Il sole architetto a Castel del Monte

Per celebrare il transito dell’asse Sole-Terra al centro dei Segni TaurusScorpio, la Luce rivelata ed espressa come pura Armonia, la Bellezza quale “splendore del Vero”, ecco un mirabile articolo (vedi qui – le immagini sono a cura della redazione) del grande astronomo-archeologo Aldo Tavolaro su una delle più belle architetture di tutti i tempi, Castel del Monte. La Verità splendente di questa opera d’Arte connette Cielo e Terra, divino e umano, passato e futuro nella Bellezza dell’Essere.

Il sole architetto a Castel del Monte

Sostenere ancora che Castel del Monte, il celebre e misterioso edificio che sorge presso Andria, in Italia, sia stato un castello di caccia costruito per i ludi venatori dell’Imperatore o, quanto meno, un castello di difesa è far torto alla universale genialità di Federico II di Svevia. Infatti il castello, se castello può dirsi, gronda in ogni sua parte di implicazioni astronomiche, geometriche e matematiche che ne fanno – spesso a discapito della funzionalità – un libro di pietra in cui troviamo racchiuse, in un linguaggio ovviamente “in superioribus”, le tappe raggiunte dalle discipline tecniche nell’epoca federiciana.
In questo breve intervento sarà difficile esporre compiutamente tutte le significazioni contenute nelle distinte parti architettoniche, nel loro insieme, nelle misure lineari dei vari elementi, negli angoli, nelle combinazioni delle prime coi secondi, ecc., ma ne tenteremo ugualmente una sintesi significativa.

L’astronomia

Ricordiamo innanzi tutto che Castel del Monte ha forma ottagona, agli otto angoli si innestano altrettanti torri ottagonali, il suo cortile è pure ottagonale e conta otto sale a pianterreno e otto al piano superiore, tutte trapezoidali e tutte eguali tra loro.
La distribuzione spaziale di tutti questi elementi architettonici (cortile, sale, torri, ecc.) obbedisce a precise indicazioni dettate dal Sole nel suo volgere nel corso dell’anno. Ed iniziamo con un esempio.
Chi si reca in piazza S. Pietro a Roma può vedere incastrati nel selciato, al lato nord dell’obelisco che svetta al centro della piazza, dei dischi marmorei che rappresentano i segni dello zodiaco. A mezzodì del giorno in cui il Sole entra in ogni segno zodiacale l’ombra della sommità dell’obelisco raggiunge il disco recante il simbolo della corrispondente costellazione.
In piazza S. Pietro, quindi, l’ingresso del Sole nei vari segni zodiacali è scandito dai dischi marmorei, mentre in Castel del Monte il medesimo ritmo è scandito da una serie di spazi conclusi concentrici che costituiscono la pianta di base del castello.
Immaginiamo che alla sommità della collina – un tronco di cono alto 540 metri –, occupata ora dal castello, vi sia solo il grande pianoro circolare sul quale sorga solitario un grande gnomone (un palo) alto m. 20,50 (l’altezza originale della parete del cortile prima che un parapetto, costruito poche decine di anni fa, la alterasse) e che occupi il posto della parete sud del cortile stesso.
A mezzodì dell’equinozio d’autunno, quando il Sole entra nel segno della Bilancia, 23 settembre, il palo di m. 20,50 proietterà sul terreno un’ombra lunga esattamente quanto è largo il cortile del castello. Un mese dopo, giusto nel dì in cui il Sole entra nel segno dello Scorpione, sempre a mezzogiorno, l’ombra del palo determinerà la larghezza delle sale del castello. Ancora un mese dopo, all’ingresso del Sole nel segno del Sagittario, l’ombra del palo lambirà il bordo della circonferenza teorica nella quale si inscrive il castello, comprese le torri. Quando il Sole entrerà nel Capricorno, l’ombra del palo indicherà la collocazione di una recinzione ottagonale esterna al castello esistita anticamente, poi demolita, ma della quale ci riferiscono, completa di misure, studiosi qualificati.


Ma il lavoro dello gnomone (del palo) non finisce qui perché le ombre estive, quelle anteriori a settembre, mese dal quale abbiamo iniziato l’esposizione, cadono all’interno della corte e siccome la tradizione vuole che in tale corte vi fosse una grande vasca ottagonale monolitica in marmo, le sue dimensioni potrebbero aver coinciso con le indicazioni dello gnomone.
Quanto esposto innanzi può essere provato sia col calcolo astronomico che si avvale della trigonometria (un po’ lungo e noioso per la sintesi che ci siamo proposta), sia graficamente sovrapponendo alla sezione del castello l’analemma di Vitruvio.
Questo celebre architetto, vissuto duemila anni fa al tempo dell’imperatore Augusto, ci ha lasciato, tra l’altro, la descrizione di un analemma, ossia di un disegno geometrico, in base al quale possiamo stabilire le lunghezze delle ombre di un bastone alle date in cui il Sole entra nei diversi segni zodiacali, sempre che conosciamo la latitudine del luogo in cui andiamo a piantare il bastone. Se disegnamo, quindi, l’analemma, dando allo gnomone la medesima altezza della parete originale del cortile, e lo sovrapponiamo alla sezione del castello – s’intende nella medesima scala – vedremo che le ombre ottenute dal disegno vitruviano andranno a scandire tutti quegli elementi architettonici che abbiamo individuato prima e che rappresentano i limiti degli spazi conclusi della costruzione.
Questo è solo l’inizio dei legami che il castello presenta col cielo in quanto ve ne sono altri come il seguente.
Il tema della perfetta geometricità di Castel del Monte ha colpito un po’ tutti gli studiosi, ma in tanta perfezione ecco un neo, uno strano neo che sconcerta perché si tratta di un’imperfezione grossolana che – da maestranze tanto provette – poteva essere facilmente evitata. L’ottagono del cortile, a differenza dell’ottagono esterno del castello e degli ottagoni delle torri, non è un ottagono regolare. Non c’è un solo lato che sia eguale ad un altro. E’ mai possibile che maestranze e architetti che hanno imprigionato nella pietra cadenze celesti, come quella annuale del Sole, si siano smarriti nel disegnare al suolo un ottagono? E se l’irregolarità fosse voluta e calcolata e le diseguaglianze dei lati calibrate per ottenere un altro elemento cosmico? Infatti è proprio così. Se consideriamo i lati Ovest ed Est del cortile e li congiungiamo con due diagonali che disegnino nel cortile stesso una “X” vedremo che gli angoli opposti ottenuti anziché essere di 45° (un angolo giro di 360° diviso per 8 dà 45°) sono, di poco, più di 47°. Che vuol dire ciò?
Tutti sappiamo che l’asse terrestre è inclinato di 23 gradi e mezzo; per l’esattezza oggidì è inclinato di 23° 27’ mentre all’epoca della costruzione del castello era inclinato di 23° 33’. Sappiamo anche che in 26.000 anni l’asse della Terra compie un giro come una trottola che stia perdendo velocità per cui se adesso prolunghiamo idealmente l’asse del mondo oltre il polo Nord terrestre incontriamo la Stella Polare, ma ciò non accadrà più tra qualche migliaio di anni. Occorrerà attendere che l’asse terrestre compia intero un giro e solo allora potremo ritrovare la Polare allineata all’asse della nostra vecchia Terra. In questi 26.000 anni, quindi, l’asse del mondo descrive un cono il cui vertice ha un angolo doppio di quello della sua inclinazione, ossia – all’epoca della costruzione di Castel del Monte – 47° 6’, il medesimo valore che troviamo tracciato dalle diagonali che congiungono i lati Est e Ovest del cortile.
Questo cono descritto dall’asse terrestre si chiama “precessione degli equinozi”; gli antichi – che lo conoscevano e lo avevano già studiato – lo chiamavano “grande anno” o “anno platonico”. I costruttori di Castel del Monte hanno quindi racchiuso nel cortile l’angolo del cono precessionale in coincidenza del quale c’era la vasca marmorea che poteva simboleggiare proprio la Terra.
Ora, se la Terra è la Terra, ossia quel pianeta che ha determinati ritmi stagionali, che vede avvicendarsi il caldo al freddo e la vegetazione è condizionata dalle piogge e dalle calure; se l’uomo, a sua volta, correla la sua attività ai periodi della semina e del raccolto, se tutta la vita sulla Terra, dalla gigantesca sequoia alla formica, obbedisce a certi ritmi ciò è dovuto soltanto all’inclinazione dell’asse terrestre. Immaginate un asse dritto, ossia perpendicolare al piano dell’eclittica, e non avremo più inverno ed estate e le piante si comporterebbero diversamente e l’uomo di conseguenza. Se vogliamo perciò cercare un simbolo, il più proprio, il più essenziale, il più significativo per dire Terra ne avreste uno migliore dell’angolo di 23° e mezzo dell’inclinazione del suo asse e, quindi, di 47° del suo più ampio e completo respiro del “grande anno” o precessione degli equinozi?
Un angolo di 47° collocato al centro del cortile di Castel del Monte, mentre tutt’intorno l’architettura del maniero si articola scandita secondo l’andare del Sole attraverso i segni zodiacali, non obbedisce forse alla concezione geocentrica di Tolomeo, in vigore all’epoca della costruzione del monumento, secondo la quale la Terra è al centro e il Sole le gira intorno?
E questa centralità della Terra non si sposa facilmente con l’ideale del costruttore del castello che alla sua opera pare abbia voluto dare proprio i crismi del potere centrale?
Un altro sconcertante appuntamento di Castel del Monte con il cielo è il seguente. Se piantiamo, dove sorge il castello, un bastone nel suolo verticalmente e osserviamo le sue ombre un’ora prima di mezzogiorno e un’ora dopo nelle due date degli equinozi, noteremo che esse spazzeranno un angolo complessivo di 45° e un tale angolo aperto al centro di una circonferenza sottende una corda che è lato di un ottagono. Questo fenomeno avviene soltanto alla latitudine di Castel del Monte che, guarda caso, è un ottagono.
Se si considera poi che il tracciato dell’ombra solare di un bastone (più dottamente detto gnomone) tutti i giorni dell’anno scorre sul terreno disegnando un’iperbole, è significativo che soltanto agli equinozi scorra seguendo una linea retta. E’ come se il Sole, in un giorno sacrale qual è quello degli equinozi, in ore che presso gli antichi avevano valore rituale, disegnasse di sua mano il lato dell’ottagono del castello.

La divina proporzione
Ma il libro di pietra di Castel del Monte ha altre pagine riservate alla divina proporzione, ossia al celebre rapporto 1,618 detto “numero d’oro” che, oltre ad armonizzare il corpo umano ritroviamo in architettura un po’ in tutti i tempi, ma più massicciamente nei secoli dall’XI al XIII arricchito di intenzioni sacrali.
Iniziando dall’ingresso del castello, peraltro rivolto ad Est, troviamo che il timpano posto sul portale è un triangolo isoscele con il vertice aperto a 108°. Questo vuol dire che se si moltiplica la lunghezza di un lato del triangolo per 1,618 otteniamo la lunghezza della base del triangolo stesso.
Abbiamo già detto che le sale sono trapezoidali: ebbene, se moltiplichiamo il lato minore del trapezio per 1,618 otteniamo il lato maggiore. Se dividiamo lo stesso lato minore per la radice di 1,618, ossia 1,272, otteniamo la larghezza della sala. Questa presenza del numero d’oro continua nelle proporzioni del castello con l’elevazione di 1,618 al quadrato e al cubo, ma la sintesi propostaci non ci consente di dilungarci sul tema.
Tuttavia, non è possibile tacere che i punti in cui sorge e tramonta il Sole alle date dei solstizi (d’inverno e d’estate) determinano sull’orizzonte quattro vertici che, se idealmente congiunti tra loro, disegnano un rettangolo in divina proporzione, cioè a dire che se moltiplichiamo la lunghezza del lato minore del rettangolo per 1,618 otteniamo il lato maggiore. In tal modo Castel del Monte si colloca al centro di questo ideale rettangolo in rapporto aureo ed è da sottolineare che anche questo fenomeno si verifica soltanto alla latitudine in cui sorge il manufatto.
Per cogliere il vero significato di questa massiccia ed elaborata presenza del rapporto aureo, o divina proporzione, in Castel del Monte dobbiamo considerare l’importanza data in quell’epoca a tale rapporto, che ritroviamo nelle cattedrali gotiche, in quelle romaniche e persino nelle chiese minori e ricordare, altresì, che esso fu oggetto di particolare studio da parte del matematico Leonardo da Pisa, detto Fibonacci (ricordiamo la sua celebre “serie”?), coevo e interlocutore di Federico II.

La geometria
Se continuiamo a sfogliare le pagine di questo meraviglioso libro di pietra troveremo che le otto torri scaturiscono automaticamente, quasi una logica ricorsiva, da una semplice elaborazione geometrica degli ottagoni rappresentati dal cortile e dal perimetro esterno delle otto sale, determinando inoltre lo spessore delle cortine.
Anche il raddoppio delle superfici dei quadrati è presente nel castello in coincidenza col disegno del cortile e delle sale e chi non ricorda che Fibonacci, oltre a lasciarci la “serie” ricordata più innanzi, si occupò in special modo, su invito di Federico, di quadrati?
Troppa astronomia, troppa matematica, troppa geometria e troppo simbolismo per le esigenze della caccia o per i bisogni di una guarnigione di soldati, mentre non ci sarebbe da stupirsi se, nel contesto della cultura del tempo sull’onda montante dei contributi arabi alle matematiche e all’astronomia, sotto le illuminate insegne di un Imperatore «vir inquisitor et Sapientiae amator», si sia riproposto al mondo un monumento equivalente alla piramide di Cheope, un libro di pietra per pochi chiamati a leggerlo.”

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