Nuova Era, Nuova Comunità

Sesta e ultima tappa del percorso iniziato a maggio con “la Conquista della Comunità”.

Con questa riflessione completiamo lo sguardo al cerchio zodiacale nell’ottica delle direzioni energetiche, create dai Segni opposti.

1 AriesOggi la Terra, vista dal Sole, è immersa nell’energia di Aries, il Segno degli inizi. Il Sole invece, visto dalla Terra, si avvolge delle qualità di Libra, il grande equilibratore, il Segno in cui si compiono le scelte che stabiliscono i nuovi orientamenti. Questi due Poli vibranti segnano ogni ciclo, ogni rinnovamento: il cambiamento, l’inizio di una nuova fase, si avvia con un atto discriminante, la scelta di  uno scopo preciso e riconfermato. Aries/Libra sono i poli che insegnano l’arte di iniziare consapevolmente.

Di certo siamo consapevoli che l’attuale comunitá umana segna il passo: la sua organizzazione, i suoi valori non corrispondono più ai bisogni e ai desideri; anzi, sono disfunzionali e creano scontento, disperazione e follia, oggi più che mai. Tutto anela fortemente a una nuova era, un nuovo assetto, un rinnovamento completo.

Quando ogni cosa decade e si distrugge, è l’ora del nuovo che viene. I suoi tempi sono imperscrutabili, ma certi. La natura ci insegna che il seme muore per far nascere la nuova pianta e nel farlo degenera, imputridisce e si disfa. Nel vivere questa fase occorre piantare i nuovi semi, preludere la primavera che certamente arriverà. Il tempo degli inizi è il tempo dell’impianto in cui i nuovi valori seminati potranno germogliare e generare, poiché è dalle Idee che nascono le cause e infine gli assetti.

Scegliere i valori della nuova Comunità, orientarsi verso di essi,  dà inizio alla nuova società. Iniziamo a considerare il valore supremo: la Libertà. In suo nome si è lottato, sperato, donato vita ed energie in tutte le epoche. La nuova Comunità umana dovrà innanzi tutto crescere nell’esercizio della Libertà.

Le parole archetipiche come “Libertà” sono spesso le più comuni e le più difficili – difficile scovarne gli etimi più profondi, trarne i significati più puri e completi.
La libertà, forse, si avvicina etimologicamente al piacere: libare, libidine; e anche alla fratellanza, alla famiglia: in latino i “liberi” sono i figli, e ancora oggi le liberalità sono i doni incondizionati. Anche in altre lingue è forse così: pensiamo al “freedom” inglese, così affine al “friend”, all’amico, e al “Freiheit” tedesco, così affine alla “Friede”, alla pace.

Quel che risulta trasparente, circa questo stato, è che la libertà è ben lontana dal pirata, dall’artista viaggiatore: non è un’erranza capricciosa e irresponsabile. La libertà sta in una trama complessa che involve interiorità e realtà esterna (ci son più vincoli in ognuno di noi che in cento dittature), pensiero, istruzione, espressione; l’ampiezza delle proprie possibilità e la stabilità della propria posizione;  un’asserzione, insomma, fluida, ma sempre rivolta al bene, al valore: niente ci fa sentire il cuore libero quanto la danza di una ballerina di talento e i suoi movimenti liberi non sono arbitrari o casuali ma al contrario equilibrati, studiati e limatissimi.

Questo è ciò che ci racconta la Liberazione, il 25 aprile, che la libertà sono delle redini da tenere salde e da riprendersi, se ci scappano di mano o se “i cattivi” (1) ce le tolgono; che la libertà sono elementi forti e precisi che non tollerano deroghe, non lassismi indifferenti, e che la libertà è uno stato di sforzo – come la vita – uno sforzo titanico che tutti siamo chiamati ad esercitare per piacere nostro, per amore di chi ci è vicino, ma soprattutto perché è giusto e buono.

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“1. La Libertà è il bene comune e supremo. E’ la volontà. 

2. Bisogna educare alla libertà, a capirla, amarla, diffonderla.

3. La Libertà è virtù creativa. Chi crea governa.

4. Governare è un’Arte e va considerato come tale.

5. Tutte le attività umane hanno diritto di essere liberate, libere e liberatrici.

6. La libertà elargita dal governare è comune a tutti gli uomini. Perciò il buon governo è una forza di comunione.

7. La libertà dev’essere governata, e il governo deve liberare. Ecco la Regola.”

(E.S. scritti inediti)

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(1) cat-tì-vo
dal latino: [captivus] prigioniero, originariamente prigioniero di guerra che vive in stato di schiavitù (cattività). L’origine di questa parola così comune potrebbe portarci a fare una riflessione e ad usarla con maggior coscienza: il cattivo non è cattivo perché è cattivo. Forse il cattivo è cattivo perché è prigioniero (di se stesso?), e ogni prigioniero sta male, e s’incattivisce sempre più.
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