La pulsazione a spirale del Sistema solare

Queste pagine TPS sono dominate dall’Idea che lo Spazio è vivente, infinito e reale.

“Il fatto di accettarlo e considerarlo come tale comporta come inevitabile conseguenza l’abbandono dello pseudo-concetto di quantità. Non è possibile aggiungere o sottrarre elementi all’Infinito. Le operazioni della sua matematica usano i numeri come esponenti e creatori di qualità, semplici o molto complesse: e ciò ne rivela la natura trascendente.”1

Peraltro, questa concezione (già pitagorica) della Vita, delle sue potenze ed elementi, non presenta il mondo materiale quale fonte di inganno ed illusione, bensì come la base o mess’in scena della sua Opera, allestita e rappresentata dai suoi Attori: è solo la mente dell’uomo che, quale spettatrice impreparata, non sa coglierne i simboli e i significati velati dai costumi e dalla trama pulsante, e così non partecipa, in una lunga fase iniziale, alla realtà profonda ed incanto poetico dei suoi Atti.

Con tali premesse, fidando nel volo e sguardo profondo del pensiero qualitativo o analogico, presentiamo qualche scena dell’Opera della nostra Città celeste, la Divina Commedia del Sistema solare. In particolare, si alza il sipario sulla Danza esatta della sua pulsazione:

“L’insieme vitale del Sistema solare ha una sua pulsazione varia e complessa, ma armoniosa e regolare. Tramite le onde che solleva nello Spazio il suo messaggio percorre l’Infinito e contribuisce all’Opera comune universale. Danza, lavora e canta. Si esprime, impara e insegna, lavora ed evolve, vuole e ama. Obbedisce alle Leggi generali e ne forgia altre sue, minori, secondo il suo speciale ordinamento.”

“La questione è complessa, perché tutti i Luminari sono in rapporto reciproco e l’oscillazione totale delle loro energie congiunte ne riflette appieno il linguaggio, che oggi è ancora impossibile decifrare. Si può pensare però che quei suoni inaudibili siano l’equivalente di lettere, sillabe, parole e frasi; oppure note di una composizione melodica. All’uomo odierno è possibile solo compitare, a fatica, alcuni dei suoi ritmi costituenti.

“Subito emerge una difficoltà che per molte menti razionali sarà insuperabile.

Nessuno dei cicli dei Luminari, che sono computati in anni terrestri, ha valore costante, poiché la loro velocità angolare è mutevole (ma secondo una legge nota); inoltre nessuno dei rapporti tra Essi è esatto in senso numerico quantitativo. E non si vuol tenere conto d’altre incertezze, come la durata variabile dell’anno terrestre, che pure è l’unità di misura prescelta.

La difficoltà è notevole, ed è di natura intellettuale. Per superarla bisogna ricorrere alle risorse del cuore.

La precisione appartiene solo allo spirituale, ossia al mondo senza forma, dove l’esattezza è legge di natura. Quest’assunto capovolge l’opinione comune, che relega nel vago, e dunque nell’impreciso, tutto ciò che non è rivelato dai sensi. Il mondo della scienza vanta le sue misure, ma esse sono solo valori approssimati che rivestono parvenza di precisione solo agli effetti ‘pratici’.

Nel caso dei moti planetari le difficoltà di misura hanno due componenti: la continua variazione della velocità angolare e l’intervento segreto della legge della spirale, che non consente mai ai pianeti di tornare due volte nella stessa posizione. (Altre difficoltà tra le quali si dibatte l’astrofisica, dovute agli errori e alle imperfezioni strumentali, non sono qui prese in conto per la loro natura esteriore e artificiale.)

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Poiché nel suo moto descrive un’ellisse, ciascun Luminare passa da una velocità minima (quando è alla sua massima distanza dal centro) a una massima (quando è alla minima distanza). Ciò si ripete due volte per ogni rivoluzione. Quella ora descritta è qualità caratteristica di ogni moto pendolare od oscillatorio o pulsante.

La proposizione precedente è però viziata dal concetto di distanza, nascosto nel termine velocità; si tratta di un elemento separativo, assurdo nell’Infinito e pertanto in questa memoria considerato come illusorio, e incapace di qualsiasi effetto reale. Per eliminarlo bisogna ribaltare i valori in gioco e affermare che

il moto pendolare, oscillatorio o pulsante è effetto diretto dell’impulso vitale. Dove esiste vita esiste un aspetto di palpitazione.

Pertanto questa non è una legge meccanica; gli scienziati in genere e i fisici in particolare ne conoscono e considerano solo l’estrema degradazione, automatica, non principiale. Ne segue che i moti di rivoluzione planetari sono causati e sorretti dalla vita propria e inerente dei Luminari, che li guida sulle loro Orbite pulsanti secondo le varie nature.

E’ vero che gli stessi risultati fisici si ottengono anche con semplici impulsi meccanici, come dimostrato recentemente dai satelliti artificiali (che non sono certo entità viventi autonome), ma si tratta del sovrapporsi di cause diverse i cui effetti coincidono solo a livello fisico. Se, infatti, la vita si astraesse da un Luminare (il che è possibile) il suo corpo fisico seguirebbe la legge generale e vitale in senso puramente esteriore e meccanico, ma putrefacendosi. I Luminari sono entità viventi autonome, e vanno considerati come tali: non sono schiavi di una dinamica bruta e meccanica. Essi obbediscono con intelligenza e in libertà all’ordine impresso dalla Vita, che pulsa, dispone e commensura.

Da questo teorema si desume che un moto di rivoluzione che fosse perfettamente circolare attorno a un centro, e pertanto uniforme e costante, segnalerebbe la morte di quel pianeta, ormai privo di pulsazione.

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L’intervento della legge della spirale è segreto, ma chiaro negli effetti. E’ una legge cosmica che da un lato rivela l’azione della Vita, dall’altro guida tutte le evoluzioni nella forma. Essa vieta sia all’individuo sia al gruppo di tornare in stati già sperimentati; agli elettroni come alle galassie. Non c’è ritorno. La Vita è nomade. Perciò i cicli non si chiudono, non si ripiegano su se stessi, e così aperti e respiranti confluiscono in cicli maggiori, tutti retti dalla medesima Legge.

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Non si tratta dunque di vere difficoltà di misura, ma di leggi vitali che per la loro azione inevitabile e combinata non lasciano adito a quelle “misure chiuse” che la ragione umana vorrebbe come prova d’esattezza. Come tutto ciò che vive e respira, i cicli cosmici sono aperti e misurabili, ma solo in modo trascendente. Non si possono compiutamente misurare con i soliti metodi e mezzi, fisici o matematici.

Pertanto i numeri armonici riferiti in questa memoria ai cicli planetari non sono tanto da intendersi come approssimazioni (e dunque compromessi), quanto come indicatori di un rapporto reale e vivente, e utili per comprenderne la qualità benché incapaci di misurarne le quantità esatte.”


Tutte le parti tra virgolette sono liberamente estrapolate dal testo inedito di E.S.: “Il Sistema solare nello Spazio”, 1993.
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