Che significa la parola “gerarchia”?

Vi sono parole dal suono evocativo e potente, che sono talora fraintese: una di queste è “gerarchia“.

Con questo nome si indica un ordinamento di graduazione dei componenti, implicante un reciproco rapporto di supremazia e subordinazione. Il concetto viene utilizzato anche in linguistica, nei modelli descrittivi del linguaggio, e in molteplici ambiti, in cui non si riscontra alcun velo di pregiudizio: esso offre strumenti di analisi, classificazione e semplificazione.

Altre volte invece al termine viene attribuita una connotazione negativa, ad indicare una concezione autoritaria, e allora, come dei restauratori che rimuovono le incrostazioni da una tela per restituirle la primitiva bellezza, riscopriamo il fulgore originario di questa parola. Dobbiamo armarci di un po’ di pazienza.

In tempi abbastanza recenti, le motivazioni storiche del fraintendimento hanno giocato un ruolo determinante in Italia, poiché durante il Fascismo il termine fu usato prevalentemente per indicare la struttura del Partito: “gerarca” era detto il dirigente; “Gerarchia” era il titolo della rivista mensile fondata nel gennaio del 1922,  una delle voci più importanti del regime.

Approfondendo la ricerca storica, che qui si sintetizza al massimo, si scopre che la parola, non testimoniata nel Greco classico, è documentata nei testi di Dionigi Aeropagita (VI sec. d.C.), che le dedicò ben due trattati: (Della) Gerarchia celeste e (Della) Gerarchia ecclesiastica, definendo così la prima: … è un ordine sacro, una scienza e un’attività che tende ad identificarsi al Divino e che si eleva all’imitazione di Esso, in proporzione alle sue forze e in conformità alle illuminazioni concesse da Dio… Si disegna qui una visione dell’Essere, in cui realtà e conoscenza discendono dal Principio sommo della creazione, tramite Intelligenze angeliche, fino ai livelli  più concreti del mondo fisico. È la visione di Dante.

Si scopre pure che nel corso dei secoli l’accezione della parola diventò più greve, pagando il prezzo della sua estensione all’ambito sociale, e finendo così per indicare, spesso, rapporti basati sul potere autoritario.

Andiamo dunque all’etimo, all’essenza della parola, che deriva dal greco tardo ierarchìa ed è composta dall’unione di due elementi: 1. ieròs, sacro; 2. archìa, guida, governo

  1. ieròs deriva da iseròs, dalla radice indoeuropea *IṢ- che esprime l’idea della ricerca del rapporto con il divino; in particolare la consonante S di *IṢ- esprimerebbe per F. Rendich,  Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, Roma 2010, Palombi Editore, p. LV, l’idea di “legame”;
  2. archìa deriva dal verbo greco archein, “governare” nel modo transitivo e “cominciare” nel modo intransitivo, dalla radice indoeuropea *ARH- che esprime l’idea di essere il primo per valore, meritare: arhat in Sanscrito è “colui che è degno”, venerabile e perfetto;  tale radice nasce da una composizione della fondamentale radice *AR-, che indica il moto per unire.

La parola ger-archia esprime quindi  l’idea di “guida al rapporto con il divino”, con un intimo accento al concetto di unione, in entrambi i termini che la compongono.

Pertanto è gerarchica la visione che riconosce gli elementi che la compongono in un ordine scalare, in cui il livello più alto è causale rispetto a quello conseguente, mantenendo saldi l’unione di tutti e il valore intrinseco di ognuno.

È gerarchico l’impulso che ci ispira a guardare verso l’Alto, ci sollecita ad identificarci con il Maestro nel cuore, ci spinge a sentirci componenti fraterni di un’Umanità che è ponte tra Cielo e Terra.

È una visione luminosa e amorevole, che ci dà coraggio, poiché il legame tra sfere visibili e invisibili ci connette all’Infinito.

immagine gerarchia

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2 risposte a Che significa la parola “gerarchia”?

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