La Fede e la Ricerca

Nel giorno della quadratura (eliocentrica) fra Venere, trasmettitore della quinta energia creativa, del potere della mente illuminata, e Nettuno, Signore della sesta energia, della comunità e comunione, dei valori e degli ideali, vorrei aprire uno scambio di pensieri sulla Fede, valore da ‘restaurare’ nell’epoca nuova, partendo dalla mia personale esperienza:

Quando ero poco più di una bambina, la mia vita trascorreva come quella di tutti nella ciclicità dei sentimenti che si alternavano nelle varie vicissitudini. Tra le tante situazioni, colorate da un temperamento vivace e temerario, una costante era sempre presente: l’esigenza di cercare risposte ai “misteri della vita”.

Perché si vive, si muore, il perché della malattia, la sofferenza, e poi Dio, chi è  e cosa fa, davvero tutto dipende da lui, anche il permettere la morte dei bimbi piccoli, dei giusti, e le guerre, i crimini, le atrocità?.

Gli insegnanti di religione, le suore di catechismo, mi guardavano perdute, sommerse dalle mille domande senza risposte soddisfacenti. La famiglia, gli insegnanti non riuscivano a dissetare la mia sete di risposte, e delusa chiudevo le porte alla speranza.

San TommasoUna delle cose che però ho sempre tenuto nel cuore, quasi furtivamente, è stata una figura del vangelo, poco amata dai religiosi, citata come esempio da non seguire, e questa figura era l’apostolo Tommaso.

Tutti ricordiamo il detto scherzoso di Tommaso ficcanaso. Nonostante queste credenziali negative, questo personaggio mi affascinava, in lui sentivo di potermi identificare.

Ho sempre pensato, anche da adulta, di non aver mai avuto il “dono della fede”, e questa la consideravo una delle tante ingiustizie che la religione, cosi  come veniva presentata, propinava. Mi chiedevo infatti perché ad alcuni venisse elargito gratuitamente questo dono, senza sforzo, mentre ad altri, assetati di sapere e consapevolezza, toccasse la lunga, impervia, faticosa strada della ricerca.

Così è stato per me, che cercavo tra le tante chiese e religioni, tra oriente ed occidente, tra le fila delle scuole esoteriche.

In tutto questo darmi da fare però, la figura di Tommaso era sempre presente nella mia mente e nel mio cuore. Ho trovato utile sempre pensare a questo apostolo come a colui che mi ha portato  a “ritrovare il corpo della fede”. Questo per me ha significato che è anche attraverso i sensi che noi facciamo esperienza del mondo, vediamo i fiori e ne sentiamo il profumo, ascoltiamo il rumoreggiare del mare, viviamo l’intensità di un abbraccio, il gusto del cioccolato.

Tommaso in questo senso, sembra dare legittimità ad una fede che non è un ragionamento su Dio ma è una esperienza di Dio. Anche la prima lettura di Giovanni ci ricorda: “ciò che era fin dal principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della Vita poiché la Vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza, quello che abbiamo veduto e udito, noi ve lo comunichiamo, perché anche voi siate in comunione con noi”. Ecco perché credo che l’apostolo Tommaso ci possa invitare a realizzare una fede che passa dal corpo, come dal corpo passa l’amore nelle sue infinite manifestazioni.

Una fede che passa da un con-tatto, con Dio, può diventare una fede che passa dal corpo dell’umanità. Tanto più abbiamo diffidato del corpo, tanto più sono cresciuti nelle chiese e nelle società, i corpi delle dottrine, della morale, spesso funzionali ad un controllo voluto ed assoggettato ai poteri vigenti, corpi spesso scollegati dalla vera essenza dell’umanità, obesi di arroganza e anoressici di amore.

Sono consapevole che noi non siamo ciò che sappiamo, il sapere deve essere metabolizzato, coscientizzato, trasformato in vita reale.

Per questo l’apostolo Tommaso,  per ciò che rappresenta, ci può aiutare a ricucire i tanti strappi dentro di noi, a ricomporre molte fratture tra corpo ed anima. Ci può aiutare a ritrovare il piacere del credere, a realizzare una fede consapevole, conquistata, giorno dopo giorno, lungo le strade della nostra vita.

Ciò che ho realizzato sempre più, è il sapore di una “fede guadagnata”, raggiunta  e mai definita con la totalità del mio essere. I sensi, i sentimenti, il corpo, i pensieri, se asserviti ad una volontà superiore, possono essere davvero lo strumento dell’anima.

Il grande maestro soleva ripetere: “voi siete i miei piedi, voi siete le mie mani”.

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Una risposta a La Fede e la Ricerca

  1. Marinella dice:

    Quello della fede è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Desidero quindi condividere una descrizione semplice e puntuale che ne dà Enzio Savoini in un commento al § 46 del testo dell’Agni Yoga Infinito 1:
    “La fede è una qualità di primo Raggio ed è indispensabile in ogni esordio. Senza fede non è possibile dar inizio a un’impresa spirituale. Ad ogni passo il Pellegrino lascia qualcosa che conosce per avventurarsi nell’ignoto, e senza fede come potrebbe avanzare? Poiché ogni istante è sempre anche un esordio, essa è una potenza motrice indispensabile. La speranza non è sufficiente a imprimere la spinta necessaria, poiché rimane in attesa. E’ benefica ma non motoria. E’ per fede che il bimbo muove i primi passi, non per atto di speranza.
    Per avanzare nell’Infinito, ma soprattutto per lasciare il sé separato e accettare quell’oceano e le sue onde occorre fede. All’inizio, infatti, l’allievo non sa, non sente, non vede. Come potrebbe abbandonare la casa delle sue illusioni, il groviglio familiare dei suoi rapporti, la geografia ben nota dei suoi dintorni e tutti quei limiti che sembrano proteggerlo, anche se in realtà l’opprimono? Nulla e nessuno può fare per lui il grande passo che questi libri pazientemente descrivono.
    Dunque il primo requisito è la fede. Il Logos ebbe fede quando emise il primo Suono. Il Maestro ebbe fede quando scelse l’allievo. E’ solo per fede che quest’ultimo risponde al Suo appello”

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