Luce e Verità

Ricordiamo che, in ambito etimosofico*, abbiamo deciso di dedicare i quattro articoli in calendario quest’anno ai sette Principi fondanti [1] che indirizzano la “Nuova Cultura/Nuova Civiltà”, meta cruciale  5.5 della Tavola del Piano che stiamo vivendo, poiché ci offrono i cardini per prefigurare la visione di un mondo nuovo. Se dunque nei due scorsi articoli ci siamo soffermati rispettivamente sul 1° e 5°, 2° e 4° Principio, oggi faremo qualche riflessione sul 3° e sul 6°.

Il terzo Principio afferma: Base del progettare è la Luce.

Gli etimi di entrambi i termini, “progettare” e “luce”,  sono già in buona misura  reperibili nel glossario, ma è il loro approfondimento e soprattutto la loro relazione a offrire nuovi spunti.

Progettare” deriva dal francese projeter, dal latino tardo proiectare, “gettare avanti”, composto dal prefisso pro, innanzi, e dal frequentativo del verbo jacere, gettare, scagliare, ma anche fondare e, nel caso di piante, germogliare. La radice del verbo non è ancora definita: per la maggior parte degli studiosi, la radice indoeuropea  sarebbe *JA-, che esprime l’idea di andare e far andare; secondo il linguista F. Rendich, invece, sarebbe *AS-, che esprime l’idea dell’ “avvio [a] di un collegamento [s]”, “lanciare”. [2]. Quale che sia l’etimo del verbo, è nell’umile prefisso pro– che si cela il concetto più sorprendente: la radice indoeuropea di riferimento è *PRA-, in cui si distinguono le componenti [ra], “raggiungere”, [p] “la purificazione”: “stare innanzi”. L’uomo indoeuropeo, nel compiere l’azione di legarsi alla luce nascente, avrebbe avuto lo scopo di ottenere la purificazione, di stabilire il rapporto con gli dei: è dalla “priorità” di questo rituale quotidiano, dal suono radicale p, che sarebbe derivata la parola  pra, “prima”. Per la stessa ragione l’Est, fonte della luce purificatrice, fu detto in sanscrito puras [3]. Il “progettare” è dunque parola potente,  esprime lo slancio prioritario verso il Sole che nasce, l’orientamento verso la Stella del nostro sistema.

Nel momento in cui riuscissimo stabilmente a pronunciare questa parola avendo piena coscienza della sua portata, non è esagerato pensare che la nostra vita ne risulterebbe trasformata!

Per la parola luce, rimandando al glossario per l’analisi etimologica completa, ne rievochiamo qui l’essenza: deriva dalla radice indoeuropea * LUK- che esprime l’idea di “rifulgere”, ed è in realtà una modificazione dell’originaria *RUC-’,  come testimonia la parola sanscrita ruc, “splendere”,  in cui si individuano le componenti [r] “venire incontro”, [u] “con forza”, [c] “tutt’intorno”: “splendere” . È importante rilevare che il suono *RU- è intercambiabile, per metatesi/inversione fonetica, con *UR-: in modo di nuovo sorprendente, ritroviamo così la primaria radice *AR-/*OR-/*UR- che designa il popolo ariano e che indica l’idea fondamentale del  “movimento per unire”, esprimendosi  primariamente, appunto, quale moto ma anche, nella variante *UR-/*RU-,  come suono – si veda ad es. la testimonianza del sanscrito ru, “gridare” – e come luce sfolgorante [4]. Colpisce il fatto che è radice fondamentale presente non solo nella famiglia linguistica indoeuropea ma anche in quella semitica, come testimonia il nome ebraico dell’Arcangelo Uriel, “Luce di Dio (El)”  e si nota l’assonanza con l’arabo nur, “luce”, il che rivela un valore semantico che tende all’universalità.

Viene alla mente il primigenio comando divino della Genesi biblica, FIAT LUX, che evoca il potente moto creativo del suono e del fulgore. In altre parole, con un salto terminologico, il Big Bang…

Ed è bello riscoprire, attraverso l’etimologia, il compenetrarsi di questi concetti, quale si sviluppa nel documento reperibile su questo blog, Genesi delle Idee – Luce,  che nel Lambdoma  omonimo  articola e modula la differente qualità dei suoi bagliori in quarantanove formule, così definendola:

L’infinito potere dinamico del Suono è il moto ritmico del Fuoco: è Luce

In questo contesto, è importante rilevare che nella nostra famiglia linguistica originaria, se la radice ur fa esplodere la luce quale fulgido moto sonoro, ve n’è un’altra che la esprime in modo non dirompente bensì spaziale, il suono d, come rivelano le parole indoeuropee div, cielo, giorno, luminosità, e dī, brillare, splendere, che furono all’origine dei termini sanscriti divya, divino, deva, dio, cui corrispondono i termini latini divinus  e deus. Ha la stessa origine anche il nostro “giorno”, dal latino tardo diurnus, da dies!

Vi è un altro aspetto di questa luminosità, sul quale citiamo Rendich per la semplicità e la profondità di sintesi: ‘[…] Gli Indoeuropei, una volta che ebbero usato la consonante d, simbolo della luce, per nominare il divino(divya) e dio (deva) intesero poi “portare [hi] la luce [d] all’interno dell’animo umano e formarono così la radice dhī  “pensare in raccoglimento”, il “pensiero contemplativo”. […] È il pensiero che si stacca dalla contemplazione della luce divina [d] e dal mondo  esterno la trasporta  [hi] nel mondo interiore. Nasce così la meditazione come “pensiero religioso profondo”.’ [5]. Il Linguista prosegue spiegando che dalla stessa radice sarebbe scaturita la parola sanscrita dhyāna, meditazione, adottata dai sistemi filosofici orientali, che si trascrive chan in cinese e zen in giapponese.

Di nuovo, attraverso il riscontro etimologico, riscopriamo lo strumento principe del nostro lavoro, tenere la mente nella luce, per il quale citiamo le ultime parole di un articolo pubblicato: “[…] Per seguire la Via è dunque necessario e sufficiente tenere la mente nella Luce. Abbandonato il sé minore, il superiore vola libero nello Spazio solare.”

Non possiamo non osservare che la dualità dei suoni ur e di che  esprimono la luce sembra essere l’eco della sua duplice natura, che è sia corpuscolare sia ondulatoria, sia discreta sia continua.

I suoni e l’idea di luce ci rimandano dunque, già dalle origini, al Sole  e alla Divinità interiore: è da queste fonti che nasce il progettare, poiché il Sistema solare apre ai canali di energia stellare, offrendo il modello primario di collaborazione tra i Luminari, insegnando i ritmi del creato, contribuendo a ispirare la Mente superiore.

Citiamo alcuni pensieri di Enzio Savoini, per la profondità di sintesi al riguardo:

  • La Luce, base del progettare, è una disciplina, volontaria e rigorosa.
  • La luce splende, domina, rischiara, perché obbedisce all’ordine.
  • Il potere del progettare discende dalla regolarità, cioè dalla disciplina cui assoggetta se stesso e il suo prodotto.
  • La nuova Cultura, che è un progetto, si regola sulla Luce del Cielo.
  • La Luce del nuovo Pensiero splende di sette Raggi.
  • La coscienza umana risponde ai sette Raggi con sette Onde, che tornano all’Irradiante.
  • Luce, innovazione, futuro, bellezza, ecco gli elementi del progettare. [6]

Un testo della Collezione Agni Yoga ci guida al sesto Principio, Scopo e oggetto del comunicare è la Verità, con questo passo:

[…] Sviluppa l’intuizione,

A percepire l’unità futura del genere umano,

L’unica salvezza sta nel volgere lo spirito

alla luce del Vero. [7]

Anche in questo caso siamo facilitati dal fatto che l’etimo sia della comunicazione sia della verità sono già reperibili nel glossario. “Comunicare”, derivando dall’aggettivo “comune”, ha il potente valore del “mettere in comune”, con la nota forte dell’assunzione di responsabilità (munus significa dovere, incarico): l’intensità originaria della parola ci è restituita  in modo esemplare dal latino, per il quale ad es. sacra communicare significava “ammettere alla partecipazione del culto religioso”, il che spiega l’uso successivo dello stesso verbo, nel linguaggio ecclesiastico, per indicare il “partecipare alla mensa eucaristica”; si noti a questo proposito che anche la parola “comunione” ha lo stesso etimo.

La Teoria della comunicazione è oggi uno degli studi più complessi, con le sue ricadute molteplici sulla società, per cui il risalire semplicemente al significato originario del termine aiuta l’esercizio del nostro discernimento, così come spazzano qualsiasi annebbiamento queste parole: […] Come si vive, senza le distanze? Senza separazioni e isolamenti?

Si scoprono la sovranità dell’Infinito, il potere delle direzioni spaziali, la comunione con il Tutto, la ricchezza infinita della Luce. Si perdono il punto di vista, l’egotismo, i limiti, l’ignoranza. [8]

“Verità” deriva dalla radice indoeuropea *VṚ-/*VAR-, che esprime l’idea del volere, dello scegliere. È lo stesso etimo di “volontà”, del termine greco rhema, che significa “parola”, e del latino verbum, con lo stesso significato. L’identità di questi tre concetti, verità, volontà e parola, ci spinge a coglierne l’essenza, quale potente  “affermazione di ciò che è”: in sanscrito “verità” veniva indicata sia con vrata, dalla radice sopra indicata, sia con satya, dal suono radicale *AS-, che esprime l’idea di essenza quale unione e relazione, da cui deriva ad es. il latino esse, essere. Viene subito in mente il motto della Scuola Teosofica: Non vi è religione superiore alla verità (Satyat nasti paro dharmah, ove dharmah indicherebbe, più che la religione comunemente intesa, il senso etico).

La Verità è dunque un diamante le cui infinite sfaccettature si colgono per gradi, a mano a mano che sviluppiamo la  comprensione delle relazioni essenziali del cosmo, mettendo in comune il lavoro creativo e progettuale condotto in gruppo ordinato, ispirato al luminoso Modello dei mondi superiori.

Concludiamo con queste parole: […] Il Progetto non è nostro, È elaborato e custodito in alto. Ma noi dobbiamo eseguirne alcune parti, quelle che riguardano la costruzione della nuova cultura, cioè il nuovo Tempio.

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[*] Oggi, come succede ad intervalli di circa tre mesi, avviene la congiunzione eliocentrica tra Mercurio e Nettuno, associata all’armonia del linguaggio.
[1] I sette Principi, desunti dalla raccolta inedita di Enzio Savoini, Semi 1994 e approfonditi nelle sezioni di questo blog, sono:
  1. Base e scopo del governare è la Libertà
  2. Base dell’educare è l’Amore
  3. Base del progettare è la Luce
  4. Scopo dell’esprimere è la Bellezza
  5. Base del Lavorare è la Gioia
  6. Scopo e oggetto del comunicare è la Verità
  7. Base e scopo dell’Organizzare è l’Unità
[2] F. Rendich, Dizionario Etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee. Indoeuropeo- Sanscrito-Greco-Latino, Palombi Editori, 2010, p. 426
[3] Op. cit., pp. 233, 248
[4] Op. cit. pp. 333-334, 353. Scrive Rendich a p. 334: […] In conclusione, le radici ur e ru designavano le tre principali vie attraverso le quali, con forza impetuosa [u] ci giungono [r] gli stimoli del mondo esterno: la via “uditiva”, quella “visiva” e quella “cinestetica”.
[5] Op. cit. p. LVIII
[6] Pensieri tratti dal testo inedito citato sopra alla Nota 1
[7] Foglie del Giardino di Morya, I, § 2
[8] Pensiero tratto dal testo inedito di Enzio Savoini, Teoria della Luce – 1° aggiornamento. Si veda anche l’articolo Scienza della comunicazione su questo blog.
[9] Pensiero tratto dal testo inedito di Enzio Savoini, Ricostruire il santuario della vita umana.
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