Risonanza

rumore bianco

Lo spettro del rumore bianco

Vediamo ancora un metodo per orientare il rumore al suono: esso si basa sul filtraggio delle frequenze di un’onda di rumore per mezzo del modello matematico corrispondente alla sequenza delle armoniche superiori. Questa operazione, sebbene utilizzi strumenti informatici moderni, anzi sia possibile attuarla solo con essi, ha il sapore di una trasmutazione alchemica: dal piombo verso l’oro, e dimostra, da un altro punto di vista rispetto agli esempi precedenti, la connessione tra numero e suono. Vediamo come realizzare la nostra piccola alchimia sonora: il rumore bianco è composto di un insieme molto ampio di frequenze acustiche, anche se non possiamo affermare che le contenga tutte perché, come sappiamo, esse sono infinite; l’aggettivo “bianco” si riferisce all’analogia con il colore bianco (della luce) che è composto dalla miscela dei colori fondamentali o delle loro varie sfumature. Questo rumore è tipico dei disturbi elettromagnetici ed è particolarmente sgradevole.

filro frequenze

Il filtro delle frequenze

Utilizzando opportune applicazioni informatiche è possibile generarlo ed anche filtrarlo in conformità a specifici criteri riguardanti la frequenza. Nell’esempio che segue sono state amplificate proprio le lunghezze d’onda delle prime quattro armoniche di una fondamentale, scelta arbitrariamente, a 200 hertz. Il risultato avvertibile è quello del migrare del rumore verso il suono. Questo rumore armonico già risuona con un suono vero e proprio, nella fattispecie un G diesis.

Lo spettro del rumore armonico

Lo spettro del rumore armonico

In precedenza, per mezzo della sirena, abbiamo generato suoni privi di armoniche, ora otteniamo un rumore con armoniche; in entrambi i casi un semplice accordatore elettronico per strumenti a corda li riconosce come suoni sulla base del principio di risonanza.

Conosciamo il fenomeno acustico della risonanza, a cui abbiamo fatto più volte riferimento: grazie ad esso un oggetto vibrante è in grado di suscitare analoga vibrazione in altri, “accordati” sulla medesima lunghezza d’onda e disposti nel suo campo acustico. Tutte le perturbazioni ondulatorie, qualsiasi sia il mezzo materiale o immateriale in cui si sviluppano, possono indurre risonanza; dalle onde elastiche, dovute alle interazioni meccaniche tra gli oggetti fisici, a quelle elettromagnetiche, appartenenti al dominio in cui la natura ondulatoria coesiste con quella discreta (quantistica) e descrivibili come l’intersezione di campi elettrici e magnetici generati dai fotoni in moto nello spazio.

Della prima categoria si ricordano specialmente gli effetti disastrosi. Lo stesso Kaiser nel suo “Manuale di Armonica” cita l’esempio del ponte sospeso di Angers che nel 1850, il quale entrando in risonanza con il periodo di vibrazione indotto dalla marcia di un battaglione di fanteria, ebbe un cedimento strutturale e crollò. Altri esempi del genere non mancano anche in epoche più recenti, per manufatti realizzati con materiali e tecniche costruttive, si suppone, migliori: il Millennium Bridge, un ponte pedonale sospeso tra le due sponde del Tamigi a Londra, eretto, pochi anni or sono, in occasione dell’avvento del terzo millennio, ebbe un problema analogo e fu chiuso per modifiche strutturali pochi giorni dopo l’inaugurazione. Si direbbe che il potente fenomeno della “simpatia vibratoria”, allorché si applica alla sfera degli oggetti macroscopici, solo in apparenza solidi ed immoti, comporta alcuni rischi che si propagano anche sulle armoniche della vibrazione fondamentale, rendendo così ancor più complessa la progettazione e la costruzione di molti manufatti architettonici che possono divenire impropriamente corde vibranti nello spazio.

A proposito della seconda categoria di vibrazioni, ricordiamo che tutte le forme di comunicazione mediate dalle onde radio (facenti parte della spettro elettromagnetico) si basano sulla risonanza tra apparati tramite antenne emittenti e riceventi: per risonanza ci giungono immagini e voci da luoghi remoti oltre l’orizzonte; sempre per risonanza abbiamo osservato il pianeta Terra, nella sua unità, dalla superficie della Luna, o ascoltiamo la voce dell’Universo che emette, oltre che sulle frequenze della luce visibile, anche su quelle delle onde radio, rivelandoci altri aspetti della sua struttura unitaria, pur sconfinata. Guglielmo Marconi iniziò l’epopea fondata sulla simpatia vibratoria nell’elettromagnetismo, e la perseguì con caparbietà, anche in oltraggio alle tesi scientifiche del tempo, come se il suo pensiero fosse entrato in risonanza, esso stesso, ineluttabilmente, con un insieme di idee astratte in attesa di precipitare nel mondo.

Ma la sfera sonora è paradigmatica del “risuonare”: in essa questo processo si svolge in semplicità, bellezza e chiarezza, così da indurci ad usare i termini linguistici suoi propri là dove, in un ipotetico percorso dal materiale all’immateriale, il suono vero e proprio non esiste ancora, come nel caso delle onde meccaniche, o non esiste più, come in quello delle onde elettromagnetiche. Quindi tutta la manifestazione suona, o meglio canta, ciascun livello a suo modo, pur nel rispetto dei decreti naturali che, per antonomasia, definiamo leggi del suono: una trama di toni, ciascuno con le sue armoniche e ciascuna di queste con le sue, senza fine, per punti di coscienza risonanti, consonanti ed anche dissonanti (peraltro ammessi da tale legge, come si è visto a proposito del settimo intervallo).

Questo canto è la realtà, e, per logica, dobbiamo comprendervi quantomeno i sentimenti ed i pensieri che vi albergano. Qual è la portante fondamentale di tale varietà canora? Forse, con questa domanda, sembra che ci spingiamo troppo oltre, eppure non siamo soli perché le tradizioni religiose sono ricche di riferimenti alla legge della vibrazione; ricordiamo ad esempio la lira di Orfeo ed il prologo al vangelo di Giovanni, anche, e soprattutto, un approccio “sperimentale”, quale sintetica preghiera giunta a noi dai monasteri d’Oriente: il canto della parola sacra AUM, per la cui intonazione vale forse, unicamente, la disposizione interiore risonante con una pur remota “armonica del Verbo” che fa scaturire, istante per istante, la manifestazione, dando così segno di riconoscerla e di volerla sostenere, per risonanza.

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