Anima

Glossario – Anima

 

Etimo secondo TPS

 

Dal latino anima, che aveva i seguenti significati: fiato/respiro; aria, soffio, vento; principio o soffio vitale; essere umano; al plurale, indicava gli spiriti dei defunti. La lingua latina distingueva la sopraccitata voce al femminile, col senso preminente di soffio vitale, da quella maschile, animus, che esprimeva l’ idea di anima quale principio spirituale.

Dalla radice indoeuropea *AN- che esprime l’idea di soffio. Greco ànemos, soffio, vento. Sanscrito an-ati, respirare; gotico anan, alitare. Francese âme.

Secondo Franco Rendich il suono “an” esprimerebbe l’idea di “avvio” [a] del “Soffio Vitale delle Acque cosmiche [n]” (Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee. Indoeuropeo-Sanscrito-Greco-Latino, Palombi Editori, 2010, p. 197).

 

L’Anima è il vettore del soffio dello Spirito


Treccani

 

ànima s. f. [lat. anĭma, affine, come anĭmus, al gr. ἄνεμος «soffio, vento»]. –

1. Nell’accezione più generica, il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale, origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale. Accezioni e determinazioni più partic. ha avuto il termine nelle varie concezioni filosofiche; per es., in Aristotele come principio vitale dell’uomo (a. intellettiva), degli animali (a. sensitiva), delle piante (a. vegetativa), mentre da Platone è chiamata a. razionale la facoltà razionale dell’anima (v. i singoli agg.).

a. Considerata nella sua unione col corpo, contrapposta o complementare ad esso: l’uomo è formato di corpo e di a.; è lui, in a. e corpo, è proprio lui. Così, per esprimere la piena e totale dedizione di sé a una persona, a una cosa: darsi, legarsi a. e corpo a qualcuno; mettersi o buttarsi a. e corpo in un’impresa; o per indicare l’intima unione spirituale di due esseri, l’amicizia, l’amore: quei due sposi sono un corpo e un’a. sola (o anche: un’a. e due corpi); a. gemelle, due persone di sentimenti e gusti conformi.

b. Come principio di vita: esalare l’a., rendere l’a. a Dio, spirare, morire; reggere l’a. coi denti, essere assai malandato in salute; tossendo l’a. a ogni passo: una tosse fioca che non si udiva quasi più (Verga); anche con riferimento ad animali, meno spesso a organismi vegetali: L’a. d’ogne bruto e de le piante (Dante). In frasi enfatiche equivale a «tutto»: cavare, rubar l’a. a uno, portargli via tutto, ottenere da lui tutto ciò che si vuole; darebbe l’a. per quel figlio, darebbe la vita, farebbe qualsiasi sacrificio; si berrebbe l’a., si giocherebbe l’a., parlando di bevitori o di giocatori ostinati. In espressioni d’affetto: è l’a. mia, è l’a. dell’a. mia; e come vocativo a persona cara: a. mia! Per estens., parte essenziale, ciò che dà forza, impulso a qualche cosa: le passioni sono l’a. della tragedia; la pubblicità è l’a. del commercio; la disciplina è l’a. dell’esercito; riferito a persona: essere l’a. di un’impresa, di un affare, di una congiura e sim., esserne il promotore, l’animatore. Con altri sensi fig.: è un volto senz’a., senza espressione; nelle produzioni dell’arte, dare a., dare vita, forza, sentimento: dare a. allo stile; pittore che dà a. alle sue figure; è uno scultore che riesce a infonder l’a. nel marmo.

c. Come sede degli affetti: voler bene con tutta l’a., con tutta l’intensità del sentimento; volersi un bene dell’a., amarsi moltissimo; donare con tutta l’a., di vero cuore; gli occhi sono lo specchio dell’a., rivelano i sentimenti intimi di una persona; non si può sapere ciò che uno ha nell’a.; recitare, cantare, suonare con a., con calore e sentimento (anche assol. con anima, come didascalia musicale); suona con grande abilità tecnica, ma non ci mette a., non ci mette calore; andare, arrivare all’a., toccare profondamente; cosa che passa l’a., che commuove intimamente; rapisce l’a., manda in estasi; mangiarsi, rodersi l’a., arrabbiarsi internamente, crucciarsi; avere un’a. di aguzzino, di sbirro e sim., averne l’attitudine innata; a. della folla e sim., il complesso dei sentimenti e delle aspirazioni da cui è mossa una moltitudine. Locuz. pop., figlio d’a., figlio adottivo.

d. Come parte intima della personalità (e per estens. la parte più interna e vitale del corpo): il grido gli uscì proprio dall’a.; gli lessi fino in fondo all’anima. Locuzioni fig.: sudare l’a., fare grande fatica: ho dovuto sudar l’a. per dissuaderlo; volg., romper l’a., seccar l’a. a qualcuno, recargli grave fastidio, dargli noia.

e. Come principio della coscienza morale e religiosa: avere sull’a., essere colpevole di qualche cosa; è un’azione che mi pesa sull’a., di cui sento rimorso. Soprattutto in quanto parte incorruttibile dell’uomo, destinata, secondo la fede cristiana, al premio o alla pena eterna nell’altra vita: pensare all’a. propria, alle cose dell’a.; raccomandarsi l’a. a Dio, di chi sente vicina la morte o si trova in grande pericolo; raccomandare l’a., dire le preghiere per gli agonizzanti; ti giuro sull’a. mia; morte dell’a., in teologia, lo stato del peccatore; salvarsi l’a., dannarsi l’a. (e con lo stesso sign.: dare o vendere l’a. al diavolo, mandare l’a. in perdizione, e sim.); fig., far dannare l’a., far perdere la pazienza, irritare: quei benedetti ragazzi mi fanno dannar l’a.; con la sua testardaggine mi farebbe dar l’a. al diavolo; aver cura d’anime, esercitare il governo spirituale dei fedeli (detto spec. dei «curati»); disposizioni per l’a., qualsiasi liberalità a scopo di beneficenza o di culto e in partic. qualsiasi liberalità tra vivi o a causa di morte, avente per oggetto la celebrazione di messe in suffragio di un’anima; Giardino dell’a., espressione con cui è tradotto talvolta il lat. Hortulus animae, titolo di alcune raccolte di preghiere (diffuse soprattutto nel sec. 16°). Considerata come sciolta dal corpo, nella sua esistenza ultraterrena: pregare per l’a. di un defunto; invocare l’a. di qualcuno; le a. del paradiso o beate, le a. del purgatorio o purganti, le a. dell’inferno o dannate; fig.: a. dannata, persona malvagia; essere l’a. dannata di qualcuno, esserne il cattivo ispiratore; gridare, correre come un’a. dannata, furiosamente, disperatamente; mi sembra un’a. in pena, di chi è inquieto e non può trovar pace. In espressioni fam., per indicare rispettosamente persone care defunte: me lo diceva sempre la buon’a. di mio padre; è tutto il ritratto di suo nonno, buon’a. (v. buonanima); devi farlo per quell’a. benedetta!, forma di esortazione. All’anima! …, esclam. volg. equivalente a «caspita!» «alla grazia!» e sim.

2. estens.

a. Persona, soprattutto con riferimento alle qualità spirituali, al carattere, ai sentimenti: è un’a. nobile, ingenua, sensibile, tenera, appassionata; a. degna, persona meritevole di alta stima; a. grande, che ha sentimenti e pensiero elevati; è un’a. scellerata; eccola, quell’a. candida! (per lo piu iron.); quell’a. nera d’uno sbirro!; qualche buon’a. ci aiuterà; alle a. nobili la perfezione è dovere, alle a. basse il dovere è un soprappiù come cosa di lusso (Tommaseo). In partic., a. bella, espressione di origine mistica che nel romanticismo acquista un più preciso valore (attraverso l’uso che ne hanno fatto soprattutto Schiller, Hegel e Goethe), di persona nella quale il comportamento morale è diretta emanazione della sensibilità e della gentilezza d’animo; è in genere adoperata con tono più o meno iron., per indicare un’ingenuità e semplicità eccessiva e facilmente vulnerabile. Fam., a. lunga, di persona alta e allampanata.

3. Per analogia, a. del mondo, o a. cosmica, espressioni filosofiche con cui è stato indicato il principio vitale dell’universo.

4. Di varie cose, la parte interna, quella che funge da sostegno o dà forma.

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L’anima (dal latino anima, connesso col greco ànemos, «soffio», «vento»), in molte religioni, tradizioni spirituali e filosofie, è la parte vitale e spirituale di un essere vivente, comunemente ritenuta distinta dal corpo fisico. Tipicamente veniva assimilata al respiro (donde la sua etimologia). Originariamente espressione dell’essenza di una personalità, intesa come sinonimo di «spirito», o «io», a partire dall’età moderna venne progressivamente identificata soltanto con la «mente» o la coscienza di un essere umano.

Nell’anima è spesso implicita l’idea di una sostanziale unità e immutabilità di fondo che permane ai mutamenti del corpo e presiede alle sue funzioni. Le religioni rivelate affermano che sia Dio a creare o generare le anime. In alcune culture si attribuisce l’anima ad esseri viventi non umani e, talvolta, anche ad oggetti (come i fiumi), una credenza nota come animismo.

I termini «anima» e «spirito» vengono spesso usati come sinonimi, anche se il primo è maggiormente legato al concetto di individualità di una persona.

Anche le parole «anima» e «psiche» possono essere considerate come sinonimi, sebbene «psiche» abbia connotazioni relativamente più fisiche, mentre l’anima è collegata più strettamente alla metafisica e alla religione. Nella Grecia antica si faceva a volte riferimento all’anima con il termine psyche, da collegare con psychein, che analogamente ad anemos significa «respirare», «soffiare».

Nell’Induismo in generale si fa riferimento all’Atman.

Una differenza di estensione concettuale esiste poi tra i termini italiani “anima” e “animo” dalla stessa origine etimologica ma che viene usato con significati più limitati rispetto ad anima. Animo infatti viene riferito a mente (attenzione, inclinazione), pensiero, memoria, luogo degli affetti e dei sentimenti, come origine della volontà (proposito), disposizione di spirito, coraggio.

 

Il concetto di anima nella filosofia occidentale

 

Greci

Il concetto di anima compare la prima volta con Socrate, il quale ne fece il centro degli interessi della filosofia. Prima di lui, i filosofi erano soliti occuparsi di questioni attinenti al mondo o la natura, e la nozione di anima possedeva connotati esclusivamente mitologici, ad esempio negli autori epici come Omero e Virgilio, dove era assimilata ad un “soffio” che abbandona il corpo nel momento della morte; allora si riteneva che essa avesse soltanto la consistenza di un’ombra, capace di sopravvivere nell’Ade ma senza più poter esplicare la sua energia vivificatrice.

È solo con Socrate, e col suo discepolo Platone, che sarà utilizzato il termine psyché (anima) per designare il mondo interiore dell’uomo, a cui viene ora assegnata piena dignità.

« Il concetto di psiche inventato da Socrate e codificato da Platone è centrale a questo proposito: Socrate diceva che il compito dell’uomo è la cura dell’anima: la psicoterapia, potremmo dire. Che poi oggi l’anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente importante. Socrate per esempio non si pronunciava sull’immortalità dell’anima, perché non aveva ancora gli elementi per farlo, elementi che solo con Platone emergeranno. Ma, nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l’essenza dell’uomo sia la psyche. Molti, sbagliando, ritengono che il concetto di anima sia una creazione cristiana: è sbagliatissimo. Per certi aspetti il concetto di anima e di immortalità dell’anima è contrario alla dottrina cristiana, che parla invece di risurrezione dei corpi. Che poi i primi pensatori della Patristica abbiano utilizzato categorie filosofiche greche, e che quindi l’apparato concettuale del cristianesimo sia in parte ellenizzante, non deve far dimenticare che il concetto di psyche è una grandiosa creazione dei greci. L’Occidente viene da qui. » (Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, Vita e pensiero, Milano 1975)

Secondo Platone, l’anima è per sua natura simbolo di purezza e spiritualità, in quanto affine alle idee. Essa infatti non ha un inizio, essendo ingenerata; ed è immortale e incorporea. Ha la sua origine nel soffio divino (da cui il significato stesso della parola, ossia: vento, soffio), ed è ripartita, secondo il mito del carro e dell’auriga, in tre attività: quella razionale (loghistòn) che funge da guida, quella volitiva-irascibile (thumoeidès) animata dal coraggio, e quella concupiscibile (epithymetikòn) soggetta ai desideri. L’anima presente in ogni uomo sarebbe inoltre un frammento dell’anima del mondo. Secondo la contrapposizione gnostica tra Dio (pura perfezione, bene) e materia (imperfezione, male), ripresa dallo stesso Platone, l’anima sarebbe stata calata da Dio in un corpo materiale e perciò contaminata dall’intrinseca malvagità della materia stessa.

Nel tentativo di superare il dualismo platonico, Aristotele intende l’anima come entelechia: essa non è distinta dal corpo, ma coincide con la sua forma. L’anima per lui rappresenta la capacità di realizzare le potenzialità vitali del corpo, e dunque non è da questo separabile; per conseguenza, sarebbe mortale, anche se si tratta di una conclusione su cui egli non dà un giudizio definitivo. Un principio di eternità riposa in effetti nell’anima intellettiva, che però opera senza il supporto di un organo corporeo. Aristotele non chiarisce i rapporti tra quest’anima e le altre, né se l’eternità dell’anima intellettiva sia anche individuale; del problema discuterà la filosofia medievale. Di tale principio Aristotele distingue invece le funzioni, personificandole in tre anime:

  • anima vegetativa, che governa le funzioni fisiologiche istintive (quelle che noi chiamiamo “animali”, appunto: nutrizione, crescita, riproduzione);
  • anima sensitiva, che presiede al movimento e all’attività sensitiva;
  • anima intellettiva, che è la fonte del pensiero razionale e governa la conoscenza, la volontà e la scelta.

Per Plotino l’Anima è la terza ipostasi, la cui essenza è immortale, intellettiva e divina. Vi è un’anima universale, emanazione della sovra-realtà dell’Intelletto, che plasma e vitalizza l’intero universo (diventando Anima del mondo), e anime individuali, per tutti gli esseri viventi. Seguendo il Timeo di Platone, Plotino attribuisce anime anche agli astri e ai pianeti. La singolarità del pensiero di questo filosofo riguardo l’anima sta nel suo averla sdoppiata in “Anima superiore”, originaria e legata al divino, e “Anima inferiore” (appunto Anima del mondo), preposta al governo del cosmo o, nel caso degli individui, al governo del corpo.

L’anima originaria per il filosofo non è mai oggetto di “caduta” e non discende mai nel mondo materiale. La discesa nel corpo consiste infatti in una propensione (“inclinazione”) verso il sensibile e il particolare che si realizza in una sorta di emanazione. L’anima originale (a. superiore) produce così una specie di riflesso, una seconda parte dell’anima (a. inferiore) la cui funzione consiste nel muovere e guidare il corpo. Ciò avviene sia a livello individuale (ogni essere vivente possiede infatti un’anima superiore rivolta all’Intelletto e in perenne contemplazione, e un’anima inferiore, visibile come governo dell’anima e identificata con l’Io terreno) che a livello universale (l’Anima ipostasi, che procede dall’intelletto, emana da sé l’anima del mondo – l’anima inferiore dell’universo – che plasma e muove armoniosamente il tutto). Per quanto riguarda l’etica, Plotino ritiene che l’anima superiore sia esente dal peccato e dalla corruzione, questo perché i comportamenti e gli atteggiamenti scorretti sono esclusivamente da riferire all’anima inferiore e al suo commercio con la materia. Il percorso dell’anima e la sua conversione è un processo dell’anima inferiore, che può elevarsi verso le prime realtà attraverso l’unione e il riassorbimento con l’anima superiore. Le due anime possiedono ciascuna funzioni cognitive proprie: entrambe sono dotate di capacità di pensiero, anche se si tratta di modalità di pensiero differenti e di immaginazione. Per Plotino – come per Platone e Aristotele – l’immaginazione è funzione della memoria, quindi il suo sdoppiamento dà luogo a due tipi diversi di ricordi (per l’anima inferiore si tratta ricordi di oggetti sensibili e di esperienze terrene, mentre per l’anima superiore si tratta di reminiscenza). La comunicazione tra le due anime avviene continuamente in maniera spontanea proprio attraverso il continuo confronto dei ricordi sensibili provenienti dal basso con gli archetipi contemplati dalla parte superiore. Le passioni sono invece tipiche dell’anima inferiore, anche se in alcuni passi si parla di passione in riferimento all’anima superiore, si tratta di un desiderio ancestrale che la tiene unita all’Intelletto.

A differenza delle concezioni fin qui prevalenti, Epicuro non credeva in un’anima immortale, pur ammettendone l’esistenza e ritenendola una sostanza corporea, composta di atomi, sparsi per l’organismo: per lui la morte era qualcosa di definitivo che consisteva appunto nel dissolvimento dell’anima.[22]

Latini

I latini, come è noto, non furono grandi speculatori di pensiero astratto, e utilizzarono serenamente per le proprie speculazioni filosofiche strutture provenienti da altre culture. Tanto che il grande filosofo-poeta epicureo Lucrezio, all’inizio del suo De rerum natura, afferma di non sapere in cosa consista la natura dell’anima, limitandosi ad accennare alle teorie correnti, compresa quella della reincarnazione, senza mostrare alcun interesse a privilegiarne una:

(LA) « Ignoratur enim quae sit natura animai, nata sit an contra nascentibus insinuetur et simul intereat nobiscum morte dirempta an tenebras Orci visat vastasque lacunas an pecudes alias divinitus insinuet se » (IT) « S’ignora infatti quale sia la natura dell’anima, se sia nata o al contrario s’insinui nei nascenti, se perisca insieme con noi disgregata dalla morte o vada a vedere le tenebre di Orco e gli immani abissi, o per volere divino s’insinui in animali d’altra specie »
(Lucrezio, De rerum natura, I, 112-116)

Riecheggia questa indifferenza filosofica – accanto ad un sentimento personale di compassione – la piccola ode dell’imperatore Adriano, due secoli dopo (i cui primi versi sono noti ai moderni soprattutto per essere stati posti da Yourcenar in testa alle sue Memorie di Adriano):

(LA) « Animula vagula, blandula, Hospes comesque corporis, Quæ nunc abibis in loca Pallidula, rigida, nudula, Nec, ut soles, dabis iocos. » (IT) « Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t’appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. »

Anima Mundi

Concetto di origine orientale denominato Atman e, probabilmente attraverso gli orfici o i pitagorici, arrivato a Platone che nel Timeo la chiama megàle psyché (“grande anima”). Richiamandosi alla tradizione dell’ilozoismo arcaico, per il quale il mondo è una sorta di grande animale, Platone lo vede supportato dall’Anima del Mondo, infusagli dal Demiurgo, che impregna il cosmo e gli dà vitalità generale.

Alcuni autori cristiani lo identificarono con lo Spirito Santo, anche se il termine risultò piuttosto sospetto a qualche teologo cristiano in quanto evocava princìpi panteistici come il Logos degli stoici o la terza ipostasi di Plotino, chiamata appunto anima.

Attraverso il neoplatonismo di Plotino e dei suoi epigoni il concetto, con varie denominazioni, arriva alla cultura rinascimentale e ha un importante rilancio a cominciare da Marsilio Ficino, seguito più tardi da Giordano Bruno. È una nozione particolarmente cara al pensiero magico e mistico, che viene elaborata in occidente non oltre il periodo romantico (Schelling), e tende a riemergere in fasi culturali di crisi del razionalismo materialista.

 

 

Il concetto di anima nelle religioni monoteiste

 

Ebraismo

Soprattutto negli insegnamenti della Torah, nell’Ebraismo, nella letteratura rabbinica classica, è possibile trovare diverse descrizioni dell’anima dell’uomo. In quanto entità celeste, l’anima è la parte della persona che mantiene la purezza e, dopo la morte, anche quando macchiata da gravi guasti o da peccati, comunque possibilmente da espiare anche in vita attraverso la Teshuvah intesa come pentimento nel ritorno del penitente a Dio, essa può sostare nel Ghehinnom per essere purificata completamente dalle conseguenze delle proprie trasgressioni e dall’istinto cattivo cui fu soggetta in vita: se non compiuta in vita, la purificazione dopo la morte nel Ghehinnom avviene nell’immersione nel fiume di fuoco Dinur e nella neve celeste, simboli metaforici dell’espiazione. Dopo la purificazione completa ogni anima può quindi ascendere al Gan Eden dove sono presenti molti livelli secondo i meriti e la natura dell’anima che vi giunge.

Le anime esistono ancor prima di essere poi unite al corpo e costituire gli individui del Mondo come vediamo; per aver preso parte al Mondo spirituale prima della nascita, come Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden, gli individui vi sono protesi ed ispirati istintivamente. Nel trattato del Talmud di Niddah è scritto che prima della nascita Dio obbliga l’anima a giurare di non trasgredire le Mizvot. Inoltre, prima della nascita, l’anima viene portata da Dio dinanzi al Gan Eden per vedere le anime degli Zaddiqim lì presenti e poi dinanzi al Ghehinnom dove sente chi lì viene punito riconoscere e richiamare la Misericordia divina.

Nell’era messianica l’uomo avrà un rapporto di maggiore profondità con l’anima, le sue potenzialità, i suoi poteri e con i suoi riferimenti spirituali che saranno maggiormente manifesti.

In una preghiera ebraica per Shachrit si ricorda con fervente devozione che Dio è Creatore di tutte le anime.

Le cinque tipologie fondamentali di anima ed i loro livelli

Nella Bibbia ebraica vi sono più termini che, anche nelle elaborazioni successive delle varie religioni, sono stati collegati al concetto di anima.

Saadiah Gaon e Maimonide spiegano il classico insegnamento rabbinico sull’anima nel confronto e tramite la critica alla filosofia neo aristotelica. Il primo sostiene che l’anima è quella parte dell’uomo che è costituita di desideri fisici, emozioni e pensiero. Nella Guida dei Perplessi il secondo intende l’intelletto sviluppato privo di “sostanza”, natura intrinseca dell’anima; invero esiste un aspetto dell’anima, definito desiderio, che è oltre l’intelletto, lo trascende ed è rivolto a Dio così intensamente da essere paragonato al momento in cui, ai piedi del monte Sinai durante la proclamazione dei dieci comandamenti, l’anima dei figli di Israele li lasciò momentaneamente per l’effetto straordinario dell’esperienza divina estatica: è il desiderio estatico disinteressato rivolto a Dio al di là dei benefici ricevuti.

« L’anima si manifesta nella persona come Neshamah, il soffio vitale, la coscienza; Ruach, lo spirito, l’emozione; e Nefesh, l’integrazione del corpo, il nutrimento dell’anima. Le tre manifestazioni dell’anima accendono la persona come il fuoco illumina una lampada, Nefesh come lo stoppino, Ruach come l’olio e Neshamah come la fiamma, come sta scritto: Lo spirito dell’uomo è una fiaccola del Signore che scruta tutti i segreti recessi del cuore (Prov20,27) »(Zohar)

Nella Qabbalah e nello Zohar (un trattato di mistica) l’anima è vista come composta da tre elementi basilari, Nefesh, Ruach e Neshamah, in rari casi con l’aggiunta dei più elevati Chayyah e Yechidah. Ruach e Neshamah sono parti dell’anima non presenti dalla nascita ma si creano lentamente col passare del tempo. Il loro sviluppo dipende dall’agire e dalle credenze dell’individuo mentre Chayyah e Yechidah si trovano solo negli Zaddiqim. Di esse si dice che esistano in forma completa negli individui spiritualmente avanzati. Essi sono solitamente spiegati in questi termini (la tabella vuole solo essere indicativa senza i canali che invece presenta il diagramma delle Sefirot):

Anima Livello-Uomo Dio Sefirot Pnimiyut “Attitudini della Fede ebraica Studio della Torah Qabbalah Mondi Partzufim Esegesi haShem Elementi[30] Volto Shekel Preghiera ebraica Ricorrenze ebraiche Middot esegetiche Festività ebraiche
Yechidah Mashiach Ein Sof Keter Tiqqun Cabala Pratica Pardes Torah celeste Adam Qadmon-‘Olam haBa Arikh Anpin Yechidah Apice della Yod Chomer Hayiulì cranio Profezia Amidah e Qaddish Yom Kippur innovazioni Tisha b’Av
Chayyah Adam Maestà divina Chokhmah “Crescita” Meditazione ebraica Torah Qabbalah Atzilut Abba Sod Yod acqua e fuoco occhi Profezia Shemà Shabbat Letteratura rabbinica Tu BiShvat
Neshamah Ghever Shekhinah Binah “Maturità” Ascetismo nell’ebraismo Talmud Sefer haZohar Beriyah Imma Drash Hei fuoco ed acqua orecchie Profezia Hallel Pesach Haggadah e Midrash Purim
Ruach Enosh Luce celeste 6 da Chessed a Yessod “Allattamento” Esegesi mistica ebraica Tanakh/Chumash Sefer Yetzirah Yetzirah Zeir Anpin Remez Vav aria naso Ruach haQodesh e Daat[31] Salmi e Qedushah Rosh haShanah Sefer Torah Chanukkah
Nefesh Yish Gloria divina Malkhut “Gravidanza” Devequt e Kavanah Mishnah Zaddiqim Assiyah Nuqvah Pshat Hei terra bocca Tov[32] Berakhot Sukkot Halakhah Pesach shenì
Guf-corpo “Yessodot”-4 regni Regno celeste anche Qelipot crescita _ Comprensione Ghimatriah Firmamento “Mazal” _ _ polvere anche “Natura” “lode” Musaf Shavuot Oggetti liturgici ebraiciTesti sacri ebraici Digiuni ebraici e Simchat Torah
  • Nèfesh (נפש in lingua ebraica) indica l’uomo come essere vivente. Nel canone ebraico la parola nèfesh ricorre 754 volte, la prima delle quali in Genesi 1.20. La costituzione dell’uomo come “Nefesh” è descritta in Genesi 2,7:

« Dio il Signore [YHWH] formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici l’alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente. »

Il nefesh non si identifica con il soffio di vita che proviene da Dio, ma indica il respiro. In questo senso l’essere animato [Nèfesh], quando ne viene incluso dopo la morte, è compreso nel luogo identificato con il Gan eden o Paradiso e con lo Sheol o Inferi.Riguarda la parte inferiore e le “funzioni animali” dell’anima ed è compito degli individui renderla divina, anche vincendo contro la cattiva inclinazione, lo yetzer arà, e non esserle più attaccato. Si riferisce agli istinti e funzioni vitali. Si trova in tutti gli uomini. Affine alla concezione della psiche è all’origine della natura fisica e riguarda soprattutto la vitalità del corpo, l’istinto, la psicologia più semplici e l’intelletto, la consapevolezza dell’esistenza e della Presenza divina nel Mondo e la facoltà di donare ed aiutare (cfr Ghemilut Chassadim): esse sono definite distintamente Nefesh Behamit, l’anima “animalesca”, Nefesh Ha’sichlì, l’anima intellettuale, e Nefesh E-lokit, l’anima divina. V’è poi il livello di Nefesh haChayyah.

Ruach (ebr. רוח): il termine Ruach, da cui Ruach haQodesh (Spirito Santo), è in greco pnéuma e in latino spiritus. Pnèuma deriva dal verbo pnèo, che significa “respirare” o “soffiare”, e si ritiene che anche l’ebraico rùach derivi da una radice che ha lo stesso significato, ed indica l’alito vitale comunicato da Dio all’uomo. Per Ruach Chayim Nishmat si intende lo spirito “succhiato dalla Shekhinah”. Abramo Abulafia fu a conoscenza del mistero del Ruach Ruchot.

L’anima mediana, o spirito. Essa consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o all’ego. Riguarda principalmente le emozioni.

Ruach può essere raggiunta con lo studio della Torah e l’osservanza delle Mizvot. Ruach assume la sembianza del corpo della persona quando era in vita, il Talmud infatti narra episodi in cui vennero viste persone decedute.

  • Neshamah (ebr. נשמה): è l’anima superiore, il più elevato; esiste infatti la definizione Neshamah e-lyionit. Essa distingue l’uomo da tutte le altre forme di vita. Riguarda aspetti più elevati dell’intelletto e permette all’uomo di godere e beneficiare dei livelli superni della vita dell’aldilà.

Molti studiosi del Talmud ritengono che l’infusione dell’anima nell’embrione avvenga non prima del quarantesimo giorno.

Chi ne abbia il privilegio può raggiungere Ruach a partire dall’età di 13 anni e Neshamah dai 20 anni di età, come già detto Nefesh è già presente anche alla nascita.

Si ritiene che Nefesh risieda nel fegato, in ebraico kaved, Ruach nel cuore, lev, e Neshamah nel cervello, moach: le iniziali di queste tre parole formano la parola melekh che significa re e riguarda il livello raggiunto dalla persona in cui vi siano le tre anime suddette e che permette di essere considerata come un re per il grado di sapienza, conoscenza ed intelligenza, per la consapevolezza ed il controllo delle emozioni e degli istinti.L’anima pervade comunque tutto il corpo.

Chi capace e particolarmente elevato spiritualmente può elevare Nefesh oltre il livello semplice della vitalità delle funzioni vitali fisiche ed includerla in modo completo nella santità, la Qedushah.

Nello Zohar si dice che, dopo la morte, si dissolve l’apporto di Nefesh al corpo pur restando ad esso legato per un periodo, il Ruach si trasferisce in una sorta di stato intermedio dove è sottoposto ad un processo di purificazione ed entra in una specie di “paradiso transitorio”, mentre Neshamah ritorna alla sua fonte divina. Si ritiene che dopo la resurrezione Ruach e Neshamah, anima e spirito, si riuniscano in una forma definitiva trasmutata.

Quelli dell’anima sono livelli cui l’uomo può generalmente accedere nel corso della propria vita per gradi ed elevazioni nella coscienza, nella consapevolezza, nella spiritualità e nella santità. Dio dona Nefesh al principio della vita dell’individuo ed è compito di essa dirigere la propria interiorità, le proprie intenzioni, le proprie azioni ed i propri coinvolgimenti verso la spiritualità nell’atto di portare l’aspetto materiale verso la meta della spiritualità. Una volta raggiunto ciò e purificatosi in questa predisposizione Dio lo prepara per ricevere Ruach che domina Nefesh e gli permette di conseguire intenzioni più elevate con una coscienza più ampia; la persona così elevata attraverso Nefesh e Ruach, ormai raggiunte le dinamiche e le forme del servizio spirituale per Dio, se questo sarà buono e corretto, può raggiungere Neshamah che, un livello più alto, comunque secondo la natura della persona stessa, è ancora più santo e domina gli altri livelli. In coincidenza con le Haqqafot un Siddur Sefardita con le Tefillot dei giorni di Sukkot contiene dei riferimenti a tutte le cinque anime.

I maestri ebrei spiegano che durante il sonno l’anima giunge a Dio divenendo così purificata nuovamente, ritemprata e “pulita” sino a quando ritorni con il risveglio dell’individuo; questo aspetto è diverso dalla morte ed effettivamente l’anima rimane comunque continuamente legata al corpo.

L’Anima Universale Questa espressione presenta due significati principali differenti e non connessi ed un terzo elaborato dall’Avicebron:

  • nei testi della Qabbalah si riepilogano molte delle tradizioni secondo le quali ogni anima, creata fin dai primi giorni della Creazione, è riunita nella propria interezza nella persona che seguirà e condurrà la propria vita secondo le peculiarità proprie; esiste quindi una sorta di unione di tutte le anime che dovranno nascere; ognuna mantiene il proprio livello e grado e le proprie qualità che dovranno essere migliorati nel corso della vita dopo la nascita. In questo senso viene confermato quanto insegnato da molti maestri ebrei come l’Arizal a proposito della natura di tutte le anime esistenti, natura determinata dall’appartenenza distinta di ognuna ad uno dei 4 Mondi di cui parla la Qabbalah: esistono quindi anime originarie del Mondo di Atziluth, altre di quello di Beri’ah, di Yetzirah o di Asiyah’.
  • Il secondo significato riguarda l’interpretazione del suo simbolismo unitamente al paragone con la profezia: con questo paragone, in questo caso, la si confronta con la possibilità che l’Intelletto Agente possa essere collegato alla persona favorita in questo.
  • Elaborazione del secondo che ne è naturale e conseguente riflessione, vi è poi un terzo significato, già individuato anche dall’Avicebron, secondo cui per Anima Universale si intende il fondamento spirituale e sottile della Creazione tutta.

 

Cristianesimo

Nel Nuovo Testamento non esiste una definizione univoca di anima. Paolo di Tarso fa riferimento ad una tripartizione dell’uomo, nominando il corpo, l’anima e lo spirito, già presente in Platone. La parola psychè (ψυχή, in lingua greca) ricorre da sola 102 volte, la prima dei quali nel Vangelo di Matteo 2:20, ed è usata nelle citazioni di passi dell’Antico Testamento dove è presente il termine nefesh. Talvolta le due parole psyche e pneuma finiscono per assumere il medesimo significato.

Il termine greco psychè, tra l’altro, poteva significare non solo l’“anima come personalità e carattere”, ma anche come “vita”, o usato per indicare la persona stessa. Anche in opere greche non bibliche il termine includeva tutto il vivente e non solo la parte “pensante”. Naturalmente opere del genere si basano più che altro sugli scritti di autori greci classici, e includono tutti i significati attribuiti alla parola dai filosofi greci pagani, fra cui “anima” dei morti, “anima, come sussistente senza il corpo, o contrapposta ad esso”, ecc.

Dal momento che alcuni filosofi pagani pensavano che l’anima alla morte uscisse dal corpo, il termine psychè significava anche “farfalla”, creatura che subisce una metamorfosi, trasformandosi da crisalide in creatura alata.

Ferma restando la terminologia adoperata nelle Scritture, che fa riferimento ad un’inconfutabile distinzione concettuale tra il corpo e lo spirito, il Cristianesimo delle origini si concentrò, almeno nei primi tempi, sul concetto di resurrezione della carne più che su quello di «immortalità» dell’anima; quest’ultima sarebbe divenuta materia di riflessione soltanto dei teologi successivi.

Teologia cattolica

La Chiesa cattolica non ha una definizione filosofica esplicita dell’anima, sebbene abbia respinto diverse dottrine come quelle gnostiche che sostenevano che l’anima individuale fosse increata perché della stessa sostanza divina, o la teoria della metempsicosi legata alla reincarnazione, o ancora altre ipotesi nelle quali l’anima (intesa come anima razionale e spirito) non fosse considerata individuale e immortale. Secondo la teologia cattolica, l’anima è personale, libera di scegliere il bene e il male, immortale, soggetta a una sola vita terrena senza possibiilità di reincarnazione dopo la morte, presente da sempre nella mente di Dio come idea-progetto di amore per il singolo e per il bene di ogni vivente, ma che non preesiste al corpo ed inizia a “vivere” col nascituro. Fra gli autori ecclesiastici che hanno affrontato l’argomento, che si presenta quasi sempre connesso al tema della resurrezione, sono da annoverare Agostino di Ippona, Tommaso d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio. Mentre Agostino immagina l’anima come una specie di nocchiero del corpo, postulando un certo dualismo, Tommaso d’Aquino insiste sull’unità inscindibile dell’uomo. L’anima è <<tota in toto corpore>>, vale a dire interamente contenuta in ogni singola parte del corpo umano, e dunque ubiquitaria e non collocabile in un singolo organo (cuore piuttosto che cervello, ecc.), né dal corpo separabile (se non con la morte). L’anima intellettuale è per lui la forma del corpo, e la sua separazione dopo la morte è vista come un esilio, poiché essa è naturalmente unita al corpo, a cui tende con la resurrezione finale.

Di seguito alcuni passi del catechismo della Chiesa Cattolica: « II. «Corpore et anima unus» – Unità di anima e di corpo

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L’anima umana, di Luis Ricardo Falero

 

362 La persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice: « Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente » (Gn 2,7). L’uomo tutto intero è quindi voluto da Dio.

363 Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana, oppure tutta la persona umana. Ma designa anche tutto ciò che nell’uomo vi è di più intimo e di maggior valore, ciò per cui più particolarmente egli è immagine di Dio: « anima » significa il principio spirituale nell’uomo.

364 Il corpo dell’uomo partecipa alla dignità di « immagine di Dio »: è corpo umano proprio perché è animato dall’anima spirituale, ed è la persona umana tutta intera ad essere destinata a diventare, nel corpo di Cristo, il tempio dello Spirito.

« Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi, attraverso di lui, toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore. Allora, non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell’ultimo giorno ».

365 L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la « forma » del corpo; ciò significa che grazie all’anima spirituale il corpo, composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura.

366 La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio – non è « prodotta » dai genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale.

367 Talvolta si dà il caso che l’anima sia distinta dallo spirito. Così san Paolo prega perché il nostro essere tutto intero, « spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore » (1 Ts 5,23). La Chiesa insegna che tale distinzione non introduce una dualità nell’anima. « Spirito » significa che sin dalla sua creazione l’uomo è ordinato al suo fine soprannaturale, e che la sua anima è capace di essere gratuitamente elevata alla comunione con Dio.

368 La tradizione spirituale della Chiesa insiste anche sul cuore, nel senso biblico di « profondità dell’essere » (« in visceribus »: Ger 31,33), dove la persona si decide o non si decide per Dio. »

(Compendio catechismo della Chiesa Cattolica (2005))

Teologia ortodossa

Per gli ortodossi, corpo e anima compongono la persona, e alla fine, corpo e anima verranno riuniti; quindi, il corpo di un santo condivide la santità dell’anima del santo.

 Teologia protestante

Secondo il teologo protestante Oscar Cullmann, autore di Immortalità dell’anima o risurrezione?, pubblicato nel 1986,

« Lo stato intermedio fra la morte e la risurrezione del corpo è caratterizzato da un periodo di sonno, in cui gli addormentati (Prima lettera ai Tessalonicesi, 4,13) aspettano la resurrezione finale. »

Cullmann inoltre nel suo libro fa notare che la dottrina dell’immortalità dell’anima risale al II secolo e che deriva dalla analoga dottrina ellenica, presa a prestito dal cristianesimo.

In seguito, nella stessa opera, scrive:

« [Esiste] una differenza radicale fra l’attesa cristiana della risurrezione dei morti e la credenza greca nell’immortalità dell’anima… Se poi il cristianesimo successivo ha stabilito, più tardi, un legame fra le due credenze e se il cristiano medio oggi le confonde bellamente fra loro, ciò non ci è parsa sufficiente ragione per tacere su un punto che, con la maggioranza degli esegeti, consideriamo come la verità… Tutta la vita e tutto il pensiero del Nuovo Testamento [sono] dominati dalla fede nella risurrezione… L’uomo intero, che era davvero morto, è richiamato alla vita da un nuovo atto creatore di Dio. »

Islamismo

Nell’Islam si ritiene che l’infusione dell’anima avvenga al termine del quarto mese di gestazione.  

 

Il concetto di anima nelle religioni induiste

Nell’Induismo, e nelle religioni ad esso collegate, l’anima è l’aspetto più puro e sottile dell’esistenza umana, il principio che dà vita alla totalità, e che influenza e caratterizza l’evoluzione di un individuo nella sua completezza. Non ha “rivestimenti”, viene infatti anche detta Anupadaka, cioè priva di aspetti che la separino dal resto della creazione. Il principio separativo, “ego”, è soltanto un riflesso limitato di questa immensa energia.

Nelle diverse vite che l’uomo si trova a vivere attraverso la reincarnazione, le esperienze vissute entrano a far parte del bagaglio dell’anima, che ha così la possibilità di ricordarle tutte. Il fatto di non ricordare nulla delle vite passate può dare un’idea della distanza che si viene ogni volta a creare tra la percezione che l’uomo ha di sé stesso durante la vita (ego) e la sua vera natura (anima). Soltanto gli iniziati e i maestri riescono a ricordare le vite precedenti, perché la loro identificazione non è più con l’ego inferiore ma con il vero principio unificatore, e la sintonia con la loro anima è pressoché perfetta.

Tutte le pratiche Yoga e le diverse filosofie e religioni orientali hanno sostanzialmente come obiettivo la liberazione dalla schiavitù dell’ego e la definitiva sintonizzazione con l’energia della propria anima.

Nella tradizione esoterica si parla di anima individuale (Jiva) e anima suprema (Ātman). Poiché lo Yoga si pone appunto come obiettivo la fusione del jiva nell’atman, del sé individuale con quello Supremo (Dio, Bhagwan), esso mira in tal modo alla vera realizzazione spirituale e alla fine della sofferenza. L’Ātman, propriamente «respiro», può quindi essere inteso in un doppia accezione, sia come “anima del mondo”, sia come princìpio dell’anima individuale.

 

Il concetto di anima presso i popoli primitivi

Secondo le credenze sciamaniche, sono gli spiriti a muovere il creato, ancora prima degli dei. Gli spiriti sono presenti in tutti gli esseri viventi, e il loro rango è proporzionale alla creatura che animano. Ne conseguiva che con la morte, l’essere umano entrava nella dimensione degli spiriti, superiore a quella terrena. Da questo si deduceva la necessità di onorare il defunto, non solo per l’affetto, ma soprattutto perché da quel piano elevato poteva benedire i vivi. Da questo nasce anche la paura dei morti: se una persona, in vita era stata oppressa e maltrattata; giunta nel reame superiore poteva, in qualche modo vendicarsi.

 

Lessico, modi di dire, uso figurato

In generale, l’uso figurato di anima allude a qualcosa dotato di movimento e di vita (spesso più immaginaria che reale), oppure a qualcosa di segreto ma essenziale, che in qualche modo cambia la natura dell’oggetto in cui si installa.

  • Nei manufatti si definisce anima la componente dura, portante, interna, non visibile ma essenziale dell’oggetto, ad esempio:
    • bastone animato: è un bastone da passeggio che nasconde al proprio interno una lama affilata;
    • anima in polietilene o in poliuretano dentro pannelli in alluminio;
    • in liuteria si intende per anima il pezzetto di legno incastrato, non incollato, tra il fondo e la tavola degli strumenti ad arco.
  • I cartoni animati sono disegni che, proiettati in rapida successione, danno l’illusione del movimento (come se prendessero vita e fossero dunque dotati di anima)
  • Un proverbio popolare recita: “La pubblicità è l’anima del commercio”.
  • Anima può essere una metonimia per “persona” in espressioni come “Un villaggio di poche anime“.

C’è poi uno spettro semantico nel quale l’anima si riferisce ai morti:

  • la buonanima di…, espressione popolare per alludere a un defunto;
  • le anime sante, frequentemente stazionanti in purgatorio.

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