilarsi dalla metà del XX secolo e sono tutte, più o meno, implicanti i dati emersi sulla struttura del cervello e la sua comprensione scientifica. Talvolta il concetto di mente è stato utilizzato più o meno come sinonimo di coscienza.

Posizioni principali

Il termine è comunque oggetto di acceso dibattito e negli ultimi due decenni il concetto di mente è andato definendosi in tre posizioni principali:

  1. la mente è costituita da caratteristiche assolutamente proprie che fanno sì che sia possibile indagarla soltanto in quanto tale, in sé e senza alcun riferimento ad altro, neppure alla fisiologia del cervello;
  2. la mente, in quanto prodotto del cervello, è oggetto d’indagine della neurofisiologia attraverso tecniche moderne d’indagine basate sugli effetti di lesioni cerebrali localizzate e sull’attivazione differenziale (afflusso di sangue) in regioni specifiche a funzione definita e accertata;
  3. la mente, almeno per quanto riguarda le funzioni analitiche e computazionali, presenta notevoli analogie con i computer, tali da permettere di identificare nel cervello l’hardware e nella mente il software.

Attributi

La discussione intorno a quali attributi umani costituiscano la mente è dibattuta. Alcuni sostengono che soltanto le più “alte” funzioni intellettive costituiscano la mente: in particolare, la ragione, l’intuizione, l’intenzionalità e la memoria. In questa prospettiva le emozioni – l’amore, l’odio, la paura, la gioia – avrebbero una natura più “primitiva” e soggettiva, ovvero legati ad una sfera per così dire istintuale, e andrebbero pertanto ben distinte dalla natura della mente e compresi invece nel concetto di psiche.

Altri invece sostengono che l’aspetto razionale di una persona non può essere distinto da quello emotivo, che essi condividono dunque la stessa natura e che vanno entrambi considerati come appartenenti alla mente dell’individuo giacché le funzioni razionali mediano con l’ambiente e gli altri soggetti le richieste impulsive o desideri irrazionali del profondo. In questa prospettiva vi sono teorie recenti che individuano nella mente differenti funzioni le quali, per quanto integrate (mente plurintegrata), sono distinguibili ed appartengono alle sfere intuitiva, intellettiva, razionale e sentimentale.

Mente e cervello

Correlata a tale questione, relativa alla qualificazione delle funzioni cerebrali, sta anche quella della loro collocazione all’interno dell’encefalo, ovvero come e dove le facoltà mentali siano riferibili alla struttura del cervello. La questione riguarda una disciplina fiorita nel XIX secolo, la frenologia, oggi perlopiù superata dalle più recenti scoperte. Infatti, se è vero che in linea di massima certe funzioni mentali sono localizzate in determinate aree del cervello umano, è altrettanto vero che al danneggiamento di certe aree cerebrali può corrispondere un trasferimento funzionale ad altre aree.

I mezzi più importanti d’indagine oggi utilizzati per tali localizzazioni di funzioni sono la tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale per immagini (FMRI), con le quali è possibile individuare quando dove e come si attiva una certa area cerebrale per stimoli standard sperimentali (linguaggio, memoria, emozioni, ecc.).

In ogni caso, la neurofisiologia moderna individua le facoltà mentali prevalentemente come “funzioni” che possono coinvolgere anche più aree cerebrali e, quantunque sia certamente la corteccia quella dove risiedono le facoltà più elevate, occorre tenere presente che esiste una sorta di “andata e ritorno” delle informazioni che coionvolgono parti più interne (amigdala, talamo, ipotalamo, ippocampo) e quelle corticali individuabili in corteccia frontale, corteccia parietale, corteccia temporale, corteccia occipitale.

Impropriamente il termine mente è utilizzato spesso come sinonimo di pensiero: quella “conversazione privata” con sé stessi che ciascuno conduce “all’interno della propria testa” durante ogni istante della vita. Uno degli attributi fondamentali della mente, in questo senso, è il suo essere o appartenere ad una sfera fondamentalmente privata.

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