Eroe necessario

Quando eravamo bambini, avevamo tutti i nostri eroi. Chi guardava a una persona, chi a un personaggio; chi prendeva a modello un maestro o un protagonista di storie, chi inventava immagini eroiche di se stesso in mondi immaginati. Avere eroi a cui guardare ed essere eroi, era naturale e innato: vale la pena rifletterci.

images (1)Non che sia da idealizzare l’essere bambini come condizione perfetta, purtuttavia sappiamo che certe limpide conoscenze anche prive di consapevolezza (quindi note e comprese solo con lo sguardo retrospettivo dell’adulto) vi appartengono. A volte i piccoli stupiscono con espressioni di saggezza e di comprensione, non a caso il Maestro disse : “Siate come fanciulli”.

C’è bisogno oggi di eroi? Certa opinione li vuole desueti e li ridicolizza: troppa retorica, troppa artificiosità, troppa ridondanza. E anche una certa dabbenaggine, infondo il successo pare essere dei “furbi”, non certo degli eroi. Nella visione  comune appaiono, al meglio,  più simili a Don Chisciotte che a salvatori effettivi. E del resto nel nome dell’essere eroi ne sono state compiute di ingiustizie ed efferatezze, nel corso di tutta la storia, e i poteri più malefici hanno sempre battuto il tasto del “superiore” e dell’ “eroico”.

Eppure ovunque sentiamo l’inquieta e triste mancanza di eroi, di coloro che – aderendo a un ideale sinceramente compreso in sè – vivono anche piccole vite senza grandi eventi, eppure basta un nulla a rivelarli tali: che sia l’eroismo di una vita discreta, dedita a creare benessere e amore in ogni campo intorno a sè, che sia l’atto supremo di abnegazione in condizioni straordinarie, che sia la capacità quotidiana, giorno dopo giorno, di amplificare al massimo la Bellezza e il Bene. Eroi incuranti di esserlo, finanche inconsapevoli di eroismo, significa Ideali in essere, con semplicità.

Schermata 2014-04-03 a 11.53.00L’eroismo è sempre associato quindi al sacrificio di sè, non necessariamente sofferente o eclatante, ma anzi più eroico quanto più lieve e gioioso, quanto più inconsapevole di essersi sacrificato; poiché ciò a cui si rinuncia non è oggetto di attaccamento, quanto meno  nel momento del sacrificio. Colui che si getta in acqua in risposta a un grido di aiuto non pensa in quel momento a cosa rischia o se lo fa non se ne cura. Forse questa “dimenticanza” è il vero segno di quella condizione eroica di cui il mondo ha disperatamente bisogno, poichè gli eroi incarnano un ideale – cioè la forma dell’Idea superiore che sempre appartiene al mondo del Buono, del Bello e del Vero – e senza Ideali si langue e si muore.

    “Senza eroi non è vita. Informatevi se mai ci fu un tempo senza un modello eroico. Qualsiasi allievo ammetterà di aver sempre amato in cuore un suo ideale. Le grandi imprese ispirano gli impulsi migliori. Dirà inoltre che nessuno gli insegnò a venerare un eroe, ma che quel sentimento gli venne dall’intimo. Le basi dell’esistenza affiorano indipendenti, emergono dai depositi del Calice, dove sono preservate quali lezioni del Mondo sottile. Sovente non si riesce a dirle in parole, ma sono vive, e all’ora giusta trasformano la vita.      
    Non stancatevi di parlare del Maestro e dell’Eroe. Sono concetti uguali in essenza. Conducono al successo, aiutano a sopportare il peso della vita, e sono fonte di coraggio.      
    Il Pensatore diceva: “Il Maestro è l’Eroe più grande. Le sue armi non arrugginiscono né si guastano. Un esercito può voltarsi e fuggire, non il Maestro. IncoroniamoLo di fiori quale Eroe”. ”    (Sovramundano III, § 463)

cielo-620x385Quando si pensa all’eroe la prima associazione è con la guerra. Meglio sarebbe pensare alla battaglia, poichè certo l’eroe di battaglie ne vive costantemente, in nome dell’ideale che lo guida: contro i nemici interni ed esterni da rendere inoffensivi e irrilevanti. La battaglia cui partecipa l’eroe non è quindi la guerra armata di uomini contro uomini (seppure esistono eroi che si trovano in quelle congiunture), bensì la ricerca d’armonia che incontra gli inevitabili conflitti con le forze avverse.

“Urusvati sa che ciascuno di Noi, in vario modo, ha contribuito alla pace del mondo. Ricordate Orfeo, che diede al mondo melodie balsamiche di pace e quel Maestro che volle purificare gli Insegnamenti per accrescere il sapere e capire meglio la vita. Un altro eroe dello spirito predicò di praticare soprattutto i metodi più pacifici. Anche l’Unificatore dei popoli insegnò che la pace prospera solo nell’armonia.      
    Chi opera per il bene e la pace incontra molte difficoltà; donde vengono quegli insopportabili fardelli? Ogni progresso evoca la furia del caos, che reagisce a qualunque aspirazione di bene. Nondimeno chi lavora per la pace testimonia che quelle imprese sono i suoi ricordi migliori. Esse restano nella storia dei popoli e si riflettono nella loro vita.      
    Chi non capisce che l’armonia dei suoni genera serenità? Qualcuno dovette pure scoprire per primo questo metodo di pace. In antico si cantava molto, ma fu necessario mostrare che i canti placano la mente (……) Tutte le misure, sia terrene sia sovramundane, devono essere comprese; la bellezza della pace compare solo nell’armonia e nella dignità. Se quest’ultima ne soffre nasce una bruttura. Chi non sa nulla della bellezza non può pensare alla pace, così come l’ignorante non capisce l’unione. Eppure tutti rispettano gli Unificatori. Dunque Noi lavoriamo per la pace.      
    Grande fu il contributo del Pensatore, che osò concepire un governo della pace. Che importa se si considera un sogno? I sogni pavimentano la via dell’Eternità!”   (Sovramundano II, §  320)


images (4)Naturalmente sappiamo che l’eroe è coraggioso, quasi per definizione. Sul coraggio c’è molto però da riflettere, perchè anch’esso è spesso malinteso, soprattutto da chi non lo pratica e, come sempre accade, se ne dichiara il maggiore esperto.

“Urusvati sa che il coraggio è un dono. Un uomo audace può avere paura delle vibrazioni avverse, ma l’eroe coraggioso non le teme. Dar prova di coraggio è più che una semplice vittoria terrena. Anche nel Sovramundano si sviluppa quella virtù.      
    Chi vuole seguire la via del coraggio è aiutato dall’Altissimo. Potrà andare incontro a molti terrori, ma sapendo che la sua essenza è inviolabile neppure il peggiore ne turberà il ritmo. Così armato, l’eroe attraversa la vita terrena. Può star certo di aver ricevuto un grande dono.      
    Sento qualcuno brontolare che non c’è nulla di nuovo, che tutti sanno che serve il coraggio. Costoro però non tentano di coltivare quella virtù. Si può svilupparla instancabili in qualsiasi circostanza, con ciò richiamando accumuli da tempo dimenticati. Esercitare il coraggio è sempre bello, ma quei brontoloni non lo sanno, perché non tendono alla bellezza. L’eroismo è per loro parola senza senso. Non capiscono perché l’eroe non sopporta di vivere in modo volgare. Non sanno valutare il vero beneficio del coraggio; che pure sarebbe utile anche nelle loro vite da mercanti. Preferiscono vegetare nel suolo della timidezza, anziché accendersi di eroismo, il che è possibile anche nell’esistenza più umile. Non si comprende che il coraggio è la via più breve.      
    Il Pensatore insegnava a marciare nel Sovramundano armati di coraggio.   (Sovramundano IV, § 840)

Se ragioniamo di eroi, vediamo quindi come  eroismo, coraggio, semplicità, sacrificio, oblio di sè, bellezza, amore, verità, pace… siano valori inanellati l’uno nell’altro, come facce di uno stesso prisma, e questo fa molto riflettere su come infine sia semplice costruire un Mondo Nuovo più giusto e migliore: da qualsiasi valore/azione si voglia partire, qualsiasi qualità reale ciascuno voglia e possa mettere in campo, otterremo naturalmente ľ’armonia complessiva.

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